Che ruolo ha la storia intesa come memoria? Chi sono gli europei? Esistono come categoria sociologica, politica e culturale o l’Europa è una unione basata solo su parametri economici? Sono alcune delle domande poste al professor Guido Crainz, già professore ordinario di Storia contemporanea all’Università di Teramo, nell’incontro inserito nel progetto Ega – Europe in the Global Age. Identity, ecological and digital challenges, realizzato dal 2020 nell’ambito del programma Erasmus + Jean Monnet Modules.
Lo studioso è autore di numerose pubblicazioni, l’ultima delle quali, Ombre d’Europa. Nazionalismi, memorie e usi pubblici della storia (Donzelli, 2022), è stata presentata nell’incontro in dialogo con Stefano Quirico, professore associato di Storia delle dottrine politiche, responsabile del progetto Ega – Europe in the Global Age, e Giorgio Barberis, professore ordinario di Storia delle Dottrine Politiche, entrambi del Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell’Università del Piemonte Orientale.
Qual è lo stato di salute dell’Europa e perché ci sono ombre su di essa? “I nazionalismi iniziano con Jean-Marie Le Pen, non con Orban o Haider. La fase espansiva dell’Occidente è terminata, iniziano a esserci anche i perdenti – ha spiegato il professor Crainz – quando alcuni Stati europei decisero di mettere in comune carbone e acciaio, ci fu una cessione di sovranità. Nuove guerre erano impossibili e impensabili. Ci sono però dei Paesi che hanno avuto una sovranità sottratta dall’Unione Sovietica. Una volta che l’hanno riottenuta non sono più molto disponibili a cederla. Dobbiamo capire i nazionalismi per combatterli. Paesi che non hanno avuto vere esperienze di democrazia corrono pericoli di nazionalismo, populismo e ascesa dell’uomo forte”.
Crainz ha ricordato che l’allargamento dell’Unione europea si è basato sull’imposizione della legislazione comunitaria a nuovi Stati. La liberalizzazione selvaggia, inoltre, ha distrutto garanzie esistenti in quei Paesi e ha creato una disoccupazione di massa. “Gli operai sono stati le prime vittime della libertà conquistata. Nell’Europa occidentale il ritorno della democrazia si è unito al rafforzamento del welfare, nell’Est è avvenuto il contrario. Su questo ha fatto presa la demagogia dei populisti”.
Come ha detto Stefano Quirico, ci sono abitudini e aspettative dei popoli europei e processi di riconciliazioni ma le divisioni rimangono anche se rielaborate. “L’Unione europea di oggi è il prodotto storico-politico-istituzionale della ricerca di un percorso condiviso. Esistono punti di vista diversi sull’Europa e bisogna tenerne conto per le decisioni strategiche. Ad esempio, sul futuro dell’Ucraina, c’è una via tecnica, l’Europa differenziata. Si tratta di ripensare una struttura a livelli diversi affinché l’Ucraina e altri Paesi che sono già nell’Unione possano trovare una collocazione adeguata rispetto all’impegno che possono garantire. Serve comunque un ragionamento più profondo sulla possibilità che i cittadini possano sentirsi veramente europei, condizione distinta dai popoli nazionali a cui apparteniamo. In un contesto di ritorno dei nazionalismi, è dunque possibile pensare a un popolo europeo?”.
“Esistono differenti memorie d’Europa. La memoria condivisa è una contraddizione in termini perché la memoria è soggettiva. Bisogna ricordare con l’aiuto delle memorie altrui e costruire una sensibilità alle memoria degli altri.– ha risposto Guido Crainz – Nel 2005 la bocciatura della Costituzione europea coi referendum in Francia e in Olanda è stata il primo grave campanello d’allarme. È fondamentale pertanto investire in una cultura europea”.
Dal Trattato di Maastricht in poi, il peso si è spostato dal Parlamento e dalla Commissione, che sono sovranazionali, al Consiglio europeo che è invece un luogo di mediazione governativa dove i governi vanno a tutelare i loro interessi. “È per questo che la costruzione culturale è un elemento centrale” ha concluso il professore.