“Se siamo insieme, è ovvio che ci stai.”
“Non ha detto di no, quindi…”
Quante volte si sentono frasi simili, soprattutto tra i più giovani? Dietro a queste convinzioni si nasconde spesso una scarsa comprensione del consenso. Che cosa vuol dire davvero questa parola?
Parlare di consenso non significa solo “chiedere il permesso”. Significa costruire relazioni sane, rispettose, in cui ogni persona possa sentirsi libera di dire sì o no, senza pressioni. In questo articolo, proviamo a fare un po’ di chiarezza e capire perché è un tema così importante da affrontare presto, spesso e insieme.
Cosa pensano i giovani italiani sul consenso?
Secondo l’indagine “Gli adolescenti e la sessualità” (condotta da Ipsos per Save the Children a dicembre 2024 e pubblicata nel febbraio 2025), il 90% degli adolescenti sa che è fondamentale chiedere sempre il consenso prima di un rapporto sessuale, anche all’interno di una relazione. Ma la teoria non sempre si traduce nella pratica.
- Il 48% degli adolescenti pensa che in una relazione sia difficile dire di no se il partner vuole fare sesso.
- Il 36% ritiene che, in una coppia, sia scontato che l’altro sia sempre d’accordo ad avere rapporti.
- Questa idea è più comune tra i ragazzi: 42% dei maschi contro 36% delle femmine.
Questi numeri ci dicono una cosa chiara: c’è ancora tanta confusione. Conoscere il concetto di consenso non basta, se non lo si riesce a mettere in pratica nella vita quotidiana.
Stereotipi e sensi di colpa: quando il consenso viene frainteso
Un altro dato preoccupante riguarda gli stereotipi.
Molti giovani ancora credono che:
- Se una ragazza non vuole fare sesso, saprà come sottrarsi (43%).
- Il modo di vestire o comportarsi di una ragazza può provocare la violenza sessuale (29%).
- Se una ragazza non dice esplicitamente “no”, allora vuol dire che ci sta (24%).
Questi pensieri riflettono una cultura che, ancora oggi, tende a colpevolizzare le vittime. Cambiare prospettiva è fondamentale, e parte da un’educazione affettiva e sessuale che aiuti a riconoscere e rispettare i propri confini e quelli altrui.
È importante anche mettere in discussione i ruoli di genere, che spesso – in modo esplicito o sottile – spingono i ragazzi a essere sempre attivi, desiderosi, pronti a “fare”, e le ragazze a essere controllate, attente e concentrate sui desideri degli altri.
Educare al consenso: un percorso che inizia presto
L’educazione al consenso non può iniziare solo nell’adolescenza, perché fin dall’infanzia trasmettiamo messaggi ed esempi che contribuiscono a costruirne il significato. Già nei primi anni di vita possiamo aiutare bambine e bambini a capire che:
- hanno il diritto di dire “no” se qualcosa li fa sentire a disagio;
- il loro corpo è solo loro, e nessuno può toccarlo senza il loro permesso;
- anche gli altri meritano lo stesso rispetto.
È necessario che famiglie, scuole e comunità collaborino per creare un ambiente dove il rispetto reciproco sia la base, e dove si possa parlare liberamente di emozioni, corpo, confini. Se il consenso resta solo un concetto teorico, non può diventare parte della vita di tutti i giorni.
Relazioni tossiche e dipendenza affettiva
Non riuscire a dire di no può anche dipendere da alcune dinamiche tipiche delle relazioni tossiche: gelosia costante, controllo o isolamento dagli amici. Questi non sono segni d’amore, ma di possesso.
Molti giovani non riescono a riconoscere queste red flags e restano in relazioni che li fanno sentire insicuri, colpevoli, o come se dovessero “meritarsi” l’amore dell’altro. Spesso l’incapacità di porre confini sani è legata a forme di dipendenza affettiva, in cui la propria autostima dipende interamente dall’altro.
Educare al consenso significa anche insegnare il diritto a stare bene da soli, a scegliere con chi stare – e soprattutto, come.
Il ruolo della comunità
Il consenso non è solo un affare tra due persone: riguarda tutti noi. Famiglie, insegnanti, educatori, associazioni sono chiamati a:
- Parlare di educazione affettiva e sessuale in modo chiaro e non giudicante.
- Creare spazi sicuri dove i giovani possano confrontarsi.
- Imparare a riconoscere segnali di disagio.
- Contrastare la cultura del controllo, anche online.
In conclusione: relazioni più sane, più libere, più rispettose
Parlare di consenso non significa solo evitare situazioni di violenza. Significa promuovere un modo diverso di vivere le relazioni: più consapevole, più autentico, più rispettoso.
Attraverso progetti come ALI2 e il lavoro di chi ogni giorno si impegna in questo campo, possiamo davvero cambiare le cose. Partendo dall’ascolto, dalla fiducia, dal rispetto. Perché tutti, tutte, tuttə, abbiamo diritto a relazioni che ci facciano stare bene.