Il professor Gritti ha iniziato la sua relazione enunciando i tre punti che avrebbe trattato durante la serata – secolarizzazione e religiosità; religioni e religiosità; fondamentalismo religioso -, con una precisazione di carattere metodologico: il tema delle religioni viene affrontato in questo contesto da una prospettiva prettamente sociologica.

 

Secolarizzazione e religiosità

Secolarizzazione e laicità sono due termini usati spesso come sinonimi. In realtà, malgrado molte affinità concettuali, i due processi operano su piani e tempi differenti. Il termine secolarizzazione (che deriva dal latino saeculum e significa tanto ?epoca? quanto ?mondo?) è stato introdotto da Max Weber all’inizio del xx secolo a indicare nel mondo cristiano tutto ciò che sfuggiva al controllo della Chiesa. Il processo di secolarizzazione è intimamente connesso alla nascita e allo sviluppo della modernità; con il progredire del mondo moderno si sarebbe dovuto assistere, secondo alcuni, a un allontanamento del sacro dalla sfera sociale, che avrebbe condotto dapprima a un declino e poi alla ?morte della religione? e di Dio. Il fenomeno non si è verificato, e la pratica religiosa non solo è sopravvissuta, ma si è intensificata. Nelle società più moderne, vedi gli Stati Uniti, il ?ritorno del sacro? è evidente e le questioni esistenziali della modernità sembrano trovare una risposta soddisfacente solo attraverso il riemergere dell’elemento religioso. La secolarizzazione ha quindi in qualche misura cambiato paradigma e si è arrivati a una sua ridefinizione e riformulazione: da un lato, un’ipotesi interpretativa sottolinea come il declino della dimensione istituzionale della religione non comporti un ridimensionamento dei valori spirituali, che possono trovare spazio nella sfera individuale (privatizzazione della sfera religiosa); d’altro canto, il pluralizzarsi del panorama delle religioni induce a ripensare alla secolarizzazione come a un fenomeno non necessariamente focalizzato sulle società cristiane (riconoscimento del pluralismo religioso). Ci troviamo dunque in una fase che potremmo definire post-secolare, in cui la secolarizzazione deve fare i conti con la religione. La religione si è riappropriata di uno spazio pubblico e il linguaggio religioso è fortemente ritornato all’intero del dibattito politico.

Il concetto di laicità (dal greco laikos e dal latino laicus, ovvero ?ciò che riguarda il popolo?) si è andato costituendo lentamente nel tempo e datare l’origine di tale principio non è semplice; alcuni rintracciano la nascita della laicità nella polis greca, altri nel cristianesimo primitivo, altri ancora nell’umanesimo rinascimentale o nella Riforma protestante. Secondo il relatore il concetto di laicità si consolida attraverso le tre grandi rivoluzioni (inglese, americana e francese) quando lo Stato confessionale tipico dell’ancien régime, fondato sull’unità di fede e politica, entra in crisi. Il termine laicità, una sorta di trasposizione istituzionale della secolarizzazione, si afferma all’interno della tradizione francese post-rivoluzionaria per indicare una dottrina di rigida separazione tra Stato e Chiesa, con una forte connotazione anti-cattolica.

In origine la laicità era strettamente connessa al pluralismo, alla libertà di espressione, alla tolleranza, in una parola alla democrazia. Nel corso del xx secolo, tuttavia, la laicità si è affermata secondo criteri differenti; da un lato realizzando pienamente il suo legame con la democrazia, dall’altro, invece, in forme totalitarie, escludenti il principio democratico.

Nella tabella seguente sono riportati quattro tipi fondamentali di laicità, ottenuti incrociando due variabili, ovvero l’intensità della laicità (moderata o radicale) e il contesto istituzionale (democratico o autoritario).

 

 

















 

Regime democratico

Regimi di transizione

Regime autoritario

Laicità radicale

Laicità radicale e democratica

(Francia, Messico)

Turchia

(dal 1946)

Laicità radicale e autoritaria (Turchia di Ataturk, ex Paesi comunisti, Cuba, Cina)

Laicità moderata

Laicità moderata e democratica

(Germania, usa, Paesi europei, India)

Indonesia

Laicità moderata e autoritaria (alcuni Paesi dell’ex urss)

 

 

Il modello francese, di laicità radicale democratica, è un modello rigido, forte, basato su una netta separazione tra Stato e Chiesa, su un atteggiamento di neutralità se non di disinteresse da parte dello Stato nei confronti dell’autorità religiosa e su una rinuncia da parte delle Chiese (soprattutto quella cattolica) a esercitare una forma di potere politico.

La maggior parte dei Paesi avanzati e delle democrazie del Sud del mondo rientra nella categoria più numerosa, quella della laicità moderata e democratica, caratterizzata da una certa flessibilità e da un atteggiamento collaborativo tra potere politico e istituzioni religiose.

