La serata è stata introdotta dal prof. Corrado Malandrino, che ha sinteticamente ripercorso le tappe fondamentali che hanno condotto all’elaborazione di un trattato costituzionale dell’Unione Europea. I lavori della Convenzione, istituita a Laeken nel dicembre del 2001, e presieduta da Valéry Giscard d’Estaing, hanno prodotto una bozza del Trattato, che sarà illustrata nel mese di giugno al vertice di Salonicco.

Nei lavori preparatori, uno dei temi più dibattuti e più controversi ha riguardato i valori fondanti dell’Unione europea, e, più in particolare, il possibile riferimento alle radici cristiane, a Dio e al ruolo delle Chiese negli articoli della Carta dei Diritti o nel suo preambolo. Su questo tema specifico si sono confrontati i due relatori.

 

Il prof. Rusconi si è dapprima interrogato sull’ampiezza del dibattito intorno a questi temi, e ha rilevato, pur nel quadro di un interesse generale negli Stati dell’Unione, una specificità italiana, dovuta, da un lato, alla fragilità della cultura laica e, dall’altro, alla prossimità con la Santa Sede, che certamente ha avuto un peso determinante nel porre la questione del riferimento alle radici cristiane dei popoli europei. In opposizione a queste istanze, il relatore rivendica l’affermazione del principio della laicità nell’identità culturale e nelle Istituzioni dell’Europa.

Il riferimento ai valori del cristianesimo è solitamente sorretto da due argomentazioni: a) la supplenza ad un’etica pubblica debole e la ricerca di un’anima comune e condivisa, come risposta al bisogno di identità e come ricerca di sicurezza di fronte alle incertezze dell’epoca contemporanea, legate in primo luogo all’innovazione tecnologica. Questi bisogni spiegano certamente l’attuale successo delle religioni, cui peraltro corrisponde troppo spesso un’evidente afasia teologica; ma su questi aspetti anche la cultura laica, in ragione in primo luogo della sua universalità, potrebbe offrire valide risposte; b) la sistemazione giuridica delle Chiese e la ricezione dei diretti riferimenti religiosi presenti nelle Carte Costituzionali di alcuni Stati europei (nelle costituzioni della Grecia, dell’Irlanda e della Germania vi è un rimando a Dio e alla Trinità; in quelle di Spagna, Grecia, Danimarca e Italia si trovano più riferimenti alle Chiese); ma su questo punto, osserva il prof. Rusconi, è necessario chiarire che la menzione di Dio, delle radici cristiane o delle Istituzioni religiose sono aspetti molto differenti, e con implicazioni non paragonabili. Certamente la questione delle Chiese e del riconoscimento del loro ruolo deve essere tenuta in considerazione, valutando sia il modello egualitario e concorrenziale tra differenti ?gruppi di pressione?, sia il modello protezionista, che tutela maggiormente le specificità e le identità tradizionali. Ma l’esplicito riferimento a Dio, si chiede il relatore, in base a quali argomenti si giustifica? È proprio necessario che i fedeli vedano riconosciuto il loro credo in una Carta Costituzionale? Il riferimento teologico è forse una condizione irrinunciabile per la condivisione di un ordinamento politico?

La convinzione del prof. Rusconi è che l’identità europea sia oltre le radici cristiane. Come già avevano riconosciuto i padri costituenti della nostra Repubblica, non si può mettere Dio ai voti. E poi, a quali radici ci si dovrebbe riferire esattamente? E perché, in luogo dell’esplicito richiamo religioso, non riconoscere il patrimonio spirituale e morale comune, e più in generale il fondamento laico della cultura europea? In ogni caso, il diritto della coscienza individuale dovrebbe sempre prevalere sulla coscienza identitaria del gruppo.

 

Il prof. Guasco ha aperto il suo intervento con una breve ricostruzione storica che ha evidenziato come sia di fatto innegabile il ruolo decisivo del cristianesimo nella storia e nella cultura dell’Europa, e come il Decalogo e il Vangelo ne abbiano costituito per secoli il principale fondamento giuridico. Certamente, il secolo dei Lumi e la Rivoluzione francese hanno aperto nuove prospettive, di cui è ovviamente necessario tener conto, ma consapevoli del fatto che, con il relativismo dell’epoca contemporanea, la ricerca di valori condivisi rimane una questione aperta e molto difficile da affrontare. Lo Stato comunque è chiamato a fare delle scelte, e deve conseguentemente saper ascoltare la società, di cui anche le Chiese sono una parte integrante.

Per quanto riguarda più specificamente la Carta Costituzionale europea, il relatore propone tre differenti ipotesi, che hanno tutte una loro legittimità: a) una carta minimalista, che escluda ogni riferimento all’ambito religioso; b) una carta che tenga conto delle radici storiche dell’Europa e contenga un riferimento più o meno diretto ai valori cristiani; c) infine, una carta che si richiami, in un senso più generale, ai valori religiosi, quindi non solo cristiani, e che rifletta l’esigenza della ricerca di un linguaggio universale in grado di recuperare la perdita di senso che le società contemporanee spesso denunciano.

Il professor Guasco esplicita il suo sostegno a quest’ultima ipotesi, la quale riconosce una delle istanze fondamentali dell’esistenza umana, il religioso, appunto, ma anche il pluralismo, il dialogo e l’incontro tra le culture. Il professor Rusconi, invece, ribadisce l’opportunità, dal suo punto di vista, di lasciar fuori dal trattato costituzionale ogni riferimento a questioni teologiche e religiose: la Carta dovrebbe essere quanto più possibile sobria, rivolgersi a tutti i cittadini, anche a chi non ha orientamenti religiosi definiti, e dare indicazioni relative alle questioni fondamentali della convivenza civile, senza voler entrare nella sfera privata di ciascuno

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