“È la storia di una famiglia di imprenditori: in un’epoca di commerci e imprese artigiane, chi sapeva cogliere le occasioni faceva fortuna. I fratelli Giunti si sono messi a stampare libri”. Il professor Alessandro Barbero, storico, saggista e scrittore, è stato ospite dell’ultimo appuntamento della stagione dei Giovedì Culturali per presentare Inventare i libri, in dialogo con Maria Grazia Caldirola.

Siamo nella Firenze dei Medici, intorno al 1427 il governo cittadino decide di istituire un catasto per far pagare le tasse. La gente doveva pagare secondo i suoi mezzi, non in base al redditto ma solo al patrimonio. Nel 1427 i cittadini devono presentarsi in Comune e dichiarare famiglia, casa e altre proprietà. Tutti questi documenti sono stati conservati e da allora sempre aggiornati. Individuato qualcuno, si può seguire la sua storia e così ha fatto il professor Barbero con la famiglia Giunti, in particolare per i fratelli Filippo e Lucantonio.

Era una famiglia di povera gente che abita in periferia, fa piccolo commercio, tesse in casa. Sopravvive discretamente e compra casa. Filippo è apprendista in bottega dal Pollaiolo, pittore e orefice. Tra oreficeria e arte della stampa c’è un legame perché bisogna saper creare i caratteri per poi stampare il testo. L’altro fratello va a Venezia da un cartolaio. Tutti sono iscritti alle corporazioni. I cartolai, ad esempio, sono in quella dei medici, ricchi e influenti ma pochi, insieme agli speziali, i quali vendono anche i coloranti usati dai pittori, e anche questi ultimi sono iscritti. I cartolai vendono pergamena e carta, bianca e scritta, libri manoscritti e libri stampati.

“Il libro è stato inventato nella tarda antichità, una volta c’erano solo i rotoli di papiro ed è stato così per secoli – ha spiegato Barbero – poi si inventa il codice che si sfoglia e ha la copertina. Del libro stampato si possono avere migliaia di copie, a prezzo molto inferiore al manoscritto. Inizialmente i caratteri erano uguali a quelli scritti a mano, a fine Quattrocento diventano simili a quelli attuali”.

Aldo Manunzio inventa anche i libri tascabili e li promuove tra i principi a Venezia. A Firenze lo fa invece Filippo Giunti. Venezia e Firenze sono stati i centri europei propulsori dell’economia dal Duecento al Cinquecento. Si stampano anche oroscopi, almanacchi, profezie, consigli contro la peste e libri di preghiere, non solo libri colti.

Lucantonio a Venezia scopre il filone redditizio: i soldi veri si fanno con i libri per la Chiesa, la più grande e potente multinazionale dell’epoca. Il clero era numerosissimo e ricco. Servono messali, antifonari, libri sulle vite dei santi e di canti religiosi, anche su pergamena. “Mentre Filippo a Firenze si circonda di umanisti, Lucantonio a Venezia diventa straricco”.

Quando un libraio stampa un libro nuovo, la concorrenza lo compra e inizia a stamparlo. Chiunque può farlo a meno di ottenere un editto dal governo che vieti la concorrenza, peraltro valido solo nel territorio di competenza. Solo il Papa può fare una proibizione più generale. Così nasce il copyright.

Alessandro Barbero ha parlato anche di censura. La Chiesa si è sempre chiesta qual è la verita e quali sono le teorie sbagliate che non devono circolare: stabilisce dogmi e chi la pensa diversamente è un eretico. La maggioranza deve trovarsi d’accordo su cosa insegnare e se qualcuno sostiene il contrario, la Chiesa dice che sbaglia. Il libro era un oggetto raro e per tutto il Medioevo non si andava a cercare tutte le copie per distruggerle. Quando poi i libri si sono diffusi è nato l’indice dei libri proibiti. I fedeli non dovevano leggerli. Ad esempio la Bibbia in volgare era considerata pericolosa, dal Cinquecento la Chiesa vieta di possederla.

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