Il relatore, dopo una battuta di spirito con la quale ha sottolineato come, malgrado una lunga esperienza in qualità di vaticanista, egli non abbia previsto l’elezione a pontefice del cardinale Ratzinger, pur dicendosi oggi particolarmente lieto di questa scelta, ha evidenziato il fatto che l’attuale papa governerà una sorta di ?pausa?, continuando a guardare lontano come voleva l’animo apostolico del suo predecessore, sospinto dal suo stesso afflato evangelico.

Il professor Accattoli ha quindi esposto i punti principali del suo intervento, ovvero

 

1.      La grande eredità del missionario Wojtyla;

2.      L’elezione del più assiduo dei suoi collaboratori;

3.      Le contraddizioni implicite alla scelta;

4.      L’audacia dei cardinali nell’effettuare tale scelta;

5.      Le convinzioni forti con cui questo papa avvia il suo pontificato

6.      Il riconoscimento e l’ammissione di ?non sapere cosa fare?.

 

Accattoli ha ricordato per inciso il lavoro del vaticanista, che consiste principalmente nel seguire il pontefice in tutti i suoi viaggi e in una lettura puntigliosa di tutti i suoi discorsi e di tutta la sua produzione scritta (alla quale collaborano una decina di persone, mentre i vaticanisti accreditati sono all’incirca trenta). Luigi Accattoli ha seguito tutti i viaggi di Giovanni Paolo ii ed è divenuto uno dei suoi più competenti biografi; ha scritto quattro volumi su di lui, in uno dei quali ha annotato: ?Con la sua libertà di parola, Giovanni Paolo ii ci ha mostrato come l’autorità più antica che vi sia al mondo (il papato) possa parlare oggi. Egli ci ha dato un’idea di quale potrebbe essere, in futuro, la funzione davvero ecumenica di un papa che rivendichi solo per il Vangelo il suo Primato rispetto a ogni altra istanza cristiana per farlo risuonare sul mondo a nome di tutti?

 

1.      Relativamente al primo punto, è evidente l’importanza del lascito spirituale di papa Wojtyla, il cui pontificato è stato caratterizzato da una fedeltà al Vangelo fortemente sentita e praticata attraverso il primato dell’annuncio e dell’evangelizzazione, attraverso la volontà di andare da tutti i popoli, superando ogni tipo di barriera, ideologica e religiosa, entrando nelle sinagoghe e nelle moschee, difendendo in ogni modo la vita, invocando la grazia per i carcerati, schierandosi apertamente contro la pena di morte, osteggiando il ricorso all’aborto. Il suo radicalismo evangelico si è spinto fino a invocare il perdono per le infedeltà dei cristiani ai richiami della Chiesa e l’efficacia della sua missione apostolica lo ha portato a contatto con i maggiori governanti della terra. È stato un eccezionale comunicatore ed è riuscito a parlare ai giovani in maniera schietta e aperta, intercettando e sublimando i loro bisogni e le loro aspettative. È evidente che la scelta di un nuovo pontefice è risultata particolarmente gravosa, così come si evince dalle numerose discussioni pre-conclave. Alla fine i cardinali si sono orientati su Joseph Ratzinger, oggi papa Benedetto xvi, uno di tre cardinali rimasti tra coloro che nel 1978 elessero Wojtyla, un uomo che conosceva meglio di chiunque altro l’opera apostolica del suo predecessore, essendo vissuto con lui in strettissimo contatto durante i suoi ventitre anni di anzianità cardinalizia, in cui ha vigilato sulla dottrina della Chiesa cattolica alla testa della Congregazione per la dottrina della fede. Il suo è uno dei conclavi più rapidi dell’epoca moderna – essendo occorse poco più di ventiquattro ore ai cardinali per sceglierlo – secondo, nel Novecento solo a quello che elesse, con tre scrutini, Pio xii nel 1939. Durante la Messa di insediamento al soglio pontificio papa Benedetto xvi ha pronunciato una significativa omelia all’insegna dell’ecumenismo, della continuità nei confronti del suo predecessore e dell’apertura verso i fedeli

