“L’inflazione è un fenomeno fortemente percepito ma poco compreso anche tra gli studiosi. Dal 2021 è ricomparsa violentemente ma era fuori dai radar delle banche centrali e degli economisti da quasi 35 anni. L’inflazione genera forte preoccupazione tra la gente, più del coronavirus, della criminalità e della povertà”. Tommaso Monacelli, professore ordinario di Economia all’Università Bocconi, ha presentato il suo libro Il prezzo delle mele. L’inflazione oltre i pregiudizi e i luoghi comuni (Egea, 2024) dialogando con il professor Francesco Guala, ordinario di Economia politica all’Università Statale di Milano e presidente dell’Associazione Cultura e Sviluppo.
Capiamo veramente l’inflazione? Supponiamo che il tasso di interesse sul conto corrente sia dell’1 per cento e che l’inflazione sia al 2 per cento. Dopo un anno, saremo in grado di acquistare più o meno beni o la stessa quantità di prima? In Italia il 40 per cento delle risposte è errato o “non sa”. Succede anche per temi come le tasse, la disoccupazione o le pensioni. “Se l’inflazione è più alta della remunerazione del conto corrente, acquisteremo meno beni. L’inflazione è il tasso di variazione del livello dei prezzi e indica la velocità con cui esso si muove nel tempo” ha spiegato Monacelli.
L’inflazione è una tassa redistributiva che erode il potere d’acquisto, piace a chi è debitore ma non chi è creditore. Lo Stato è il principale debitore nell’economia, il settore privato è il creditore che gli presta soldi. Quindi allo Stato l’inflazione piace perché abbatte il valore reale del debito. Il professore ha spiegato come con un aumento inatteso del 10 per cento del livello dei prezzi, le famiglie perderebbero in media 810 euro (3,5 per cento del Pil) mentre il settore pubblico guadagnerebbe il 10 per cento Pil.
L’inflazione è da intendere anche come tassa regressiva. Se l’inflazione cresce, aumentano molto i prezzi dell’energia e dei beni alimentari che hanno un peso rilevante nel paniere di consumo delle famiglie a reddito medio basso perché consumano poco di altre cose, come i viaggi o i beni di lusso.
“L’inflazione spesso è percepita in modo distorto. La gente è soggetta a una distorsione cognitiva: prestiamo infatti più attenzione ai prezzi dei beni acquistati con più frequenza. Abbiamo pertanto un tasso di inflazione ‘personale’” ha ricordato Monacelli.
La quantità di moneta circolante è una causa dell’inflazione. Creare moneta è a costo zero. Allora perché non lanciamo banconote dagli elicotteri? La grande quantità di moneta genererebbe un forte incremento del livelli dei prezzi provocando inflazione. La moneta pertanto è una determinante dell’inflazione. In realtà non c’è una relazione stabile tra tasso di crescita della moneta e inflazione se non nel lungo-periodo. Nel breve periodo i prezzi sono rigidi. I motori dell’inflazione sono il costo del lavoro, scaricato dalle imprese con maggiori prezzi, e le aspettative.
Il salario è definito al tavolo della contrattazione salariale: se ci si aspetta inflazione, si chiederà una retribuzione più elevata per proteggerla dall’erosione derivante dall’aumento del costo della vita. L’incremento salariale porterà ad un costo del lavoro più elevato per le imprese, quindi prezzi maggiori e inflazione. Le banche centrali sono ossessionate dalle aspettative di inflazione e devono orientare le aspettative degli agenti economici e anticipare molto le aspettative future.
È poco noto che inflazione stabile deriva da una cooperazione virtuosa tra politica monetaria e fiscale. Se la credibilità della politica fiscale diminuisce, potrebbe diventare sempre più difficile per l’autorità monetaria stabilizzare l’inflazione. Si crea un circolo vizioso: se l’autorità monetaria aumenta il tasso di interesse in risposta all’aumento dei prezzi, l’economia entra in recessione, peggiorando il rapporto tra debito e Pil. Anche le banche centrali indipendenti possono essere “sopraffatte” da autorità di politica fiscale irresponsabili.
L’inflazione nasce anche dal conflitto redistributivo tra lavoratori e imprese. Uno shock come la pandemia ha dato una fiammata all’inflazione. Le imprese vogliono allora aumentare i prezzi senza aumentare i salari. I lavoratori vogliono invece aumentare i salari senza che i prezzi si incrementino. Il risultato è una spirale che non accontenta nessuno.
Se la Banca centrale cerca di frenare l’inflazione facendo rallentare l’economia, i prezzi scendono. Ma in questo modo si genera recessione, ed è il peggior equilibrio. Esiste un migliore equilibrio cooperativo, la cosiddetta politica dei redditi, ma è difficile da attuare. Le imprese e i sindacati si mettono d’accordo per non fare troppe rivendicazioni e le imprese si impegnano a non aumentare troppo i prezzi.
Cosa si può fare per riportare i prezzi sotto controllo? Con un evento mondiale come la pandemia sono state adottate misure macroeconomiche mai viste. Gli advisor di Donald Trump hanno suggerito di versare denaro nei conti correnti. In Italia è stato fatto per le imprese per evitare che fallissero. L’immissione di moneta ci consente di acquistare più beni solo se i prezzi non aumentano. Grandi quantità di denaro che “piovono dal cielo” tendono ad andare in autocombustione, bruciate dall’inflazione. Negli Stati Uniti è stata creata moneta dal nulla, accreditando 1600 dollari a ogni individuo. Il motore della moneta genera inflazione.
In periodo covid il risparmio è aumentato perché non c’era possibilità di spendere. Passata la pandemia, le famiglie avevano più moneta a disposizione. Ciò ha provocato l’espansione della capacità di domanda dei beni. Non era mai successo che l’economia mondiale si fosse fermata per poi riprendersi tutta contemporaneamente. L’eccesso di domanda ha fatto partire l’inflazione.
Anche con il calo dei prezzi dell’energia, l’inflazione non si è riassorbita perché si è messo in moto il motore dell’aspettativa dell’inflazione. Le banche centrali controllano la quantità di moneta: non deve crescere troppo rapidamente altrimenti accende il motore dell’inflazione. Ma la moneta in circolazione serve per scambiare. Serve un’operazione a cavallo tra arte e scienza, ovvero tenere sotto controllo le aspettative di inflazione.