Un regista che ha iniziato nel 1967 ed è ancora attivo con opere sempre attese, premiate, discusse, amate: non sono molti gli autori con un percorso così ampio. E tra un film e l’altro non passano mai più di 2 anni. Il cinema di Ken Loach non si può confondere con altri autori, secondo Giorgio Simonelli, che ha ricordato l’importanza dell’autore inglese nel panorama cinematografico internazionale alla presentazione del libro di Giorgio Barberis e Roberto Lasagna.
Ken Loach. Il cinema come lotta e testimonianza (edizioni Falsopiano, 2024) nasce anzitutto dalla volontà di analizzare il cinema di uno tra i più amati e premiati cineasti europei, ponendo l’accento sulla valenza politica della sua ricchissima filmografia, sul rigore etico del suo lavoro artistico e sulla coerenza di tutta la sua produzione, che comprende capolavori indimenticabili. Questo testo propone inoltre la scelta originale di mettere in dialogo due persone dal percorso professionale e umano molto diversificato, fondendo sensibilità e metodologie di lavoro differenti, ma capaci di fondersi in modo equilibrato e stimolante per il lettore. Giorgio Barberis è professore ordinario di Storia del pensiero politico e direttore del Dipartimento Digspes dell’Università del Piemonte Orientale, Roberto Lasagna è psicologo, saggista e critico cinematografico.
Simonelli, già professore universitario di Teoria e tecniche del linguaggio giornalistico, ha ricordato che il cinema di Loach nasce dalla televisione. “Ha maneggiato cinema e televisione con la stessa abilità. Loach non smette di fare televisione, anche quando diventa un grande regista. È il continuatore di una grande epoca cinematografica: dagli anni 60 in Europa c’è stata una grande innovazione basata su libertà, novità e originalità, ad esempio la nouvelle vague e il free cinema. Il suo cinema parla degli ultimi, degli emarginati e dei grandi contrasti sociali, è singolare, fortemente militante, schierato, divisivo. Ma l’empatia che suscita e la capacità di costruire i personaggi superano le divisioni che un cinema così radicale potrebbe creare”.
“Nel libro scriviamo del risveglio della passione e della coscienza politica che si ritrova sempre in questo regista. È l’ultima luce di un cinema moderno – ha spiegato Lasagna – Loach ha portato la passione per il teatro nell’esperienza televisiva, con telefilm realizzati in diretta e attori non professionisti sui temi reali e sociali. I personaggi sono a volte idealizzati, a volte in preda alla disperazione. Quello di Loach è un cinema molto realista, egli sente il bisogno di essere dalla parte degli ultimi. I suoi film hanno avuto un grande successo nei festival. I film per la tv sono invece praticamente sconosciuti”.
La parte storica è stata curata da Giorgio Barberis. “Nei film di Loach emerge l’empatia, Per me il film più devastante è Ladybird Ladybird. In alcuni film c’è un aspetto disperante, in altri c’è una possibilità di riscatto e una speranza che passa dalla solidarietà e dal collettivo. Loach rappresenta il fallimento sociale, politico ed economico del modello proposto dal primo ministro Margaret Thatcher e l’impatto che il post fordismo che ha avuto sulla vita sociale e economica degli individui. Un esempio è il film Paul, Mick e gli altri”.
Gli autori del libro hanno spiegato come quello di Ken Loach sia il cinema della trasparenza e dell’autenticità. C’è una partecipazione vera per le sorti dei personaggi. Negli anni 90 diventa l’autore che mette in scena i problemi del mondo del lavoro, che in Paul, Mick e gli altri diventano una tragedia. In Sorry we missed you, Loach scrive un dramma sociale che muova la coscienza dello spettatore. Il regista inglese sa raccontare i sentimenti e i rapporti tra le persone. Grazie a lui riscopriamo il free cinema.