La serata, dedicata a un tema di grande interesse e attualità, è stata brillantemente introdotta e coordinata dall’avvocato alessandrino Mario Boccassi, che ha sottolineato in particolare l’importanza di continuare a riflettere sulla situazione della giustizia in Italia al fine di garantire a tutti una cittadinanza più consapevole.

 

Vincenzo Tessandori, il primo relatore, ha presentato il proprio volume, La corte si ritira Storie controverse di controversa giustizia [Boroli Editore, Novara 2004], un affresco ampio e documentato delle più clamorose ingiustizie degli ultimi cinquant’anni della storia giudiziaria italiana. Il libro si apre con l’ultima fucilazione avvenuta in Italia nel 1947 per la strage di Villerbasse a Torino e prosegue analizzando il concetto di giustizia dal punto di vista del cittadino, attraverso l’attenta e meticolosa disanima dei principali casi giudiziari della nostra storia. Amare le conclusioni dell’autore, così come emblematico di una tragicomica impossibilità di amministrare la giustizia il titolo del libro, che si riferisce a un espediente utilizzato a Napoli da alcuni giudici all’epoca dei nap: quando, durante un’udienza, il clima si surriscaldava i giudici si alzavano in blocco e uno di loro, prima di lasciare l’aula, annunciava al microfono: ?La corte si ritira?.

Tanti sono gli esempi richiamati da Tessandori, tutti particolarmente noti a livello mass-mediatico, alcuni recenti, come l’uccisione della suora di Varese, il delitto di Novi Ligure, il caso Jucker, la sentenza degli islamici a Milano e delle nomadi a Lecco, casi questi che hanno suscitato molte polemiche e hanno surriscaldato il dibattito pubblico, soprattutto in relazione al mancato rispetto della sentenza emessa (accomodamenti, scorciatoie giudiziarie, richieste di patteggiamento e conseguente riduzione della pena). Altri, più lontani nel tempo (Strage di Portella delle Ginestre, Piazza Fontana, Treno Italicus, Affaire Moro, Stazione di Bologna, mostro di Firenze), hanno lasciato infiniti dubbi e interrogativi, coinvolgendo profondamente ed emotivamente l’opinione pubblica, spesso insoddisfatta degli esiti processuali (troppi insabbiamenti, depistaggi, verità non trovate o non rivelate).

Infine Tessandori ha richiamato alcune vicende emblematiche legate al tema ambientale (Vajont, Petrolchimico di Marghera), ricordando come la salute collettiva rappresenti un bene da salvaguardare e un aspetto decisivo e imprescindibile per definire una società pienamente civile. Anche da questi aspetti si coglie appieno il ruolo decisivo che il funzionamento del sistema giudiziario – come strumento di repressione, o ancor meglio di prevenzione – riveste per tutta la comunità.

 

Hanno quindi preso la parola la professoressa Elisa Mongiano, che ha sottolineato l’importanza per i formatori dei futuri operatori del diritto di educare non solo in senso tecnico-scolastico, ma anche e soprattutto morale e civile, e il professor Serafino Nosengo, che ha presentato, in qualità di curatore, il Quinto Quaderno dell’Associazione Cultura & Sviluppo, dal titolo Sistema giustizia. Conoscere per decidere. Il volume si propone di affrontare – senza pretendere di essere esaustivo, ma proponendosi invece di offrire alcuni significativi spunti di riflessione – una serie di argomenti all’ordine del giorno nel dibattito politico-istituzionale, quali la riforma dell’ordinamento giudiziario, il trasferimento dei processi, l’efficienza del nostro sistema giuridico, la cooperazione internazionale.

 

Nella seconda parte della serata sono intervenuti il dottor Laudi e il dottor Garavelli (che figurano entrambi tra gli autori del Quaderno), i quali hanno da un lato chiosato l’intervento di Tessandori e, dall’altro, proposto alcune osservazioni interessanti sul panorama giudiziario italiano.

 

Maurizio Laudi ha elogiato il libro di Tessandori invitando i presenti a leggerlo, sottolineando però come non possa essere definito un libro sulla giustizia, quanto piuttosto un’analisi di casi giudiziari clamorosi, letti non solo sulla base del verdetto processuale, ma anche in relazione al contesto storico-sociale del momento. Inoltre il libro prende in esame una serie di vicende tutte in qualche misura esemplari, che non possono, in quanto tali, assurgere a paradigma di riferimento della realtà quotidiana della giustizia. La giustizia italiana, in altre parole, non può essere dedotta da casi clamorosi che esulano da una pratica di quotidiana amministrazione.

Un altro aspetto da tener presente riguarda la discrepanza che inevitabilmente si crea tra il senso di giustizia avvertito dai cittadini e la conclusione del meccanismo processuale, discrepanza che genera talvolta un senso di disconoscimento nei confronti di alcune sentenze. La distanza tra legalità ed equità è un problema cruciale, che riguarda tutti i Paesi, pur nella differenza dei vari sistemi giudiziari.

Per quanto riguarda, invece, la crisi in cui versa la nostra giustizia, è inevitabile, secondo Laudi, una premessa, ovvero una novità negativa emersa negli ultimi anni e che riguarda un atteggiamento di disconoscimento a priori nei confronti della magistratura da parte di chi occupa posti di rilievo a livello istituzionale.

A voler prescindere da questo clima, pur tuttavia reale, di offesa e delegittimazione della funzione giurisdizionale, la giustizia italiana ha molti problemi. Il relatore ne ha sottolineati alcuni: innanzitutto la legislazione sovrabbondante e talvolta confusa, che consente alle parti di avere sempre e comunque un appiglio per fondare le proprie ragioni, ma crea al tempo stesso incertezza, dubbi interpretativi e imprevedibilità circa la decisione del giudice; la struttura del nostro sistema processuale, un coacervo incredibile di regole e procedure; inoltre, l’evidente carenza di organico di magistrati e personale amministrativo e una scarsità di risorse strutturali a disposizione che non consentono di smaltire un carico di lavoro che negli ultimi anni è andato sempre più aumentando; infine, l’inadeguatezza di molti magistrati, derivante non tanto da una scarsa preparazione professionale, quanto piuttosto da una mancanza di equilibrio, di misura, di apertura alla ricerca della verità.

 

Mario Garavelli ha parimenti apprezzato il libro di Tessandori, richiamando l’espediente metodologico di proporre in forma di sinossi, a fianco della cronaca giudiziaria, continui richiami di cronaca e costume del momento storico di riferimento. Anche Garavelli ha ribadito, poi, come i giudici siano alla ricerca di una verità processuale che, in quanto tale, è una verità umana e imperfetta, incapace di soddisfare un bisogno più profondo di giustizia ed equità.

Concordando sostanzialmente con l’analisi condotta da Laudi, tra le criticità più evidenti del nostro sistema-giustizia ha evidenziato la corruzione, la presenza sul nostro territorio di ben quattro interessi illeciti organizzati (mafia, camorra, ndrangheta, sacra corona unita), l’eccessivo numero di leggi (circa 100.000 in Italia a fronte delle 7.000 della Germania), l’ipertrofia sia di giudici sia di avvocati (circa 120.000), la legge penitenziaria eccessivamente lassista.

 

Anche in considerazione di queste criticità, le tematiche affrontate continueranno a essere al centro dell’attività culturale dell’Associazione, che ha già promosso un gruppo di studio sulle questioni giuridiche, e che proporrà analoghe occasioni di riflessione anche in futuro.

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