Federalismo e federalismi: un tema sempre attuale, tanto in una prospettiva nazionale, quanto nella più vasta dimensione europea. Il raccordo fra gli aspetti teorici, le elaborazioni e i risvolti pratici di questo concetto viene efficacemente raggiunto dal professor Corrado Malandrino nel suo ultimo libro, “Democrazia e federalismo nell’Italia unita” (Claudiana, 2012), come fa notare in apertura di serata Giorgio Barberis.
“Un vero e proprio saggio-pamphlet quello di Malandrino, uno scritto agile e scorrevole in cui l’autore entra anche per dare giudizi e fare considerazioni su quello che è uno dei grandi temi del nostro tempo” ha affermato il professor Francesco Tuccari, a cui è spettato il compito di presentare alla platea di ascoltatori il libro. Nel volume confluiscono le considerazioni elaborate in lunghi anni di studio su diversi fronti di ricerca: l’approfondimento del concetto di federalismo, della storia europea e recentemente di quella nazionale (in particolare il periodo risorgimentale), ma anche l’analisi del pensiero dei grandi teorici della politica e lo sguardo alle recenti evoluzioni ed involuzioni degli assetti democratici. Proprio dalla constatazione di una crisi delle democrazie si muove il libro per offrire una soluzione, quella di un federalismo “beninteso”.
Il punto di partenza della trattazione è la definizione chiara di un concetto, come quello del federalismo, che si è prestato nel corso del tempo ad interpretazioni diverse e contrastanti. Si tratta infatti di un modello di organizzazione che possiede numerose sfumature e che presenta, oltre alle tradizionali forme, anche versioni integrali, che vogliono cioè dare espressione completa alle spinte provenienti dalla società e dai gruppi da cui essa è composta. In questo senso sarebbe un’ottima via per superare l’atomismo che caratterizza le società contemporanee, ricostituendo quella dimensione comunitaria della vita che il mondo moderno tende a dissolvere e disintegrare.
La prima e più significativa incarnazione del federalismo è da riconoscersi nella costituzione statunitense del 1787-89, quel testo cioè che, seppur con l’aggiunta di emendamenti, non ha perso l’idea di un’organizzazione in cui le sovranità si limitano l’una con l’altra. Se pensiamo che quella costituzione entra in vigore quando ancora non ha avuto luogo la Rivoluzione Francese e l’Europa è guidata da sovrani assoluti, ci possiamo rendere conto della straordinarietà di questa impresa politica. La federazione, a differenza della confederazione, prevede che vi sia una rinuncia alla sovranità da parte degli stati membri, a favore dell’unione, su alcune grandi materie di interesse comune. Si crea così una sovranità divisa, che rende possibile organizzare la politica senza cadere nel rischio della concentrazione dei poteri. Il grande modello storico statunitense, come traspare dalle pagine del libro di Malandrino, risulta oggi di attuazione alquanto improbabile, soprattutto in relazione al dibattito che da sempre ha caratterizzato la nostra penisola: la tendenza, fin dal primo Ottocento, è stata quella della demonizzazione, in relazione a una proposta politica che sembrava minacciare la tenuta unitaria del Paese.
Di fronte dunque alla perdita di presa sulla realtà dei sistemi democratici, ormai quasi incapaci di fornire soluzioni ai problemi dei cittadini, la strada da intraprendere sarebbe quella di un federalismo maturo, lontano dalle semplificazioni di certe correnti politiche.
“Questo libro – spiega il professor Malandrino – deriva da un personale e acuto senso di insoddisfazione. Insoddisfazione non solo per come veniva usato il concetto di federalismo in relazione al discorso dell’unità nazionale, ma anche per la volontà di distorsione di questi temi”. Il problema è che ognuno ha sempre parlato di federalismo considerandolo secondo una propria definizione e dunque traendone conseguenze discordanti. L’intento è dunque stato quello di mettere ordine e chiarezza sull’argomento.
Nel nostro Paese il pensiero federalista ha una lunga tradizione: già a fine Settecento si parlava, seppur in ambiti molto ristretti, di questo modello politico sulla scorta dell’esperienza statunitense. La teorizzazione ovviamente continua nel secolo successivo, quando in molti ipotizzano percorsi di nascita e di organizzazione della nuova Italia unita (Gioberti, Cattaneo). Ciò che molti non sanno è che la maggior parte dei nostri patrioti del Risorgimento pensava all’unità nazionale non come a un processo che si esauriva in se stesso, ma che necessariamente doveva completarsi al più ampio livello europeo. È proprio sulla scia di questa visione che si colloca poi il pensiero novecentesco di Spinelli, Rosselli ed Einaudi.
In Italia il problema è che ci siamo fermati, senza proseguire sulla strada delle riforme e lasciando che i problemi si ingigantissero. Allo stesso tempo l’Unione Europea, senza una chiara svolta federalista, soffre di un chiaro deficit democratico. In assenza di un soggetto pienamente legittimato a prendere decisioni, nello specifico la federazione, su molte questioni critiche si resterà sempre in balìa delle scelte calate dall’alto da parte degli Stati più forti. Una democrazia sovranazionale è possibile, attraverso il modello federale, ma deve esserci la volontà di farla. Ciò non significa che devono scomparire gli Stati nazionali, ma semplicemente che bisognerebbe costruire un sistema di organizzazioni su più livelli, fra le quali quelle federali incaricate di dare risposta non a tutti i problemi, ma a quelli più grandi e che coinvolgono tutti.
L’idea vincente potrebbe essere quella di un federalismo “comunicativo”. Il popolo europeo non potrà essere per sua natura culturale o pre-politico, ma semplicemente federale. Ciò significa che si costituirà in quanto soggetto solo nel momento in cui si dovrà decidere su alcuni grandi problemi (la moneta, la finanza e fiscalità europea, la politica estera e la difesa, ecc…). Insomma, si parla di quelle questioni che si pongono a livello continentale e che necessitano di un’organizzazione funzionale capace di portare avanti determinate strategie politiche. Per mettere in atto tutto ciò c’è bisogno di un salto di immaginazione, una volontà di superare i vecchi modelli e i municipalismi, per permettere la costituzione di una democrazia di tipo nuovo, che possa offrire più efficacemente risposte ai cittadini.
A cura di G. Guglielmi