“Per il futuro è necessaria una visione forte e integrata tra economia, società e ambiente per cambiare il modello di sviluppo che ha consentito al mondo dal secondo dopoguerra di avere ricchezza, istruzione e salute ma che ormai è insostenibile sul piano ambientale”: Enrico Giovannini ha introdotto così l’incontro dedicato alla sostenibilità che si è tenuto a Cultura e Sviluppo in collaborazione con la Cisl di Alessandria, rappresentata dal segretario provinciale Marco Ciani che ha moderato l’incontro.
Giovannini è economista e statistico, già chief statistician dell’Ocse dal 2001 all’agosto 2009, presidente dell’Istat dall’agosto 2009 all’aprile 2013, ministro del Lavoro e delle politiche sociali del Governo Letta, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili del Governo Draghi, professore ordinario di statistica economica all’Università di Roma Tor Vergata, docente di Public management presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Luiss e membro di numerosi board di fondazioni e di organizzazioni nazionali e internazionali. Dal 2016 al 2021 è stato portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, di cui ora è direttore scientifico. “Il Pil non può crescere indefinitamente in un mondo finito. Secondo le ultime stime dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, ndr) raggiungeremo un aumento di 1,5 gradi nel 2034, considerato il limite sostenibile ma in Europa, e ancor più in Italia, avremo un aumento maggiore – ha spiegato Giovannini – l’unico goal su cui si fanno progressi (tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile – Sustainable Development Goals, ndr) è quello dell’economia circolare. Peggiorano invece gli ecosistemi terrestri e marini, crescono le disuguaglianze tra nord e sud e tra ricchi e poveri. Migliora la condizione di parità tra uomo e donna, l’educazione fa passi avanti ma non si raggiungono gli obiettivi sperati. La crisi causata dal covid e quella energetica ci hanno fatto perdere quattro anni di progressi sulla lotta alla povertà”.
L’Unione europea è il luogo più sostenibile al mondo e la lotta alla vulnerabilità e l’aumento della resilienza sono al centro delle politiche europee. Le imprese che hanno scelte questo paradigma hanno vista aumentare il fatturato e l’occupazione. Chi non investe sulla transizione digitale e arranca e chiede alla politica di rinviare le scadenze. “Ma i risparmiatori scelgono imprese più sostenibili. È importante valutare tutta la filiera, ad esempio i trasporti dei prodotti. Dobbiamo diegnare politiche economiche, finanziarie e sociali per accompagnare le imprese e proteggere i lavoratori. Le opportunità ci sono per chi le sa cogliere” ha detto il professor Giovannini.
Gianluca Gramegna, head of Environmental, Social, & Governance di Erg, ha illustrato la scelta dell’azienda, avvenuta quasi vent’anni fa, di abbandonare i combustibili fossili per dedicarsi alle fonti rinnovabili: “Si devono ridurre impatti ambientali e sociali. Il primo ha sempre una ricaduta sociale. La sostenibilità ha ricadute attuali e future. Erg dal 1938 faceva raffinazione di petrolio, dal 2006 si decide di investire nelle energie rinovabili eoliche e dal 2013 esce definitivamente dalla raffinazione scommetendo tutto il capitale sul settore rinnnovabile”.
Giuseppe Gallo, presidente della Fondazione Tarantelli, ha spiegato come non si possa fare una rivoluzione senza la partecipazione delle persone. “Passare dal Pil, alla sostenibilità economica, sociale, ambientale e istituzionale è una rivoluzione culturale. Il metodo di governo diventa decisivo. Il nostro modello di sviluppo è a un capolinea storico. Gli accordi internazionali di Parigi sul clima sono faticosi, politicamente impegnativi ma non giuridicamente vincolanti. Anche il Documento di Economioa e Finanza dovrebbe incorporare elementi del benessere equo e sostenibile
ma non c’è un riferimento specifico. La sostenibilità dovrebbe far parte delle strategie economiche del paese. Vince chi ha lungimiranza, capacità di anticipazione del futuro e coraggio di realizzarlo”.
Gallo ha parlato anche di un modello di governo aziendale che coinvolga i lavoratori nell’organizzazione e nell’innovazione del lavoro. “Con la collaborazione tra operaio e ingegnere, la produttività aumenta fino al 20 per cento. La Cisl lo ha sempre sostenuto, è l’alternativa all’antagonismo di classe. L’impresa è un manufatto ontologicamente sociale e la sostenibilità è anche intesa come partecipazione al governo d’impresa”.
Sull’economia circolare, Giovannini ha ricordato che “servono tecnologia, cambio della cultura in termine di consumi e di produzione. Spesso la sostenibilità era integrata nella comunicazione. Per una economia il più possibile circolare, l’ecodesign deve progettare prodotti che possano essere riutilizzati. La sostenibilità crea più occupazione, non è decrescita come alcuni sostengono”.
Anche Gramegna di Erg ha detto che serve ristudiare la governance: “Sappiamo che il modello economico attuale non è più sostenibile. Gli investimenti su nuove tecnologie, con un impatto sempre più ridotto sull’ambiente e sulla società, sono opportunità per tutti e chi rimane indietro deve essere aiutato. La tecnologia è abilitante, riduce gli impatti e crea nuovi posti di lavoro”.
Per Gallo “la distinzione tra finanza ed economia reale è grottesca. La finanza determina il modello di sviluppo. Se le crisi finanziaria genera recessione, la finanza non è una sovrastruttura residuale”.