L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno globale che trova in Italia un caso estremo, con la generazione del baby-boom che sta entrando in quiescenza lavorativa e un tasso di natalità ai minimi storici. Ma quali sono le sfide che l’invecchiamento pone alla società? Ne hanno parlato in un appuntamento organizzato da Cultura e Sviluppo in collaborazione con la Società italiana di Filosofia Analitica, Mattia Bellan, professore associato in Medicina Interna all’Università del Piemonte Orientale, Francesca Memini, filosofa, formatrice e divulgatrice scientifica, Enrico Biale, ricercatore in Filosofia Politica all’Università del Piemonte Orientale con il coordinamento di Cristina Meini, professoressa associata di Filosofia e Teoria dei Linguaggi all’Università del Piemonte Orientale e presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica.
“La nostra popolazione sta subendo un epocale cambiamento demografico – ha spiegato il professor Bellan – aumenterà la percentuale di persone che avranno più di 65 anni a discapito della fascia intermedia tra i 15 e i 64 anni. Ciò vuol dire che si intacca la fascia produttiva. In Italia c’è un problema demografico, la popolazione decresce perché il numero dei morti supera quello dei nuovi nati: 713 mila contro 393 mila nel 2022”.
Nel resto del mondo la situazione è diversa, la popolazione aumenta e si prevede che arriverà a 10 miliardi nel 2086. in Italia l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra i soggetti maggiori di 65 anni e quelli minori di 15, è pari al 179 per cento ma nel 2050 si stima che raggiungerà il 264. In Piemonte già attualmente è pari al 215 per cento. L’età media aumenta e scendono gli under 14. La speranza di vita nel 2023 è la più alta mai avuta, 82,6 anni (80,5 per gli uomini, 84,8 per le donne).
“Esiste però un gap tra la speranza di vita e la capacità di vita attiva. Bisogna quindi migliorare la la qualità e non solo la quantità di vita. Le malattie croniche riducono la vita in benessere. La fragilità non è sinonimo di cronicità, dipende solo parzialmente dall’età e aumenta la vulnerabilità di un individuo nel diventare dipendente da altri o morire” ha detto ancora Bellan. In questo contesto si muove l’Aging Project dell’Università del Piemonte Orientale, un progetto finanziato del Dipartimento di Medicina Traslazionale, nell’ambito dei cosiddetti Dipartimenti di eccellenza. L’Aging Project si propone di affrontare la sfida, scientifica e sociale dell’invecchiamento, poggiando su quattro pilastri: interdisciplinarità, traslazionalità, supporto a ricerca e didattica e coinvolgimento del territorio. Tra i risultati conseguiti l’elaborazione e la valutazione di interventi di promozione della salute attraverso interventi sugli stili di vita, lo sviluppo di modelli assistenziali finalizzati alla presa in carico delpaziente anziano, l’attività formativa di alta specializzazione, l’attività divulgativa e l’istituzione di una serie di Infrastrutture, tra cui la Biobanca. La proposta di progetto si propone di sviluppare e ulteriormente concretizzare dati, modelli assistenziali e infrastrutture oggetto della precedente progettualità, con una ottica comune: generare un impatto oggettivo sul territorio e diventare un centro di riferimento sull’aging a livello nazionale ed internazionale.
“Gli anziani sono tutti diversi, con differenze individuali e disuguaglianze tra loro – ha spiegato la dottoressa Memini – il tradizionale cut-off dei 65 anni è superato. Il processo di invecchiamento è multifattoriale e riguarda la persona in tutte le dimensioni e il contesto in cui vive. E soprattutto l’invecchiamento non è una malattia, si può invecchiare in salute”.
Oggi si parla di healthy aging, il processo di sviluppo e mantenimento delle capacità funzionali che consentono il benessere in età avanzata. Gli obiettivi vitali, ovvero le capacità funzionali che consentono a tutte le persone di essere e fare ciò che considerano importante, includono la capacità di una persona di soddisfare i propri bisogni primari, imparare, crescere e prendere decisioni, spostarsi, costruire e mantenere relazioni e contribuire alla società.
“Per tutto il corso della vita fin dall’infanzia si costruisce la riserva per vivere bene in età avanzata. Sono fondamentali fattori fisici e psicologici come l’ottimismo che hanno impatto sull’aspettativa di vita” ha detto Francesca Memini. Ma dipende solo da noi? Ci sono anche condizione che riguardano l’ambiente fisico, quali l’inquinamento e il calore, per le quali servono interventi più sistematici. Non bisogna dimenticare i determinanti digitali, ovvero le condizioni dell’ambiente digitale che influiscono su un’ampia gamma di risultati e rischi per la salute, il funzionamento e la qualità della vita: l’accesso agli strumenti tecnologici, l’alfabetizzazione digitale e le infrastrutture comunitarie come Internet a banda larga operano a livello individuale, interpersonale, comunitario e sociale.
Per uno sguardo critico al conflitto tra le generazioni è intervenuto Enrico Biale. Nell’ambito del progetto Age-it, l’invecchiamento è uno dei temi ed è affrontato in maniera interdisciplinare. Ci sono demografi e filosofi che si occupano delle sfide politico-sociali. “L’invecchiamento è un fenomeno globale e si sta sempre più velocizzando. La Cina, ad esempio, era giovane e ricca negli anni 90, ora è vecchia. L’Africa è continente giovane ma diventerà vecchio nel 2050”. Biale ha parlato delle distorsioni democratiche nelle società che invecchiano. Le democrazie sono nate pensando che vi partecipino i giovani in età produttiva. Le decisioni sono supportate da chi le ha prese, ma se ci sono squilibri tra gruppi di età saranno più orientate a una certa fascia e dovranno essere sostenute da chi è minoranza.
Ogni società presenta diverse condizioni di vita per membri di età diverse, che vivono in età diverse e differenti tra loro: ventenni e settantenni hanno problemi e opportunità diverse e i ventenni di oggi (millennial) hanno opportunità diverse rispetto ai ventenni di 50 anni fa (boomer). Esiste una eguaglianza diacronica (le diseguaglianze temporanee possono cancellarsi più avanti purché tutti abbiano nell’intero corso di vita condizioni uguali): ciò comporta di considerare accettabile mettere via più risorse per il futuro o viceversa investire più risorse nel presente a scapito del futuro a patto che non si scenda sotto una certa soglia e che tutti abbiano voce in capitolo. L’eguaglianza sincronica potrebbe portare a diseguaglianze troppo grandi nello stesso segmento di vita: sarebbe inaccettabile discriminare nel presente in cambio di subire discriminazioni in futuro o viceversa subire discriminazioni nel presente in cambio di commetterle in futuro.
“Per garantire l’uguaglianza tra generazioni possiamo lavorare sull’età, cioè essere trattati in maniera equa in tutte le fasce di età. Per disinnescare il conflitto tra generazioni occorre garantire uguaglianza tra fasce di età anche se non perfetta, come più risorse sui giovani e su chi invecchia, e uguaglianza di rispetto in modo da dare sa tutti la stessa voce” ha concluso Enrico Biale.