Quello dell’amianto è un problema che ci tocca da vicino. Nella nostra provincia la città di Casale Monferrato vive da decenni questo dramma, salito alla ribalta delle cronache anche grazie al recente processo torinese contro i proprietari dell’azienda Eternit che ha dato avvio a una serie di reazioni a catena in tutto il mondo.
La prima a prendere la parola è Silvana Mossano, giornalista casalese che ha raccolto il materiale e l’esperienza di lunghi anni di lavoro nel libro Malapolvere. Sembra impossibile che ancora oggi non si comprendano gli effetti nefasti di una fibra così sottile. Da oltre vent’anni la giornalista scriveva di amianto, ma le colonne di un giornale non bastavano più. Da qui l’esigenza di scrivere un libro, di raccogliere storie vere ed identificabili che concorressero allo smontaggio dei numeri e delle statistiche, strumenti sicuramente utili ma forse meno efficaci dal punto di vista del coinvolgimento e dell’interessamento della gente. L’obiettivo era spezzettare questi numeri in unità, perché ogni unità è una storia dolorosa che merita attenzione e rispetto.
La sua battaglia contro l’amianto iniziò nel 1984, quando un gruppo di medici dell’ospedale di Casale la contattò per informarla dei preoccupanti dati sull’incidenza del mesotelioma in città. Fu allora la prima volta che l’amianto e la malattia furono messi così direttamente in correlazione: non che prima non si sapesse, ma lo si riteneva un problema circoscritto ai lavoratori dell’Eternit. Al contrario l’inquinamento si estendeva anche al di fuori della fabbrica e si cominciò seriamente ad avere paura, capendo che si trattava di un problema che interessava l’intera cittadinanza.
Purtroppo la cura al mesotelioma, che può avere tempi di incubazione lunghissimi (fino a 30 anni), non è stata ancora trovata. Tuttavia negli ultimi anni sono stati compiuti molti sforzi, in particolare in tre direzioni: la giustizia, le bonifiche e la ricerca. Per quanto riguarda il primo punto, quello di Torino non è stato il primo processo sul tema. Già nel 1993 a Casale si tennero dei processi contro manager dell’azienda, ma stavolta ad essere imputati sono stati i diretti proprietari. Inoltre in passato mancava un team di personalità e professionalità profondamente competenti e preparate sul tema, vera e propria carta vincente invece nel caso del processo torinese. Ad emergere è stata tutta quella documentazione confidenziale, quel carteggio aziendale riservato da cui traspare la consapevolezza della pericolosità del materiale e in cui viene pianificata una vera e propria strategia della mistificazione, una propaganda al contrario per tutelare gli interessi economici a discapito della salute delle persone. Dal punto di vista delle bonifiche invece buona parte dei risultati è stata raggiunta e si tratta principalmente di risorse economiche. Maggiori sono quest’ultime e tanto più l’azione di bonifica sarà efficace ed estesa, anche perché l’amianto è ovunque, non solo a Casale, proprio come si è potuto drammaticamente constatare, per esempio, in seguito al terremoto in Emilia Romagna. Infine il campo della ricerca, che necessita anch’esso indubbiamente di risorse, ma soprattutto di idee che la sostengano e la promuovano. In passato è mancato anche il coordinamento di esperienze che avrebbero potuto dare più numerosi frutti, ma è a questo che oggi, anche a livello politico, si sta cercando di trovare una soluzione: la creazione di una rete di specialisti, medici e ricercatori che possano condividere risultati e progressi.
Il giornalista Giampiero Rossi si è avvicinato invece al tema dell’amianto quasi per caso. Quando si trovò per la prima volta a Casale Monferrato si accorse di aver di fronte una vera e propria epopea, una storia di ingiustizie e sofferenza che durava da decenni, sconosciuta ai più. I suoi due libri sull’argomento parlano di vite interrotte e tragicamente spezzate. Immagini semplici, ma potenti ed evocative, che raccontano di una piccola cittadina piemontese, ma che in realtà parlano a tutti indistintamente.
Anche per questo quello di Torino è stato chiamato il processo del secolo. È un processo simbolo, come quello di Norimberga, durante il quale sono emersi fatti spaventosi e la strategia di insabbiamento da parte dei vertici Eternit, con i tentativi continui di spegnere le contestazioni e limitare il passaggio delle informazioni sulla sicurezza e la prevenzione. Dalle carte Eternit si è saputo delle violente reazioni interne alla fabbrica in seguito a misure di sicurezza adottate in altri Paesi europei, come Norvegia e Regno Unito. Si è saputo delle cosiddette “antenne”, persone incaricate di girare per la città di Casale e fare da spie rispetto eventuali segnali di contestazione. La testimonianza di un alto dirigente dell’azienda ha spiegato un picco di produzione e vendite negli anni ’80 correlandole con le necessità di materiali per la ricostruzione in seguito al terremoto dell’Irpinia.
Il processo ha dunque stabilito che i due proprietari della fabbrica, il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier, sono stati attivamente responsabili di questa carrellata di orrori (i capi di imputazione erano “disastro ambientale doloso e permanente” e “omissione dolosa di misure di sicurezza”). La sentenza ha causato una serie di reazioni a catena in tutto il mondo e l’Italia è diventata un modello positivo da seguire, così come la comunità di Casale Monferrato, che ha saputo collettivizzare il dolore per trasformarlo in speranza di cambiamento.
Ultimo relatore della serata il professor Benedetto Terracini, epidemiologo, tra i primi scienziati a studiare l’epidemia dei tumori legati all’amianto. Sono circa 800 i nuovi casi di mesotelioma ogni anno in Italia e complessivamente 2000 i morti. Un problema è che solo una parte di questi casi richiede che sia riconosciuta la malattia professionale. Tuttavia, dal punto di vista della statistiche, l’Italia è all’avanguardia essendo l’unico Paese ad avere un registro nazionale dei mesoteliomi (con la sola eccezione del Molise e della provincia di Bolzano).
A Casale sono ogni anno circa 55 i nuovi casi. Per ogni malato ex operaio Eternit ve ne sono nove che sono invece semplici cittadini, a dimostrazione del fatto che l’inquinamento della fibra interessava l’intera città e non la sola fabbrica.
La ricerca è prioritaria, ma anche la bonifica è importantissima così come il trovare tecniche sempre più efficaci per la rimozione dell’amianto. Trenta milioni le tonnellate di materiali contenenti amianto in Italia. Si tratta di un problema grosso e il tema dello smaltimento è dunque tanto importante quanto quella della cura del mesotelioma.
Infine, conclude Terracini, la responsabilità non può essere solo degli esperti, ma di tutta la società civile, che deve essere sensibile ai segnali di fenomeni negativi e adoperarsi al più presto per cambiare direzione, prendendo parte a una rivoluzione della mentalità, più attenta al benessere di oggi e delle future generazioni.
A cura di G. Guglielmi