“Le scuole hanno il dovere di portare avanti la memoria. Ancora oggi ci sono violenze e discriminazioni nei confronti di chi è considerato ‘diverso’”. Così Stefano Piana, uno degli studenti che hanno seguito gli incontri nelle scuole superiori, ha ricordato l’importanza della memoria. “La storia si ripete ma sotto altre spoglie, ai tempi della Shoah c’erano le marce della morte, oggi ci sono i viaggi della morte attraverso il Mediterraneo, una volta erano i kapò, oggi sono gli scafisti e i ‘caporali’ che sfruttano i braccianti” ha detto Riccardo Maggi, l’altro studente presente alla serata organizzata anche quest’anno dall’Associazione Cultura e Sviluppo in occasione della Giornata della Memoria sul tema della Shoah.
Agostino Pietrasanta, referente del progetto presentato alle scuole, ha ricordato che il Giorno della Memoria coincide con l’entrata dell’Armata Rossa ad Auschwitz il 27 gennaio 1945, ma la liberazione dai campi di sterminio era iniziata già dal luglio dell’anno precedente. Nel ricordo dei militari russi, anche molti anni dopo, rimase l’orrore di ciò che videro, scheletri viventi insieme ai cadaveri. Un’infermiera della Croce Rossa ricordava le terribile condizioni igieniche e di salute che portavano alla morte dei prigionieri ancora mesi dopo. “Uomini deprivati dell’umanità” è ciò che dicevano i soldati americani arrivati a Buchenwald ad aprile 1945.
I prigionieri continuavano a morire per il deperimento fisico, per la paura che impediva loro di farsi curare: le flebo ricordavano le iniezioni mortali, le docce evocavano le camere a gas, e persino il trasporto nei campi profughi faceva loro paura perché faceva tornare alla mente la deportazione. I tedeschi, alla notizia dell’arrivo dell’Armata Rossa, dal 19 gennaio costrinsero i prigionieri a lasciare i campi per non essere trovati, ma molti morirono per strada a causa del freddo e degli stenti.
Il professor Pietrasanta ha ricordato che dopo la guerra, per alcuni anni, si è dimenticata la specificità ebraica della Shoah. Anche per il legame americano con la Germania Ovest, era difficile ricordare che quel paese aveva perseguitato gli Ebrei. “È fondamentale una legge per il Giorno della Memoria ma serve soprattutto formazione, ed è per questo che noi andiamo nelle scuole”.
Don Stefano Tessaglia, docente di Storia della Chiesa, ha parlato dei processi di Norimberga contro i nazisti. Fu una scelta quella di celebrarli nella città simbolo del potere nazista, dove tra l’altro il tribunale era rimasto intatto nonostante i bombardamenti.
Fu istituito il Tribunale internazionale militare. La decisione di fare il processo fu presa già prima della fine della guerra. Gli Stati uniti in particolare dovevano giustificare la morte di 400 mila soldati fuori dalla loro terra. Tessaglia ha ricordato che si levarono anche voci contro la legittimità del processo perché si sosteneva che non si poteva imputare di un crimine che non esisteva nell’ordinamento tedesco. Il processo si avviò comunque perché si ritenne che le convenzioni internazionali sui crimini di guerra fossero valide anche se non ratificate dalla Germania.
I capi d’accusa furono cospirazione per crimini contro la pace, guerra di aggressione, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, quest’ultimo un nuovo reato. Il processo e la raccolta delle prove, con tremila tonnellate di carte, fotografie e riprese video, sono stati importanti anche per la comprensione della “soluzione finale” prevista dai nazisti.
Oltre ai gerarchi, 24 nel primo processo, furono imputati anche i medici per le pratiche di eutanasia su persone ritenute “indegne alla vita” e gli esperimenti senza consenso sui prigionieri. Tutti si ritenevano innocenti. Molti degli imputati erano morti o fuggiti all’estero. Il primo processo con 24 accusati si concluse con 12 condanne a morte, 3 ergastoli, 4 pene intermedie, 3 assolti e uno ritenuto colpevole nel ’47. Vennero processate anche le organizzazioni, quali le SS e le camicie brune.
Antonella Ferraris, responsabile della sezione didattica dell’Isral., ha parlato di come la memoria è diventata di pubblico dominio. La memoria è una costruzione che nasce nella comunità, e pur essendo soggettiva può essere condivisa. In una prima fare si verificò la negazione o la rimozione individuale e collettiva. Nacquero anche versioni riduzioniste e giustificazioniste, fino alla teoria del complotto secondo la quale la Shoah era un’invenzione per giustificare la nascita di Israele. D’altra parte ci fu anche una sacralizzazione della Shoah, considerata il cardine della storia del Novecento.
Si è sempre parlato poco del contributo degl italiani alla Shoah. Ferrraris ha ricordato i delatori, che denunciavano la presenza di ebrei e che quasi mai sono stati identificati, e coloro che consegnavano le persone ai tedeschi. Rimuovere dalla coscienza collettiva nazionale il fatto che gli italiani non sono stati solo i “buoni” è un compito che bisogna ancora fare.
“Dobbiamo combattere l’indifferenza, il peccato più grande che trasforma il prossimo in avversario e e nemico” ha concluso la professoressa Ferraris.
Nella seconda parte è stato ricordato don Giampero Armano, mancato nel 2018, colui che ha creato le iniziative nella scuole ad Alessandria. La professoressa Rita Rossa ha presentato il libro A casa di Zaccheo: omelie e percorsi della Benedicta. I proventi ricavati dalla vendita serviranno per sostenere progetti per i bambini palestinesi.
A conclusione della serata il concerto dei Suoni Ribelli.Rags of light / Frammenti di luce. Poesie e canzoni di Leonard Cohen è un recital – tributo a uno dei più importanti cantautori del ‘900. Interpreti Mimma Caldirola (voce), Enzo Macrì (voce e regia), Carlo Ronco (tastiere e voce), Dino Porcu (chitarra e armonica) e Otello Vanni (chitarra e voce).