In questi tempi di pandemia lo spazio per altre notizie è quasi nullo. Tra le poche eccezioni, il triste annuncio della morte improvvisa di Gianni Mura (a Senigallia, a causa di un arresto cardiaco), giornalista straordinario e generoso, come ha ben scritto Emanuela Audisio nel commosso ricordo del compagno di redazione: un mirabile “raccontatore” – egli stesso si definiva così – che, «dallo sport al cibo, dava i voti cercando sempre di capire. Memoria strepitosa, cantante per passione, spirito libero». Ci mancherà moltissimo. Le sue impareggiabili cronache dal Tour de France [bello e sincero il pensiero di una nostra collega: “certo, ci voleva Gianni Mura a farmi leggere di ciclismo”], le sue recensioni mai scontate, i suoi “cattivi pensieri”, i suoi giochi di parole e il suo modo così originale di raccontare lo sport (e non solo) mancheranno a tutti i suoi lettori.
Bene ha scritto Gigi Garanzini su «La Stampa»: «Caro Gianni, finiranno anche questi giorni maledetti e troveremo il posto e il modo di ricordarti tutti insieme. Noi senzabrera, uno dei tuoi tanti fior di conio, da oggi anche senzamura»

Noi di Cultura e Sviluppo abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo e conoscerlo quando lo ospitammo in Associazione un paio di anni fa. Protagonista di uno dei nostri Giovedì culturali (il 5 aprile 2018), a presentare un suo piccolo ma prezioso libro dal titolo curioso, Confesso che ho stonato. Un testo pieno di cultura, di citazioni e di ricordi. Un viaggio fantastico, dall’elogio della fisarmonica ai legami tra calcio e musica, all’omaggio agli artisti che lo hanno appassionato ed emozionato nel corso degli anni. Il giusto spazio dedicato anche all’antico dibattito su poesia e canzone, tornato alla ribalta con il premio Nobel a Bob Dylan, e prima ancora con quello a Dario Fo. «La canzone non è sorella minore né maggiore della poesia. Fa parte, allo stesso titolo, dei tesori di una lingua», aveva scritto e ci aveva ricordato anche quella sera, nel fare il riassunto di un mezzo secolo di canzoni italiane e internazionali. Citando l’amatissimo Sergio Endrigo, Edith Piaf, Jacques Brel – ma anche Ataualpa Yupanqui e Ivan della Mea. E naturalmente Jannacci, con Beppe Viola tra gli amici più cari. Un omaggio affettuoso, emozionato e forse un po’ malinconico a un mondo che egli temeva di non avere diritto a frequentare a pieno titolo… Il suo racconto, infatti, terminò con il giudizio gentile ma impietoso di Giovanna Marini sulle sue qualità canore: invece di definirlo brutalmente “stonato”, gli disse: “Hai un tuo modo particolare di cantare. Diatonico. Piacerebbe a Luigi Nono”.

Ci divertimmo molto ad ascoltarlo. e a fine serata, non proprio prestissimo, diciamo, la ricerca di un ristorante di qualità aperto in città, e la cena abbondante e gioiosa che volle offrirci lui, nostro ospite. Non era mai capitato prima, per dire, né è capitato dopo.
Doveva tornare nella prossima stagione dei Giovedì culturali.
Non ne ha avuto il tempo.
Rimarrà il rimpianto, ma siamo felici di averlo incontrato.

Per ricordare Gianni Mura nel modo migliore, riproponiamo di seguito il bellissimo ritratto che ne ha fatto Michele Serra in un articolo pubblicato sul quotidiano «La Repubblica» di domenica 22 marzo 2020, il giorno dopo la morte.
Ringraziamo di cuore l’autore per averci concesso di pubblicare il testo.