“Il mio libro nasce da una riflessione sull’autocensura: grazie ai social siamo diventati tutti produttori di contenuti ma è nata la censura dal basso causata dalla paura che qualcosa possa farci perdere follower e simpatie. I social rischiano di diventare un posto molto tossico invece bisogna essere meno schiavi dell’indignazione e puntare più alla complessità e allo scambio di riflessioni”: Francesco Oggiano, digital journalist, uno dei volti e soci di Will Italia, curatore di Digital Journalism, ha presentato così il suo libro, Sociability (Piemme, 2022).
Insieme a lui, Emilio Mola, uno dei giornalisti più seguiti sui social per le sue riflessioni e le analisi sui fatti di politica e di attualità nazionale, con il libro Ripartiamo dalle basi (Rizzoli, 2022) che ha detto: “Volevo dare a chi mi segue sui social il libro che avrei voluto avere quando mi sono appassionato alla politica per conoscere i concetti base necessari a seguire un dibattito politico. Credo la democrazia funzioni quando gli elettori sono informati altrimenti un politico può dirci qualsiasi cosa”.
Tra i temi trattati nel libro, Mola tiene particolarmente all’immigrazione: “Alcuni politici dicono cose false: è stato il capitolo più facile da scrivere. Ma sono legato anche al capitolo su fake news e complottismo, un cancro sottovalutato dal giornalismo e dalla politica, un modo per snaturare le democrazie. Ad esempio gli inglesi in larga maggioranza ora sono pentiti di essere usciti dall’Unione europea, ma l’uscita è stata determinata dai complottismi. Anche l’assalto al Campidoglio il 6 gennaio 2021 è stato messo in atto da gente convinta che Biden aveva truccato il voto. Trump lo ha detto ma non lo ha dimostrato”.
Oggiano ha illustrato come siamo arrivati dal capro espiatorio ai linciaggi social: “Gli ebrei avevano il capro espiatorio, curato e poi scannato per purificare la società. Nel medioevo c’era la gogna o berlina: chi era condannato per reati minori veniva messa all’incrocio più frequentato nella città per 24 ore per essere linciato. Questo oggi avviene sui social”.
Com’è cambiata la funzione del giornalista con i social? Mentre un tempo solo gli editori potevano creare un giornale, ora chiunque può fare un prodotto editoriale con pochi costi. Prima si comprava il giornale e si creava un legame con il lettore. Ora è l’informazione che va al lettore e deve cambiare il linguaggio a seconda della piattaforma su cui va a finire. “Il lettore è esposto a centinaia di notizie gratuite e deve cercare le fonti e selezionarle, un compito che prima spettava al giornalista. E l’autore delle notizie potrebbe rinunciare alla complessità per arrivare prima al lettore” ha spiegato Francesco Oggiano.
Emilio Mola ha ricordato che all’inizio del suo lavoro in un giornale cartaceo, c’era tutta la giornata per trovare, verificare e approfondire una notizia. “Per il web, appena c’è la notizia, la si deve dare. I siti pubblicano subito poi possono modificare e aggiornare. Il titolo deve creare emozione, indignazione, rabbia, paura. I sentimenti positivi creano meno engagement”.
Ma come nascono i complottismi? “È un mondo che appare bellissimo e ordinato. Ci sono i supercattivi che decidono tutto, che non dobbiamo avere le cure del cancro, che creano il coronavirus. E poi c’è chi scopre la verità e la fa conoscere agli altri” hanno spiegato i due giornalisti.
Nel dibattito con il pubblico sì è discusso della necessità di avere corsi di media literacy fin dalle scuole elementari per insegnare a informarsi, a selezionare le fonti e a coltivare il dubbio.
“Sta avvenendo un passaggio dai social media ai recommendation media. I social come Facebook e Instagram sono piattaforme in cui contano le relazioni. Tiktok invece le smantella: i contenuti sono proposti sulle basi di un algoritmo. La debolezza dei social è che relazioni non sono sempre le stesse ma cambiano col tempo. Tiktok si basa sulle passioni e si aggiorna immediatamente. I social stanno iniziando a imitare Tiktok -hanno detto Mola e Oggiano – Il pubblico di Facebook ha più voglia di discutere. Su Instagram più voglia di ascoltare e imparare e infatti vanno fortissimo i divulgatori per ché non provocano odio e fake news”.