Giorgio Guala è stato un uomo di fede ma anche di formazione ed educazione. Insieme a suo fratello Roberto ha sempre sostenuto l’importanza di dare strumenti e opportunità ai giovani. L’incontro che l’Associazione Cultura e Sviluppo gli ha dedicato è stato un’importante occasione di incontro e dialogo con il territorio sul tema dei Patti di collaborazione e dei Patti educativi di comunità, intesi come strumenti di co-programmazione e co-progettazione dell’offerta educativa e di fruizione degli spazi cittadini come progetto collettivo e condiviso.

“La scuola ha una centralità che dall’esterno dobbiamo alimentare. Il nostro Progetto Giovani a maggio ha chiuso la 27esima edizione – ha ricordato Alessio Del Sarto, direttore dell’associazione – Grazie a un progetto di Cultura e Sviluppo sostenuto dalla Compagnia di San Paolo, rinasce la Consulta giovanile, nella quale 87 giovani possono interloquire con il Comune di Alessandria. Negli ultimi anni sono stati elaborati altri progetti per i ragazzi che riguardavano il disagio psicologico, i disturbi alimentari, sempre con l’aiuto di esperti esterni. Per noi è fondamentale co-programmare strategie di sviluppo”.

Da settembre 2023 è nato un patto di collaborazione che coinvolge 23 enti del Terzo settore, la Provincia e il Comune di Alessandria per confrontarsi su strategie condivise che riguardano i temi sociali, la cultura e l’educazione. Con Labsus, Laboratorio per la Sussidiarietà, è in atto un percorso formativo che coinvolge l’associazione e otto Ets (Cambalache, Semi di Senape, Azimut, Coompany &, DLF Alessandria Asti, Colibrì, Human Art, Me.dea) e che da settembre prossimo si aprirà ad alcune scuole della città.

Pasquale Bonasora, presidente di Labsus, ha spiegato che “ogni cittadino può diventare co-amministratore. È scritto nella Costituzione (art. 118, ndr) che si può ancorare l’impegno di ogni cittadino a rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo delle persone. L’amministrazione condivisa è un processo culturale. È importante la creazione di spazi ibridi aperti alla collaborazione di soggetti diversi per la riflessione e l’elaborazione di un pensiero politico”.

Bonasora ha detto che un patto educativo di comunità legge i bisogni, interpreta i cambiamenti e valorizza le risorse della comunità stessa. Rispetto a una società in cui i bisogni cambiano, un modello e dei percorsi rigidi rendono impossibile la risposta a quei bisogni. Alla flessibilità di oggi va data una risposta. Il patto di collaborazione, con l’àncora dell’articolo 118 della Costituzione, cerca di superare l’immobilismo dei servizi offrendo strumenti flessibili. Al Patto può partecipare ogni cittadino, non solo un ente pubblico e le istituzioni. L’utente diventa protagonista ed è valorizzato non solo per i bisogni che esprime ma anche per le sue capacità.

Gli elementi fondamentali sono le persone, gli spazi e il territorio inteso come elemento immateriale in cui l’intelligenza collettiva condivide un’idea di sviluppo del quartiere o della città e mette in pratica azioni di cura. L’aspetto critico è la possibilità che si rimanga legati alla rigidità del modello verticale, ovvero quello della pubblica amministrazione che concede a un soggetto esterno di esercitare un attività. Il patto invece esprime una relazione tra pari.

I patti educativi hanno il centro nella scuola ma i dirigenti, che devono diventare innovatori, hanno già moltissimi impegni. “Il peso di lavoro non deriva proprio del modello verticale? – ha domandato Bonasora – Il patto permette di gestire meglio le risorse costruendo alleanze”.

La scuola è fondamentale per la comunità che costruisce. “Se diventa un bene comune, si crea un legame affettivo che favorisce e alimenta la comunità, anche se poi gli studenti crescono e vanno in un’altra scuola”.

Il patto diventa generativo anche dal punto di vista economico per le ricadute favorite dalle azioni promosse dalla scuola. “La scuola dovrebbe diventare un bene comune, utilizzato da tutta la comunità. Lo spazio scolastico potrebbe rimanere aperto per tutta la giornata per assemblee, mostre, iniziative culturali. L’istituzione pubblica deve facilitare la crescita delle relazioni sul territorio” è l’esempio che ha portato il presidente di Labsus.

L’ostacolo vero è la paura. Dopo il covid non si può più tornare alla scuola com’era prima. “C’è la paura di perdere il controllo, il modello verticale fa sentire più protetti. Ma l’amministrazione condivisa ha successo perché è la risposta efficace alla sensazione di affrontare da soli i problemi che ci troviamo davanti” ha concluso Bonasora.

Patti educativi: la scuola da bene pubblico a bene comune

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