Nel prossimo appuntamento dei Giovedì culturali torneremo ad occuparci di tematiche economiche, riflettendo sulla crisi globale che dura ormai da alcuni anni e dalla quale non si vede una sicura via di uscita. Il nostro Paese, in particolare, ha peculiarità negative che complicano ulteriormente il quadro. Ma è possibile arrestare il declino? Attraverso quali misure?

L’incontro con un esperto particolarmente noto e qualificato come il professor Tito Boeri ci aiuterà a comprendere le dinamiche attuali e future dell’economia globale e a far luce sulla situazione dell’Italia. Un ampio spazio sarà poi dedicato al quadro economico locale (il territorio provinciale alessandrino), grazie all’intervento del dottor Subbrero. Vi invitiamo dunque

Giovedì 21 NOVEMBRE 2013

ORE 19.00 – 22.30 

(con pausa buffet alle ore 20.30)

alla conferenza dal titolo

Quando finirà?

Una riflessione sulla crisi economica in atto

Nostri ospiti, come detto, saranno

TITO BOERI

Professore ordinario di Economia presso l’Università Bocconi di Milano,

direttore scientifico della Fondazione Rodolfo Debenedetti e del Festival dell’Economia di Trento, tra i fondatori del sito di informazione economica www.lavoce.info,

autore di diversi saggi su riviste scientifiche internazionali, editorialista di Repubblica

GIANCARLO SUBBRERO

Funzionario presso la Provincia di Alessandria

responsabile del Cedres, Servizio Studi Statistici, Demografici, Economici e Sociali

 

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Sintesi 

Quando finirà la crisi economica? Con questa domanda si è aperto l’incontro con il professor Tito Boeri. La risposta, puntualizza subito l’economista, è che sicuramente questa involuzione economica sta durando più del previsto e non accenna a placarsi. Le stime e le proiezioni fatte dagli esperti negli ultimi anni sono state disattese e solo nel lungo periodo potremo riuscire a tornare ai livelli di reddito cui eravamo abituati fino a qualche anno fa. È possibile che nel 2014 vi sia una leggera ripresa, ma si parla comunque di numeri molto piccoli, soprattutto a fronte di una politica economica italiana che in qualche modo deve cambiare passo per andare in aiuto al Paese. Se da un lato è l’Unione Europea a porre vincoli stringenti, è anche vero che la nostra politica potrebbe fare molto più di quanto si pensa.

L’Italia è cresciuta molto meno di altre nazioni e si è comportata peggio di altri nel contesto della crisi, allungando rispetto ad essi la distanza. Ci ha salvato il settore dell’export, che ha tenuto forte evitandoci un tracollo simile a quello di altri stati sudeuropei. Le imprese che hanno una vocazione all’esportazione sono sopravvissute meglio rispetto a quelle che si appoggiavano sul mercato interno, sfruttando gli stimoli provenienti dall’estero.

È vero che la crisi attuale è molto più pesante di qualsiasi tracollo economico precedente. A cinque anni dalla grande crisi del 1929, l’Italia si era già ripresa; oggi, invece, non ci stiamo minimamente riavvicinando ai livelli pre-crisi. Molto di questo disagio è dovuto all’agonia del mercato del lavoro. La somma complessiva del disagio occupazionale, spiega il professore, è pari a 9 milioni di persone (fra disoccupati, cassa integrati, ecc…): una cifra drammatica e mai raggiunta precedentemente.  Anche i consumi ovviamente sono precipitati, in parte a causa di un diffuso sentimento di sfiducia nella popolazione, che è stato studiato essere un fattore importante nelle dinamiche economiche. Insomma, ci vorranno decenni per tornare alla normalità.

È ovvio, continua Boeri, che la crisi economica è diretta emanazione anche di una crisi politica. L’instabilità istituzionale non aiuta, soprattutto perché ciò che rende un governo veramente utile è la sua capacità decisionale (proprietà sconosciuta alle ultime legislature). La tendenza a colpevolizzare la Germania e l’Europa è dunque una forma di deresponsabilizzazione della nostra classe politica, quando in realtà vi sarebbero dei margini di operatività. Purtroppo le crisi politiche hanno degli ingenti costi economici, le due sfere sono fortemente correlate, come dimostrato negli studi dello statunitense Nicholas Bloom. Tanti Paesi europei hanno sofferto la crisi, ma di sicuro la mancanza di coraggio della politica economica italiana ci ha frenato e ci impedisce ora di risollevarci. Anche la lotta fra le posizioni dei diversi schieramenti politici non aiuta: il PD vuole detassare il lavoro, il PDL la casa e il risultato è quello di diffondere una serie di segnali contraddittori che rendono diffidente la gente. Le ultime elezioni ci hanno infatti dimostrato che qualcosa è cambiato nel’elettorato italiano: da un lato si è assisitito alla deterritorializzazione dei partiti, dall’altro al protagonismo dei giovani. Quest’ultimo è un dato significativo e importante e rappresenta la nascita di una nuova coscienza in quella parte della popolazione che è la diretta interessata delle riforme politiche.

Gli elettori sono Italia molto più avanti dei loro eletti. Secondo Boeri è dall’agevolazione del lavoro che si potrà ripartire, aumentando le buste paga e sgravando i datori di lavoro. Le tasse sulla casa dovrebbero essere sicuramente più eque, ma non rappresentano il nodo fondamentale. Più risorse alle fasce più basse darebbero nuovo impulso anche alla domanda interna, dal momento che sono proprio queste che consumano di più. Infine le banche devono tornare a fare il loro lavoro, uscendo dal capitale delle imprese e aprendosi al capitale estero.

L’incertezza governativa, ha detto invece Giancarlo Subrero, fa male anche all’economia locale. È il caso della provincia di Alessandria, che all’inizio del secolo scorso sembrava avere un promettente futuro legato alla sua strategica posizione geografica (sbocco naturale dei porti liguri verso la pianura). Oggi essa vive una situazione di stasi, che parte da una debolezza demografica (una prevalenza di popolazione anziana, che ha ricadute sulle strutture sociali e sui servizi assistenziali). La campagna continua ad essere abbandonata e i prodotti agricoli, pur di pregio, che abbiamo in provincia non hanno visibilità.

Per quanto riguarda il settore industriale a fronte di un lento declino che dura da decenni e ad una recente erosione della base occupazionale (si pensi ad esempio al settore orafo valenzano che ha perso 2.500 posti in sei anni) si possono osservare oscillazioni meno marcate rispetto al resto del Piemonte, elemento di forza probabilmente legato alla vocazione all’export delle ditte del territorio.

Nell’ambito del terziario la proliferazione della grande distribuzione ha portato ad una desertificazione commerciale, ma un settore in crescita invece è quello del turismo (con un incremento di ospiti stranieri).

La presenza di ben 190 comuni sul nostro territorio causa una frammentazione politica e urbanistica, con una scarsa capacità di trovare linee di sviluppo e di regolazione condivise.

A cura di G. Guglielmi