Il professor Ignazio Sanna ha offerto una panoramica sia storica sia concettuale sul tema indicato (relativismo e nichilismo) dichiarando immediatamente una riproposizione del titolo in ?Il cristiano e le sfide del relativismo e del nichilismo?. L’intervento vuole essere, nelle intenzioni del relatore, una sorta di explicatio terminorum, una chiarificazione dei significati di parole usate, e spesso abusate, nel dibattito antropologico ed etico contemporaneo.

Il nichilismo si configura come un orientamento teorico e pratico che si sviluppa a partire dalla fine del xix secolo e attraversa tutto il Novecento e che si contraddistingue, sostanzialmente, per una sfiducia nella razionalità classicamente intesa e per i sentimenti di angoscia e spaesamento esistenziale che pervadono gli esseri umani di fronte alla crisi dei valori tradizionali. Si possono indicare tre forme di nichilismo: metafisico, gnoseologico e politico/morale. Naturalmente, l’adozione di una forma di nichilismo ontologico e metafisico porta inevitabilmente alla sfiducia nella ragione (nichilismo gnoseologico) e approda al nichilismo morale. Ed è su quest’ultimo che Sanna si concentra, offrendo una sorta di descrizione fenomenologica del nichilismo morale rintracciando in Nietzsche (e in misura differente, in Heidegger) il pensatore che più di tutti ha contribuito all’elaborazione teorica nichilista. La morte di Dio è forse l’immagine più forte per illustrare l’eliminazione di ogni fondamento oggettivo nel campo assiologico e di ogni pretesa di normatività dell’etica. Anche la storia perde la possibilità dell’autoperfezionamento, condannata a una forma di degrado (non solo contingente ma ontologico); l’essere umano è ?gettato? in una condizione di angoscia, di nausea e l’ultimo suo atto di volontà sarà, allora, la volontà del nulla: il nichilismo. Tuttavia, avverte Sanna, nella speculazione nietzschiana esiste una forma di nichilismo attivo che si contrappone a quello passivo. Nel primo caso, il momento nichilista deve distruggere i ruderi di un mondo antico e senza più alcun valore e preparare l’avvento del superuomo; nel secondo invece il nichilismo è proprio l’esito della rassegnazione umana di fronte al destino. Secondo Sanna, varie forme di nichilismo si sono intrecciate in molta produzione culturale del Novecento, da Heidegger a Weber, da Kafka ad Hemingway.

Quali esiti teorici e pratici ha prodotto questa stagione culturale? Le conseguenze del nichilismo sono riducibili a quattro nuclei tematici: un pluralismo esasperato in campo epistemologico, il totale relativismo in campo etico e morale, la sfiducia negli ideali di libertà, uguaglianza e progresso, la rimozione del passato e la conseguente perdita della memoria storica. Ne emerge un uomo contraddistinto da una certa stanchezza morale che ?vive alla giornata? e che nutre una forma di sfiducia radicale nella verità oggettiva. Secondo la prospettiva nichilista, infatti, il concetto stesso di verità si svuota e al suo posto esistono solo interpretazioni, punti di vista. In campo morale, il bene si tramuta in utile; necessariamente legato alla contingenza e alla contrattazione tipica del sapere economico. Il nichilismo, nella lettura di Sanna, porta alla crisi dell’escatologia intesa come mancanza di speranza in un’altra dimensione e conseguente svilimento della dimensione temporale vissuta non più come orizzonte di senso ma come flusso continuo e privo di significato. Su questa base nichilista, il post-moderno ha strutturato un’antropologia del consumo, in cui la vita umana ha perso la sua dimensione sacra ed è diventata essa stessa materiale di scambio e oggetto di intervento tecnologico, come nelle pratiche di ingegneria e manipolazione genetica.

Il professor Sanna ha, quindi, offerto una panoramica del fenomeno del relativismo che, nella sua analisi, risulta correlato con l’orientamento nichilista. Il relativismo si declina in una cultura aperta e senza identità forte che porta a una indifferenziazione culturale di fondo: se la ragione non è in grado di fondare i valori allora questi non esistono, o meglio, non esistono in quanto assoluti, ma solo in riferimento a un determinato sfondo culturale. Anche dal punto di vista religioso il relativismo porta al pluralismo e infine all’indifferenza, nello smarrimento di un credere forte e autentico. Sanna esprime questa disaffezione di Dio riferendosi ancora alla negazione di ogni verità stabile e di un qualsiasi criterio assoluto; non si assumono, allora, atteggiamenti religiosi né antireligiosi (che sarebbero, quest’ultimi, portatori di una qualche istanza, anche polemica e in opposizione) ma areligiosi e amorali. D’altro canto, sottolinea Sanna, l’atteggiamento di fronte alla parcellizzazione della verità non è univoco: chi non si rassegna reagisce in maniera molto decisa e alimenta la costituzione di identità religiose forti e assolutizzanti. In maniera quasi paradossale, allora, il fondamentalismo sarebbe l’esito pericoloso della ?dittatura del relativismo?, che proprio per questo non suggerisce la sua visione, ma incatena l’uomo a una libertà di pensiero che è solo illusione. In questo clima, il cristianesimo assume spesso il ruolo di una religione civile, custode della memoria europea, con una valenza esclusivamente culturale e non di fede. Da questo punto di vista la religiosità è vissuta solo attraverso la sua valenza simbolica e non nella sua dimensione più autentica. Il professor Sanna richiama, a questo proposito, la recente ?battaglia? sull’introduzio-ne/eliminazione del crocifisso nelle scuole, inteso esclusivamente come simbolo della storia e della cultura, trascurando il significato di fede.

