Alcune tematiche in Italia fanno fatica a trovare il proprio spazio e il riconoscimento che già in molti altri Paesi è stato ottenuto, sia a livello di opinione pubblica sia, soprattutto, a livello politico. È il caso dei diritti civili per le coppie omosessuali, vero e proprio tabù che spesso nemmeno la sinistra italiana è riuscita a sostenere in maniera chiara e risoluta. Questo il tema della serata organizzata dall’Associazione Cultura e Sviluppo in occasione della presentazione del libro La vera storia dei miei capelli bianchi. Quarant’anni di vita e di diritti negati di Paola Concia, parlamentare del Partito Democratico, presente in sala e accompagnata da Daniele Viotti, volontario dell’Associazione “Quore” e portavoce della campagna “Vorrei ma non posso”, a favore del matrimonio omosessuale.

“Il libro di Paola è un testo stimolante, aperto, estremamente attuale e parla di una storia vera” ha esordito Viotti nella presentazione. Un libro che racconta la vita tra alti e bassi di una donna omosessuale italiana, ma che può parlare tranquillamente ad un pubblico anche eterosessuale. Quest’ultimo viene così posto di fronte alle fasi dell’esistenza e alle vicissitudini che chi ama persone dello stesso sesso subisce nel corso della sua vita. Tutto questo con un linguaggio estremamente semplice e colloquiale, diretto alla mente e al cuore.

“Ho veramente scelto il momento peggiore per scrivere un libro sui miei capelli bianchi. In un periodo di rottamazione equivale a tirarsi la zappa sui piedi” scherza la Concia all’inizio del suo intervento. Un libro scritto a quattro mani con la giornalista e amica Maria Teresa Meli nell’arco di ben due anni, attraverso conversazioni, pianti, risate e liti. Perché pubblicare questa autobiografia è stato come svelare e offrire a tutti le memorie di un percorso faticoso e doloroso verso l’affermazione del proprio essere. Si tratta della storia di una ragazza che ha soffocato la sua natura per poi liberarsi e vivere una vita naturale. È quindi in primo luogo un libro scritto per tutti i ragazzi e le ragazze, un monito perché non opprimano e schiaccino se stessi. È anche un romanzo di educazione sentimentale diretto agli eterosessuali, perché spesso il pregiudizio e l’intolleranza provengono dall’ignoranza e dalla non conoscenza dell’altro. I patimenti, le ansie, le gioie, i dolori, le preoccupazioni, le aspirazioni sono esattamente le stesse per tutti, dunque la chiave è capire che, pur nelle differenze, non si è poi così diversi. La Concia ha voluto veramente prendere per mano il lettore all’interno di un mondo, compiendo un gesto anche di divulgazione non colta, ma semplice e concreta.

È un libro che, attraverso le vicende della parlamentare, parla anche della famiglia italiana, di com’era e com’è. Una famiglia che si è evoluta e che in molte circostanze è stata capace di aprire le orecchie verso il cambiamento e adeguarsi progressivamente, pur non senza difficoltà. Anche in questo aspetto dunque, secondo la Concia, sta ancora una volta la distanza fra il Paese e il Palazzo. Se da un lato l’istituzione famigliare ha saputo trasformarsi, non fissarsi in stereotipi o modelli precostituiti e anzi accogliere nuove forme di progettualità dell’amore, dall’altra le istituzioni politiche non sono riuscite ad essere altrettanto flessibili, fornendo risposte e soluzioni. Vuol dire che spesso gli italiani sono molto più avanti della loro classe dirigente, incapace di interpretare e dunque governare il cambiamento.

Questo rende l’Italia un Paese in ritardo rispetto alle battaglie di civiltà e per i diritti civili. Negli ultimi vent’anni sono stati fatti passi indietro, negandoci il progresso che su questo tema avremmo potuto raggiungere. La sinistra italiana in particolare ha avuto in passato un atteggiamento di comodo relativamente a questo tema, facendosi forte del fatto di essere l’unica corrente politica che poteva portare avanti tali istanze. Le battaglie e le promesse infatti non si sono mai concretizzate e questo in generale per una mancanza di coraggio, anche da parte dei più radicali. Allo stesso tempo però, puntualizza la Concia, siamo arrivati ad un punto di non ritorno e non ci si potrà sedere ancora a lungo sugli allori. Nonostante tutto, infatti, alcuni passi sono stati fatti. Se fino a qualche anno fa il dibattito si configurava in un riconoscimento o meno di un istituto giuridico per le coppie omosessuali, oggi invece si discute su quale istituto sia meglio (quello matrimoniale o quello delle unioni civili).

Alla base di tutto questo c’è un problema di cultura politica di fondo. La grande sfida di una sinistra che vuole tornare a governare sta nel mettere su uno stesso piano diritti sociali e civili. Il progresso di un Paese non è determinato solo dalle scelte compiute a livello economico e finanziario, ma anche dal grado di civiltà che raggiunto attraverso le scelte e gli indirizzi della politica. Un’equazione che molti altri stati europei, anche guidati da conservatori, hanno capito.

Gli italiani sono anche pronti ad accettare cambiamenti, come dimostrano le indagini Istat del marzo 2012. È altrettanto ovvio però che l’atteggiamento dell’opinione pubblica è in gran parte condizionato dal modo in cui le questioni vengono poste sul tavolo. Se la strategia è quella di comunicare e far ragionare nell’ambito di un terreno comune, allora anche questa istanza verrà compresa. Nella sostanza, infatti, si parla di persone che si amano e vogliono prendersi un impegno come coppia di fronte alla società ed è difficile che in questi termini si possano trovare forti resistenze.

Il partito non riesce sempre a vedere la questione con tale semplicità, anche se la cosiddetta naturalità della famiglia si sbriciola di fronte a noi ogni anno che passa. Non esiste cioè una famiglia naturale, ma è anzi naturale che la famiglia cambi e si adatti ai tempi, come già è avvenuto per tante grandi conquiste passate. Nemmeno la Costituzione pone dei vincoli, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale (nel testo costituente si parla solo di “coniugi”), quindi la risposta deve essere veramente ricercata e raggiunta a livello politico, sulla strada di un riconoscimento che sarà innanzitutto di uguaglianza, ma anche di umanità, di civiltà e di democrazia.

A cura di G. Guglielmi