Il modello originale di laicità radicale-autoritaria può farsi risalire a Napoleone e al concordato del 1801, un’imposizione da parte dello Stato sulla Chiesa. Nel xx secolo tale modello di laicità si è imposto all’interno dei regimi totalitari (nazismo, comunismo e, in qualche misura anche il fascismo), i quali si sono mostrati assolutamente intolleranti nei confronti della religione, vietando ogni libertà religiosa e perseguitando spesso clero e credenti.

Il modello di laicità moderata e autoritaria, infine, si ritrova oggi in molte parti del Sud del mondo e in alcuni Paesi ex comunisti, in cui il passaggio democratico è più formale che reale e si mantengono assetti di potere sostanzialmente autoritari. Molti Paesi del Sud del mondo sono in una fase critica di transizione democratica, soprattutto i Paesi musulmani; nella tabella si citano a titolo esemplificativo Turchia e Indonesia, che negli ultimi anni hanno intrapreso un lento e difficile percorso di avvicinamento alla democrazia.

L’Italia è definita da Gritti uno Stato catto-laico, nel quale è evidente un compromesso tra i principi della laicità e la Chiesa cattolica, che da sempre gode di una posizione centrale e privilegiata nella vita politica e sociale italiana. Si tratta di un modello liberale, in quanto garantisce una libertà religiosa effettiva a tutti, ma non egualitario perché, in pratica, lo Stato privilegia decisamente la religione cattolica. L’Italia, insieme a Belgio, Spagna e Portogallo, è poi uno Stato concordatario, nel senso che i rapporti tra Stato e Chiese sono regolamentati da accordi particolari. Nel 1984 e nel 1990 lo Stato italiano e la Chiesa cattolica hanno siglato un nuovo Concordato che, di fatto, ha sostituito i vecchi Patti Lateranensi. Per quanto riguarda le religioni minoritarie, lo Stato italiano ha finora firmato sei intese (con valdesi e metodisti, avventisti, assemblee di Dio, comunità ebraiche, battisti, luterani). Tali intese consentono ai diversi gruppi religiosi di ottenere una serie di vantaggi, soprattutto la partecipazione alla suddivisione della tassa dell’8 per mille destinata al finanziamento dell’attività religiosa. A tal proposito, il relatore ha ricordato come alla Chiesa cattolica, tra tutte le istituzioni religiose, vada la maggior parte di tale gettito (circa il 34,57% nel 2004, che diventa tuttavia l’87,25% se si sommano anche le ripartizioni delle quote dei cittadini che non si esprimono, ovvero il 60,38%) e come una percentuale consistente dell’8 per mille destinato allo Stato sia in realtà da questo utilizzato per la conservazione di beni culturali legati al culto cattolico (45%).

Al momento rimane ancora irrisolta la questione dello scandalo delle due intese mancate con i buddisti e i testimoni di Geova, firmate nel 2000, ma mai attuate a causa dell’opposizione delle forze di governo e delle forti resistenze della Chiesa cattolica. Sono poi per ora del tutto esclusi da qualunque tipo di accordo islam, induismo, sikh e comunità ortodossa. Di fatto le intese sopra citate sono firmate dallo Stato italiano e da Associazioni private di cittadini italiani che professano una data religione. Un grosso impedimento, nel caso soprattutto dall’islam, deriva dal fatto che la maggioranza di chi professa questa religione è straniero e per di più non esiste un’unica Associazione rappresentativa dell’islam in grado di porsi come interlocutore privilegiato. Sarebbe sicuramente importante arrivare a destinare anche all’islam una parte dell’8 per mille, in quanto si eviterebbero finanziamenti dall’estero di dubbia provenienza e si agirebbe con maggiore trasparenza.

 

Religioni e religiosità

Stiamo dunque assistendo a un ritorno del sacro nelle nostre società? Dai dati che emergono in seguito a indagini condotte in tutto il mondo relativamente alla partecipazione religiosa, ai valori e alle credenze, il revival religioso sembrerebbe molto contenuto e gli indici di religiosità sono stabili in tutto l’occidente da almeno una decina di anni. Tuttavia, anche nel mondo moderno la religione, in quanto ideologia tesa a fornire un quadro di riferimento per interpretare il mondo, continua a offrire alle persone un senso di ordine e di sicurezza, tanto maggiore in periodi di crisi o di trasformazione.

 Negli Stati Uniti, in particolare, è evidente un aumento cospicuo delle componenti più integraliste. Questo può essere in parte spiegato dal fatto che, in un paese in cui non esiste un sistema di welfare, le varie Chiese forniscono ai propri adepti un’ampia gamma di servizi sociali, che vanno, oltre ovviamente all’educazione religiosa, dal sostegno psicologico, a iniziative culturali, all’erogazione di servizi quali mense gratuite, asili nidi ecc. Inoltre, l’importanza dei valori religiosi è evidente nella sfera pubblica americana, tanto che, a partire dagli anni Settanta, la Destra cristiana americana appoggia regolarmente i candidati che dichiarano di attuare politiche in favore della religione e della vita. L’Europa rappresenta un’eccezione in tal senso, visto l’impatto forte della laicità, e le uniche eccezioni possono essere considerate la Polonia e l’Irlanda. Ma come spiegare altrove, e in particolare negli usa, questo vero e proprio ritorno religioso? Una prima ipotesi interpretativa sostiene che la religione ha ritrovato vitalità perché esiste in qualche misura un ?mercato? maggiore, una sorta di derugulation delle religioni. Una seconda tesi sostiene che il ruolo crescente della religione nella società sia da imputarsi alla presenza di immigrati, ossia di ceti socialmente più bassi. Infine una terza interpretazione tende a legare il ritorno del religioso alla crisi delle ideologie secolari, tanto più evidente e drammatica in periodi di insicurezza e disordine (vedi ad esempio l’11 settembre 2001).