Sanna conclude con uno sguardo preoccupato sul mondo d’oggi: l’ideologia capitalista aggredisce le culture che non si identificano nel modello consumistico alimentando, in maniera più o meno diretta, i vari fondamentalismi; è anche vero, però, che alcune forme deviate di religiosità musulmana offrono agli estremisti tutti gli strumenti per lanciare un attacco all’Occidente.

Quale può essere allora la risposta e l’atteggiamento del cristiano in un simile contesto? È evidente che bisogna distinguere i rispettivi ambiti, dalla società civile alla dimensione più intimamente spirituale. I diritti fondamentali dell’uomo codificano i principi basilari dell’antropologia e sono, pertanto, imprescindibili in ogni discorso di integrazione etnica e culturale. Ma il cristiano è chiamato a una sfida più ardua. Per delineare la risposta autenticamente cristiana che si può (e deve) opporre all’epoca del nichilismo e del relativismo, Sanna propone alcune intuizioni di grandi teologi. Se è vero che ?Dio abita dove lo si fa entrare?, allora la fede deve permeare ogni aspetto della nostra vita, nella forma della testimonianza personale. Ed è su questo punto che si impernia la pars construens della relazione: il cristiano si impone con la forza della testimonianza etsi Deus non daretur, come ebbe a ripetere Bonhoeffer. Il mondo, diventato ormai adulto e libero di non credere più in Dio, ha bisogno invece della riscoperta del cristianesimo, e di un cristianesimo forte. Ma anche nella fede è necessaria una forma di evoluzione; come scrive Rahner ?il cristiano di domani o sarà un mistico o non sarà cristiano?; la mistica evocata in questa accezione è differente dal concetto tradizionale (anche se condivide una radice semantica). Si tratta di una profonda esperienza personale di Dio che, quindi, non è più oggetto di conoscenza teorica né articolo di fede, ma deve diventare stile di vita. La vicinanza di Dio si incarna allora in un’etica che può e deve essere pluralistica. La regola d’oro sia nella versione negativa (?non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te?) che in quella positiva (?fai agli altri ciò che vorresti essere fatto a te?) diventa il cardine fondamentale della comunione tra gli uomini.

 

 

Dibattito

 

Il dibattito ha visto una serie piuttosto numerosa di interventi che raggruppiamo per nuclei tematici.

 

§        Appare critico il passaggio relativismo – pluralismo – indifferenza; in fondo la democrazia è l’espressione più alta del pluralismo. E sarebbe, di fatto, impossibile in presenza di un pensiero unico. Esistono, poi, filosofie della storia non pessimistiche, che hanno fiducia nella capacità di autoperfezionamento degli uomini, come sottolineato in più punti dell’opera di Sergio Quinzio.

 

§        Facendo riferimento alla storia della scienza e dell’epistemologia degli ultimi centocinquant’anni, non si avverte come problema la sostituzione di una verità monolitica con molteplici punti di vista. In fondo è stata proprio una conquista del pensiero la possibilità di inquadrare secondo varie angolature la stessa porzione di realtà, senza scivolare in posizioni radicalmente relativistiche.

 

§        Non è valido far corrispondere dottrine filosofiche (quali il nichilismo nietzschiano) con analisi sociologiche (come la diffusione del capitalismo). Si tratta di un errore formale prima che contenutistico; un conto è l’ambito teoretico e concettuale dove è possibile naturalmente criticare questi approcci, un altro è, invece, il comportamento del mondo (occidentale), connesso con il presunto smarrimento di spiritualità.

 

A questa serie di obiezioni, il professor Sanna, ha risposto in maniera piuttosto esauriente, riprendendo alcuni passaggi cruciali del suo ragionamento. Vi è stata, in generale, una sorta di profonda revisione delle tesi precedentemente sostenute, accogliendo le provocazioni contenute nelle obiezioni. Il quadro che è emerso dalle risposte di Sanna è a tinte meno fosche: l’uomo moderno ha in sé le possibilità di migliorarsi e le conquiste della modernità possiedono aspetti positivi, per esempio quelli messi in luce dal sapere scientifico.

Il relatore ribadisce la sua personale distanza da qualsiasi forma di condanna della modernità, citando anche la necessità di diversi approcci per la ricerca del senso. ?La verità è sinfonica?, dice Von Balthasaar. Se la relazione è apparsa in un certo senso pessimista ? prosegue Sanna ? è perché si è configurata come explicatio terminorum, del resto il nichilismo come destino dell’Occidente è una citazione testuale di Heidegger. L’ultimo rilievo è dedicato ancora all’importanza della testimonianza cristiana per trasformare un mondo che ha smarrito il senso (nichilismo), adottandone una molteplicità indistinta (relativismo).

 

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