“La bioetica si occupa dei diritti di libertà delle persone in relazione alla tecnica medica, nascendo non in ambito accademico ma nella società per affrontare problemi urgenti”. Il professor Luca Savarino, professore di Bioetica all’Università del Piemonte Orientale e membro del Comitato nazionale per la bioetica, ha aperto il dialogo su eutanasia e democrazia organizzato nell’ambito di PopolX, il percorso di formazione, confronto e condivisione di saperi sui temi più urgenti e cruciali della nostra società. Savarino ha dialogato con Marco Cappato, presidente di Eumans, movimento paneuropeo di iniziativa popolare, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, noto per le campagne per le libertà civili e le azioni di disobbedienza civile  in materia di droghe, libertà sessuali e di espressione, ricerca scientifica e eutanasia.

Il professore ha sottolineato il clima attuale di “guerra culturale” che rende difficile un dialogo pacato su temi come il fine vita, la gestazione per altri, l’aborto, la riproduzione assistita e le tematiche di genere. Riguardo al fine vita in Italia, ha ripercorso l’evoluzione normativa. La legge 219 del 2017 ha regolamentato il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento, sancendo il diritto del paziente di rifiutare qualsiasi trattamento, un rifiuto che non richiede motivazione esplicita. Tuttavia, la legge vietava esplicitamente il suicidio medicalmente assistito e l’eutanasia. La situazione è cambiata nel 2019 con una sentenza della Corte Costituzionale (seguita al caso di Fabiano Antoniani), che ha dichiarato la non punibilità di chi aiuta al suicidio di una persona che sia capace di intendere e di volere, sia affetta da patologia irreversibile, soffra in modo fisico e/o psicologico insopportabile e dipenda da un sostegno vitale. Sono sei anni che si attende l’approvazione di una legge in materia da parte del Parlamento. La mancanza di una disciplina certa “gioca sulla pelle delle persone malate”.

Marco Cappato ha inquadrato la questione come un tema di libertà e responsabilità individuale da supportare con informazione e assistenza. L’avanzamento della medicina ha allungato l’età media, rendendo il processo del morire lungo e significativo e ponendo il problema sociale di chi debba decidere. Il Codice Penale del 1930 non riflette questa realtà, criminalizzando ancora l’aiuto al suicidio. Nonostante l’importanza sociale del tema e il crescente consenso pubblico (dimostrato da sondaggi che mostrano supporto anche tra elettori di destra e praticanti religiosi), il Parlamento evita il dibattito, temendo il proprio elettorato e preferendo la retorica dello scontro ideologico che pur non rispecchia la realtà.

L’Associazione Coscioni e altri hanno usato la disobbedienza civile per spingere il cambiamento, a partire dal caso Welby (2006) dove un medico agì in base alla Costituzione contro il codice penale, rischiando il carcere. Queste azioni hanno contribuito alla legge 219 e alla sentenza del 2019. Le azioni di disobbedienza civile sono riprese per contestare il criterio del “sostegno vitale”. Nonostante la sentenza del 2019, solo sette persone hanno legalmente ottenuto il suicidio assistito in Italia in questi anni. Cappato ha ricordato come sia necessario riportare temi come questo al centro del dibattito parlamentare e rafforzare gli strumenti di partecipazione popolare.

Nel dibattito con il pubblico si è parlato dell’inazione parlamentare nonostante il consenso pubblico, del ruolo della Chiesa, della difficoltà di definire l'”insopportabilità” della sofferenza e della mancanza di una legge europea unificata (il diritto penale è nazionale).

Il diritto al fine vita assistito è stato parzialmente riconosciuto per via giudiziaria ma rimane di difficile attuazione a causa dell’assenza di una legge chiara. Questo crea incertezza giuridica e sofferenza per i pazienti. La discussione sottolinea la necessità di un intervento legislativo e l’importanza di un dibattito pubblico più ampio e informato che coinvolga i cittadini, anche attraverso forme di democrazia deliberativa. La crescente consapevolezza sociale sul tema e il trend internazionale suggeriscono che il riconoscimento della libertà di scelta nel fine vita è un tema destinato a rimanere centrale e a richiedere risposte da parte delle istituzioni democratiche.

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