“La Shoah scivola lentamente nel passato come ogni fatto storico, se ne vanno i testimoni e per i più giovani sembrano fatti di ere passate. Sono vicende conosciute ma lontane, come altri mondi. Il Giorno della Memoria rimane un’occasione preziosa per riflettere su un doloroso passato e sulle cause che hanno generato quegli orrori e fare in modo non si ripresentino”. Don Stefano Tessaglia, sacerdote della Diocesi di Alessandria ha ricordato con queste parole l’importanza della giornata istituita con una legge del 2000 in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.
Il suo intervento ha aperto la serata che ogni anno Cultura e Sviluppo organizza nella ricorrenza. Nell’incontro sono intervenuti anche Mariano Santaniello, presidente dell’Isral, l’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria, e Giorgio Dell’Arti, giornalista, scrittore e storico, che ha presentato il suo libro La marcia su Roma (La nave di Teseo, 2022), con il coordinamento di Maria Grazia Caldirola.
“Si impone il dovere di non dimenticare. Ricordiamo l’indifferenza, le colpe del nostro Paese, le vittime a milioni: quell’orrore non dovrà più accadere. La memoria sia il vero antidoto, ma affinché non sia solo una frase retorica dobbiamo ricordare ai più giovani che quel genocidio non è stato un incidente della storia, ma è stato costruito, preparato e perseguito da uomini comuni che, obbedendo, si sono fatti complici” ha detto ancora Tessaglia.
Ricordare e trasmettere è arduo, in una società dominata dalla velocità la ricerca di nuove modalità per trasmettere la memoria ai giovani è una sfida. Tra le nuove generazioni crescono episodi di razzismo, intolleranza e antisemitismo. “Il messaggio che vorremmo dare non arriva. Le conoscenze storiche ci sono ma non arriva la memoria e la capacità di imparare da ciò che si è vissuto. È un mondo insidiato non dal revisionismo o dal negazionismo ma dall’indifferenza. Ci sono nuovi venti di intolleranza e discriminazioni” ha spiegato Tessaglia.
Negli incontri con i giovani, le immagini crude non sono così efficaci, così come parlare di sei milioni di morti. Bisogna dare un volto alle vittime, raccontare storie di persone che avevano la loro vita. La Shoah è anche la storia di chi è sopravvissuto, dei resistenti. Ad esempio, in Israele si commemora il 19 aprile 1943, il giorno dell’insurrezione del ghetto di Varsavia. “Anche oggi molte persone sono discriminate, uccise e torturate. Illuminando la vita dei giovani si deve illuminare la Shoah. Se aiuteremo i giovani a meditare su quanto è avvenuto, qualcosa per il mondo lo avremo fatto” ha concluso Tessaglia.
Anche Mariano Santaniello ha ricordato che serve un nuovo modo di fare memoria. “Prima dell’Olocausto sono avvenuti altri genocidi e massacri: ricordiamo gli armeni, le popolazioni indigene dell’America del Sud e gli Indiani d’America. Il male è insito nell’uomo. I giovani devono sviluppare una coscienza critica. La memoria è uno strumento di cittadinanza”. Il presidente dell’Isral ha illustrato anche la graphic novel Sette pietre, una storia di fantasia disegnata da Lele Gastini con i testi di Giorgio Annone e la consulenza storica dell’Isral, che ricorda le sette pietre di inciampo ad Alessandria. Si tratta di un modo per ricordare i 27 deportati dalla città.
Giorgio dell’Arti, in dialogo con Maria Grazia Caldirola, ha parlato del suo libro. Non è stata semplicemente la “marcia su Roma” ma la presa di potere da parte di Mussolini: un processo durato tre anni, quasi partendo da zero. Il giorno in cui vennero fondati i Fasci di combattimento, nella sede milanese dell’Alleanza industriale e commerciale di piazza San Sepolcro, c’era un centinaio di persone ma tre anni dopo, dietro i 25 mila della marcia, i seguaci del duce erano più di 250 mila.
Giorgio Dell’Arti ha scritto un dialogo tra un signore immaginario che finge di non saper nulla e un interlocutore che finge di sapere tutto.
“Hitler non è sbocciato all’improvviso nel 1933, già nell’800 i partiti facevano propaganda con l’antisemitismo e lui ha raccolto i frutti su un terreno fertilissimo. Anche la marcia su Roma è un fatto che va capito storicamente. Il mio libro inizia dall’unità d’Italia. Il fascismo è una piccola pausa dal punto di vista temporale, ma tutto inizia nei sessant’anni precedenti” ha spiegato Dell’Arti.
Cosa succedeva in quegli anni? Gli Stati Uniti erano già una potenza mondiale, in Russia c’erano i comunisti i quali influenzavano il partito socialista italiano che aveva vinto le le elezioni nel 1919 e nel 1921. In particolare nel ’19 sembrava che la rivoluzione fosse vicina.
Per Dell’Arti, Mussolini è stato un grande giornalista e tattico ma un pessimo stratega. Quando ha avuto in mano l’Avanti, il giornale non è più stato l’organo del partito socialista ma suo.
Quando è scoppiata la prima guerra mondiale, c’è stato un dibattito violentissimo sull’intervento dell’Italia e a fianco di chi. La Camera era neutralista, il re interventista. Il partito socialista prese una posizione antinterventista, Mussolini dapprima fu d’accordo, poi con un ragionamento politicamente efficace, sostenne che bisognava intervenire a fianco di Inghilterra e Francia. Per questo venne espulso dal partito. Nacque poi il suo giornale, il Popolo d’Italia.
“La vittoria del fascismo è figlia della guerra. Il partito socialista perseguitava chi aveva fatto combattuto. Dopo le sofferenza del 15-18, milioni di giovani soldati si vedono considerati come dei nemici e ciò ha contribuito a spostarli dalla parte di Mussolini – ha spiegato Dell’Arti – È stata una vittoria mutilata perché il presidente americano non ha dato la Dalmazia all’Italia e per il trattamento riservato ai reduci nelle città”.
Dopo le elezioni del 1919, i governi avevano maggioranze parlamentari debolissime e la violenza dei fascisti si scatena. Dal ’19 al ’21 ci fu una impressionante escalation delle aggressioni fasciste, con l’assalto alle Case del popolo e uccisioni. I consigli comunali eletti dai socialisti furono costretti a dimettersi ma i prefetti volevano far rispettare le regole. Il governo cedette perché era debole. Il partito fascista pareva l’unico modo per fermare l’arrivo dei bolscevichi in Italia. La violenza fascista era circondata da consenso. Aumentarono le adesioni e le sottoscrizioni. Mussolini non prese il potere contro l’opinione generale. I fascisti entrarono in Parlamento con le elezioni del 1921 con soli 35 deputati, ma erano molti forti nel paese.
Come alternativa alla marcia su Roma, Mussolini chiedeva di fare nuove elezioni perché il Parlamento non rispecchiava più la situazioni reale. Il re non capì la situazione. Alla marcia su Roma erano pochi e con i fucili da caccia. L’esercito regolare li avrebbero fermati se fosse stato proclamato lo stato d’assedio. Mussolini alzò le sue pretese quando capì che non sarebbe stato fatto. Il re aveva creduto che erano presenti 80 mila persone, ma erano 25 mila. Rifiutò lo stato d’assedio anche perché non voleva una guerra civile che in realtà era in corso da tre anni.
Qui potete rivedere l’incontro