
RINVIATO – Il dolore vulvare: invisibilità culturale e riconoscimento
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Il dolore vulvare colpisce una donna su sette, eppure resta culturalmente invisibile, spesso normalizzato o addirittura negato. Come si costruisce questa mancanza di riconoscimento? Quali sono le conseguenze della trascuratezza culturale sulla salute e sul benessere delle persone? A partire da un’ampia ricerca etnografica e da iniziative di public engagement, Federica Manfredi porterà il pubblico a riflettere sulla necessità di ridefinire il vocabolario della sofferenza, mettendo in discussione i pregiudizi che modellano le percezioni del dolore vulvare. L’appuntamento è per giovedì 13 marzo alle 18 (è raccomandata la prenotazione del posto tramite il form in fondo alla pagina).
Attraverso un approccio sperimentale e creativo, la ricerca di Manfredi esplora il divario tra esperienza vissuta e conoscenza medica, evidenziando come la scarsa attenzione biomedica a queste sindromi croniche porti a criteri diagnostici insufficienti e protocolli terapeutici carenti. Patologie come la vulvodinia, ad esempio, restano escluse dai curricula medici, lasciando i professionisti della salute impreparati ad affrontarle. Cosa significa vivere con un dolore non riconosciuto? Quali strumenti possiamo adottare per dare voce a queste esperienze e promuovere un cambiamento culturale? L’incontro sarà l’occasione per approfondire le fasi e i risultati della ricerca, nonché le strategie per una maggiore sensibilizzazione e costruzione di un significato culturale condiviso attorno alla salute vulvare.
Federica Manfredi è ricercatrice post-dottorato presso l’Università di Torino nel progetto Dare Voce al Dolore, co-finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e diretto dalla professoressa Ferrero Camoletto. È curatrice della mostra itinerante Il Dolore Vulvare. Arte. Scienza. Resistenza e project manager di V-Days – Vulvar Dialogues about Youth and Sexuality, iniziativa dell’Università di Torino che coinvolge studenti e cittadinanza nella co-costruzione di strumenti di sensibilizzazione culturale. Ha conseguito il dottorato in Antropologia Medica presso l’Università di Lisbona, dove ha esplorato le sospensioni europee e le modifiche corporee non terapeutiche attraverso metodologie qualitative sperimentali.
