“Noi siamo sempre stati presenti nella Striscia di Gaza, abbiamo favorito il dialogo con i nostri progetti sull’istruzione”: queste le parole di Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, durante l’incontro di PopolX a Cultura e Sviluppo. Ma qual è il ruolo di questa organizzazione e come è nata? Unicef è stata creata nel 1946 dalle Nazioni Unite per aiutare i bambini dell’Europa devastata dalla Seconda Guerra Mondiale e non solo i bambini di Africa e Asia come molti credono. La missione è quella di portare sostegno in zone di emergenza (guerre, calamità naturali) e che presentano problematiche strutturali (fame, povertà, mancanza d’acqua o crisi ambientali). Il territorio di azione è vastissimo: Unicef è presente in ben 195 paesi e ha ristabilito degli uffici permanenti in Europa a causa dell’emergenza migratoria.

Qual è la situazione dei bambini nel mondo? Attualmente si vive la crisi più grave per l’infanzia dal 1946, con un aumento drammatico di bambini in zone di conflitto e a rischio climatico. Andrea Iacomini sottolinea che “I numeri, più che mai dal 1946 ad oggi secondo i nostri ultimi report, ci dicono che viviamo in un’epoca difficilissima”. I dati sono allarmanti, ci sono 500 milioni di bambini che vivono in zone di conflitto in 59 paesi, 1 miliardo di bambini in 33 paesi a rischio climatico, 5 milioni di bambini malnutriti in più ogni anno e 33 mila violazioni verificate contro oltre 22 mila bambini, migliaia di bambini uccisi e feriti a Gaza e in Ucraina (dati 2023).

Esistono figure di riferimento che possano essere definite “eroi”? Sicuramente Papa Francesco viene identificato come uno dei pochi “eroi contemporanei” che mettono al centro le tematiche legate all’infanzia, così come Malala Yousafzai. Durante l’ultimo summit in Vaticano, è stata richiamata la Convenzione del 1989, riportando al centro del dibattito i diritti dei bambini. Il Papa ha messo in evidenza il popolo Rohingya, identificato come uno dei più dimenticati al mondo, sottolineando come sia necessario insegnare ai ragazzi la collaborazione e non la divisione.

Per quanto riguarda la Striscia di Gaza, come ha agito e sta agendo Unicef ? L’organizzazione non ha mai abbandonato la Striscia, fornendo supporto psicologico, istruzione, acqua e cibo anche prima del recente conflitto. Le azioni svolte vanno dalla distribuzione di aiuti al ricongiungimento familiare, dall’allestimento di spazi sicuri per i bambini alle campagne di vaccinazione. Uno dei punti chiave è aiutare i bambini ad affrontare il trauma generato dal conflitto. “Il trauma unisce tutti i bambini dei conflitti ed è il problema più grande di tutti. Il problema dei bambini-soldato non riguarda solo chi è armato, ma anche chi collabora come cuoco, messaggero o spia. Noi cerchiamo di portare normalità attraverso spazi educativi e ludici”.

Qual è l’esperienza di Unicef in Ucraina? “I bambini ucraini passano in media sei ore al giorno sottoterra a causa dei bombardamenti. Durante un’attività in una scuola, tutti i bambini hanno scritto la parola ‘dormire’ nel disegno della loro mano, evidenziando il desiderio di un riposo sicuro” ha detto Iacomini.

Ma oltre a questi due conflitti di cui si parla spesso, ci sono aree in guerra di cui molte volte ci si dimentica. “Un conflitto e un’emergenza non finiscono quando i media non ne parlano più. “Ne sono esempi i territori di Sudan, Sud Sudan, Yemen, Afghanistan, Congo, Haiti e Libia. Dopo l’abbandono dei media la situazione è peggiorata e questo, probabilmente succederà anche a Gaza”.

Alle guerre si aggiunge il problema del cambiamento climatico, il cui impatto sui bambini è devastante. Più di un miliardo di bambini sono a rischio e si contano 100 morti ogni giorno in Asia Orientale e nel Pacifico a causa dell’inquinamento. Abbiamo necessità di un movimento globale per il clima e di iniziative come la campagna “Cambiamo Aria”.

Come è cambiato il modo di comunicare con le persone? La comunicazione è importante oggi e lo dimostra l’evoluzione che ha avuto quella di Unicef: dalle prime immagini crude di bambini sofferenti (come il Biafra) è passata a immagini che mostrano l’azione e il cambiamento positivo. La scelta è di rappresentare il dolore e la sofferenza in maniera più umana e meno drammatica, evitando di essere eccessivamente di impatto con lo scopo di evitare anche un’eccessiva sovraesposizione dei bambini. Nonostante il ruolo dei social network e l’apertura alle pubblicazioni di immagini forti e drammatiche, l’Unicef continua ad avere una politica rigida sulla rappresentazione dei bambini.

In conclusione, dall’intervento di Andrea Iacomini traspare una necessità urgente di impegno globale per la protezione dei diritti dell’infanzia non solo nelle aree di cui sentiamo parlare tutti i giorni ma anche in quelle zone ormai “dimenticate”.