 

Fondamentalismo religioso

Il termine fondamentalismo è oggi molto in auge nel dibattito pubblico, con il rischio di diventare troppo vago e troppo ampio. Si avverte dunque la necessità di fare un po’ di chiarezza e di cercare di distinguere tra forme diverse di fondamentalismo.

 Premesso che il fondamentalismo è presente in tutti i sistemi religiosi, da un lato possiamo identificare, secondo Gritti, un fondamentalismo religioso ?buono?, caratterizzato dal desiderio di tornare ai fondamenti della religione, a quei principi e insegnamenti primitivi che la modernità sembra aver corrotto. Si tratta di un fondamentalismo mite e quietista dal punto di vista politico, che aspira a vivere la religione in maniera più autentica e genuina. Esiste invece una seconda forma di fondamentalismo religioso, di natura politica, che ritiene necessario, sulla base dei fondamenti del primo, rifondare la società e lo stato su precetti religiosi, imponendo, anche attraverso un uso massiccio della violenza, la propria visione. A questa seconda corrente appartengono le frange terroristiche politicizzate e attiviste che strumentalizzano la religione a fini politici. Un fondamentalismo di questo genere, radicato in tutte le visioni del mondo, comprese le religioni, va necessariamente isolato e combattuto.

 

 

Dibattito

 

Si chiede qualche precisazione ulteriore relativamente alla distinzione tra fondamentalismo quietista e fondamentalismo militante.

Ovviamente si tratta di una categorizzazione concettuale, utile per evidenziare delle differenze, anche se è innegabile che nella realtà esiste una connessione molto forte tra i due fenomeni. Semplificando molto potremmo dire, con Gritti, ?che tutti i terroristi religiosi sono dei fondamentalisti, ma non che tutti i fondamentalisti sono dei terroristi?. Le variabili utilizzate per costruire i due tipi sono: l’uso della violenza, il consenso che i gruppi in questione hanno nella società e infine il rapporto che detengono con le istituzioni statali.

 

Sono state illustrate, nel corso della relazione, quattro tipologie di laicità. In realtà la laicità non dovrebbe essere democratica tout court?

Si tratta senz’altro di un’osservazione appropriata. La laicità autoritaria è una contraddizione in termini, una sorta di ossimoro.

 

Si è ampiamente sottolineata una ripresa religiosa negli Stati Uniti. Spesso gli usa anticipano tendenze del mondo occidentale. Potrebbe avvenire anche in Europa un risveglio religioso considerevole?

Probabilmente ciò non accadrà. La secolarizzazione in Europa ha avuto un forte radicamento. Paradossalmente, in epoca post-secolare la religione si colloca nello spazio pubblico, la laicità in quello privato.

 

In Italia è evidente una forte ingerenza della gerarchia ecclesiastica sulla vita socio-culturale e socio-politica. È censurabile, dal punto di vista dello Stato laico, il fatto che la Chiesa consigli comportamenti politici?

Si è già detto nel corso della relazione come l’Italia sia – in senso sociologico, non ovviamente  giuridico – un paese catto-laico. La Chiesa cattolica ha avuto e continua ad avere un ruolo forte e storicamente determinato e le sue interferenze nella vita politica sono sicuramente innegabili. Si sta anzi assistendo, in quest’ultimo periodo, a un intenso attivismo politico religioso: non esiste argomento politico sul quale la Chiesa non prenda posizione, dalla fecondazione artificiale, ai pacs. Se tuttavia la Chiesa può svolgere un ruolo etico, intervenendo nel dibattito pubblico, pare ben più scandaloso che molta parte della classe politica assecondi pienamente tali atteggiamenti, lasciandosi permeare e influenzare. Non dimentichiamo che in Italia, come del resto in Germania, Belgio e Austria, è stato a lungo dominante un partito democratico-cristiano, che raccoglie ancora oggi molti consensi.

 

Può essere ritenuta valida l’equazione monoteismo=fondamentalismo, vista la centralità che tutti hanno dei testi sacri e quindi della verità rivelata?

In realtà, solo parzialmente. Se è vero che tutte e tre le grandi religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e islam) hanno conosciuto movimenti fondamentalisti tesi a un ritorno alla purezza originaria e altresì vero che all’interno di molte religioni asiatiche (buddismo e induismo per esempio), con l’arrivo degli occidentali si sono diffusi movimenti ispirati al recupero della religione originaria, corrotta in qualche modo dalle insidie della modernità.

 

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