I nostri Giovedì culturali proseguono con un ospite di fama internazionale, il professor Maurizio Viroli, tra i politologi più noti e apprezzati, già consulente del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e docente presso numerosi Atenei, in particolare negli Stati Uniti d’America.

Insigne studioso di Machiavelli (da sottolineare quest’anno il cinquecentesimo anniversario della pubblicazione del Principe), e del repubblicanesimo, Viroli negli ultimi anni ha approfondito in particolare il tema della necessità di riscoprire, o imparare, il mestiere di cittadini quale necessario requisito per vivere e prosperare in libertà, la vera libertà che, per Viroli, è solo quella del cittadino.
Durante la discussione e il dibattito si rifletterà su questi temi, della necessità di riscoprire fino in fondo il valore e la bellezza dei doveri civili e dell’importanza di riportare al centro del dibattito politico la questione dell’educazione alla cittadinanza quale strumento per poter sperare in una rinascita civile del nostro Paese. Vi invitiamo dunque

Giovedì 24 ottobre 2013

ORE 19.00 – 22.30

(con pausa buffet alle ore 20.30)

alla conferenza dal titolo

Libertà politica e coscienza civile

Nostro ospite sarà

Maurizio Viroli

Professore emerito di Politics presso la Princeton University, di Comunicazione politica all’Università della Svizzera italiana e di Teorie del governo presso l’University of Texas di Austin; direttore del Master in Civic Education di Ethica.

Tra i maggiori studiosi di Machiavelli, è autore di numerosi volumi, tutti tradotti in molte lingue

Introduce e modera Nicola Mandirola dell’associazione Alessandria VentiVenti

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Sintesi

Negli ultimi decenni il concetto di narcisismo ha acquisito una sempre maggiore centralità e fortuna. Lo statunitense Christopher Lasch fu il primo a parlarne nel 1979 con il suo libro “La cultura del narcisismo”, un’opera nella quale si concentravano le disillusioni derivanti dal fallimento del movimento sessantottino. Oggi il concetto assume ulteriori sfumature e tendenze che dipendono dalla società in cui viviamo.

Il professor Mauro Fornaro ha introdotto il tema, soffermandosi in particolare sulle accezioni psicologiche del termine narcisismo. Esso fu adottato più di un secolo fa per definire la patologia sessuale del soggetto che trae godimento dalla contemplazione del proprio corpo (con riferimento al mito di Narciso). Ben presto poi il concetto ha abbracciato anche un’idea più estesa di oggetto contemplato, comprendendo anche quelle qualità intellettuali e morali che vanno oltre al corpo del soggetto. Si è arrivati così a parlare di disturbo narcisistico della personalità, patologia riguardante tutta la persona nel rapporto con se stesso e con gli altri. Gli individui che ne soffrono hanno un’esagerata autostima, un’immagine grandiosa di sé e una scarsa capacità empatica. Tali caratteristiche si riscontrano spesso in personalità di successo (manager, politici, ecc…). L’alta autostima, unita ad una certa indifferenza verso il prossimo e spesso ad una buona dose di carisma, agevola l’ascesa a ruoli di leadership di questi individui. Queste qualità permettono loro, inoltre, di avere un folto numero di seguaci che identificano nel leader narcisista il proprio ideale umano. Ciò crea dei pericolosi circoli viziosi di consenso acritico cui segue la progressiva astrazione dalla realtà dell’individuo narcisista.

Accanto a questa forma “forte” ne è stata poi individuata una debole, definita “narcisismo fragile”, quella che si va più diffondendo nella nostra epoca. Essa dipende molto dal moderno assetto familiare: il rovesciamento della piramide generazionale, che ha condotto dal modello della famiglia patriarcale a quello nucleare, comporta in molti casi un’eccessiva proiezione delle aspettative familiari sui figli. Quest’ultimi crescono dunque con un’immagine di sé un po’ gonfiata: una gioventù fragile e spavalda, per usare la definizione di Gustavo Charmet. L’insoddisfazione di se stessi porta ad un ripiegamento individualistico, con conseguente crisi dei valori forti e col tentativo di trovare compensazione nel possesso di quei beni di consumo che possono apparentemente e facilmente fornire un’immagine soddisfacente della propria persona.

Secondo il professor Cesareo, il tema si può allargare dal campo della psicologia a quello della sociologia, tenendo conto della crescente necessità che vi sia un concorso di discipline su argomenti significativi. Nella nostra realtà possiamo cogliere una contraddizione di fondo: da una parte abbiamo una crisi di identità del mondo occidentale, con una sfiducia ed un senso di impotenza verso il futuro; dall’altra osserviamo nelle persone una sorta di onnipotenza, derivata dall’impressione di avere un’illimitata libertà di azione. Mai come oggi, cioè, siamo liberi e l’Occidente è la terra dell’autorealizzazione. A questo corrisponde una forte domanda di soggettività nei giovani e negli adulti: il narcisismo, quindi, è anche un fenomeno sociale.

Il narcisismo si è diffuso enormemente grazie a precisi fattori strutturali e culturali:

  • la crescita della frammentazione sociale, ovvero la pluricollocazione dell’individuo in diversi gruppi di appartenenza, che implicano valori e modelli di comportamento differenziati e la perdita di un unico e saldo centro di riferimento esistenziale;
  • il passaggio dalla cultura del lavoro a quella del consumo, che ha alimentato il culto per il piacere ed una regressione al narcisismo infantile;
  • l’incertezza sul futuro, dovuta al venir meno dell’idea di un progresso con andamento lineare. È difficile avere una progettualità in una società che non fornisce elementi per vedere in che direzione sta andando. L’incertezza sul futuro favorisce il ripiegamento degli individui sul presente;
  • l’indebolimento dei processi di socializzazione, con un ridimensionamento dei ruoli genitoriali. Padre e madre sono sempre meno in grado di porsi come modelli adulti di riferimento e vacillano tra la ipo e la iperprotettività. Il venir meno della funzione patriarcale da una parte accresce la sensazione di libertà, ma dall’altra produce angoscia di fronte al vuoto di autorità;
  • il relativismo valoriale, che riduce i valori a mere opinioni;
  • l’iperindividualismo, che dagli anni ’70 ad oggi ha sancito la supremazia dell’individuo sulla società.

Il narcisismo può avere così effetti a tutti i livelli della società: ad esempio nelle relazioni di coppia, dal momento che il narcisista è scarsamente responsabile e leale nei confronti del partner. L’unicità della diade, infatti, non rappresenta un valore e ciò è dimostrato dall’estrema liquidità delle relazioni sentimentali. Anche a livello di gruppo la limitata capacità empatica impedisce al narcisista di aprirsi agli altri; la tendenza è, piuttosto, utilizzare quest’ultimi in modo strumentale. Infine, ampliando il discorso sul piano  della società, il narcisismo tende ad erodere la sua coesione, sterilizzando i rapporti sociali ed indebolendo i vincoli e le appartenenze. I concetti di bene comune, responsabilità, comunità non fanno parte del dizionario del narcisista. Si tratta di una sorta di processo verso la privatizzazione, da intendersi come perdita di quel valore simbolico del legame sociale che permette all’individuo di spingersi oltre al piccolo recinto dei propri interessi. La crisi della dimensione simbolica fa venir meno quella capacità di astrazione che permette alle persone di acquisire il punto di vista dell’altro, di mettersi nei panni dell’altro, meccanismo che si trova alla base di qualsiasi civile convivenza.

A cura di G. Guglielmi