2.      L’opera principale che ha caratterizzato il papato di Giovanni Paolo ii – e che lascia in qualche misura come eredità spirituale al suo successore – è stata la missione alle genti: papa Ratzinger non è ?missionario? d’istinto, ma ha ereditato, facendola propria, questa prassi, alla quale sente di doversi adeguare anche contro la propria natura, più per riflessione che per immediatezza di afflato e di spirito. Ciò che lo caratterizza è la ricerca interiore, l’analisi intellettuale, e spesso in passato si è trovato in disaccordo su questioni più squisitamente teologiche e filosofiche con Wojtyla, ad esempio negli anni Ottanta, sul problema della giusta via, della teologia della liberazione, a proposito della quale – malgrado l’aperta condanna di Giovanni Paolo ii – l’allora cardinale Ratzinger era sicuramente più severo e più rigido sul piano dottrinale. Per inciso, la teologia della liberazione è una dottrina che offriva una risposta nuova al problema fondamentale del cristianesimo, cioè la redenzione. Posto che il mondo è permeato dal peccato e dal male, non occorre solo una conversione personale, ma una lotta di ordine politico; la redenzione diventa pertanto una prassi di natura politica, che gli uomini devono necessariamente assumersi e si trasforma in una speranza del tutto pratica, in un’azione concreta e liberatrice. Altro tema controverso è stato quello della cosiddetta dottrina della giustificazione relativamente alla quale Ratzinger era molto meno spregiudicato e aperto del suo predecessore. Attraverso la Dichiarazione Congiunta tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale del 1999 si è compiuto un notevole progresso nella mutua comprensione e nell’avvicinamento delle parti in dialogo, con un alto grado di accordo sia per quanto riguarda l’approccio alla questione sia per quanto riguarda il giudizio che essa merita (la Chiesa cattolica sostiene che le buone opere sono sempre frutto della grazia, ma allo stesso tempo, senza nulla togliere alla totale iniziativa divina, sono frutto dell’uomo giustificato e trasformato interiormente). Per amor del vero, durante l’incontro di Colonia, dell’agosto 2005 con i rappresentanti delle confessioni luterane, Benedetto xvi ha ricordato con gratitudine e soddisfazione il precedente incontro avvenuto del 1980 a Magonza tra Giovanni Paolo ii e i rappresentanti delle altre confessioni cristiane e ha ribadito l’importanza e la necessità di continuare il dialogo teologico. Si può dire che tra Wojtyla e Ratzinger si è verificata una contaminazione feconda, uno scambio propizio di vedute, come nel caso delle Giornate di Assisi del 2002, durante le quali Wojtyla ha fatto proprie le cautele del cardinale Ratzinger riguardo, ad esempio, alla paura del sincretismo, e della preghiera comune, pur rivendicando con forza la sua convinzione della necessità e dell’opportunità di un’apertura al dialogo interreligioso. In diversi casi, proprio in virtù di questa comunanza di spirito, l’attuale pontefice si è viceversa lasciato permeare dalle convinzioni del suo predecessore e si è fatto guidare dalla sua autorità, cambiando talvolta anche opinione, come nel caso della pubblicazione del terzo segreto di Fatima, inizialmente osteggiata dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede cardinale Joseph Ratzinger o del recente mea culpa per Giordano Bruno, recitato dal Segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, in occasione del convegno promosso per il quarto centenario della morte del filosofo nolano, un riesame pacato, senza riabilitazione, in cui si è tuttavia riconosciuta l’atrocità del processo inquisitorio compiuto dalla Chiesa cattolica.

3.      Molte, e talune anche evidenti, erano le contraddizioni legate alla scelta del cardinale Ratzinger come pontefice. Innanzitutto l’età, in quanto l’attuale papa è salito al soglio pontificio a settantotto anni (l’unico predecessore così anziano è stato papa Roncalli nel Novecento, mentre l’età media dei papi negli ultimi due secoli è di circa sessantasei anni). Inoltre Ratzinger è tedesco e nessuno pensava all’elezione di un papa proveniente dalla Germania, anche se nella storia ci sono stati almeno sei papi tedeschi, l’ultimo dei quali, tuttavia, Adriano vi, nel lontano 1520. Non dimentichiamo poi che Ratzinger è principalmente un teologo e che l’ultimo papa teologo è stato Pio v, e curiale con  ventitré anni di servizio (forse l’esempio più recente e significativo è quello di papa Pacelli).

4.      Fondamentalmente per i motivi sovracitati, si tratta senza dubbio di una scelta importante e coraggiosa, in quanto basata sulla fiducia riposta in una persona sperimentata, affidabile e mite. L’attuale papa è un solitario, non frequenta gruppi, non è implicato in schieramenti, ma conosce molto bene i problemi della fede e le faccende empiriche interne alla Chiesa.

5.      Benedetto xvi è un uomo profondo nelle sue convinzioni ed è arrivato al pontificato con idee molto chiare relativamente sia alla centralità dell’invocazione della fede sia alla necessità di ridurre la dimensione politica, le sovrastrutture della Chiesa cattolica. Riguardo al primo aspetto, l’invocazione della fede è una costante del suo operato: più volte egli ha ribadito il suo punto di vista, secondo il quale oggi si vive ?nell’oscurità di Dio?, e più volte ha manifestato un forte senso di angoscia per le questioni che ostacolano la fede. Sul secondo punto ha poi spesso osservato come la Chiesa decida e si regolamenti troppo, producendo una quantità eccessiva di documenti, a fronte della quale sarebbe auspicabile un maggior silenzio, una maggiore introspezione.

6.      Malgrado alcune convinzioni fondamentali, è altrettanto manifesta in papa Ratzinger un’incertezza su come procedere e la necessità di continuare a interrogarsi. Il papa non è un oracolo e, pur rivelandosi infallibile in situazioni particolarmente gravi, deve comunque continuare il suo percorso di ricerca, accettando la sofferenza come via per la trasformazione.

 

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