Una delle conferenze più partecipate e apprezzate della scorsa stagione dei Giovedì culturali è stata quella che ha visto protagonista Marc Lazar, professore di Storia e Sociologia politica a SciencesPo (Parigi) e alla Luiss (Roma). Nel suo intervento – di poco precedente il voto per il rinnovamento del parlamento europeo – il politologo francese ha proposto interessanti riflessioni sul ruolo dell’Europa (ancor più centrale oggi nella gestione dell’emergenza in corso), sulla situazione politica e sociale in Francia, tra Macron e i Gilets jaunes, e sull’Italia vista da Parigi , con uno sguardo rivolto anche alla complessa ridefinizione delle culture politiche tradizionali.

Nell’incontro dei Giovedì culturali viene approfondito il tema – di stringente attualità – del populismo e delle nuove sfide che esso pone, e si discute diffusamente anche di Europa in prossimità del voto di fine maggio, nonché della situazione politica francese e dell’Italia vista dalla Francia.
Prende la parola il professor Marc Lazar che riflette appunto sulle elezioni europee e sulle sfide populiste, ricordando anzitutto che sono passati 40 anni dal primo voto per il Parlamento europeo e sottolineando la bassa partecipazione che ha caratterizzato le ultime elezioni. Secondo il professore ci sarà una svolta importante dopo le votazioni e si parlerà di tematiche che prima incidevano poco nel dibattito pubblico, come l’ambiente, il clima e l’immigrazione. I populisti in questi contesti non vanno sovrastimati ma neanche sottovalutati. Ma cosa significa populismo? Per alcuni è una nuova forma di ideologia, meno strutturata di quelle del passato e non basata su una dottrina, per altri è un modo di fare politica, uno “stile” che si può mescolare con culture e partiti politici classici già esistenti.
Per capire il populismo dobbiamo comprendere le sue caratteristiche. Per i populisti esistono soluzioni semplici perché non ci sono problemi complessi che possano essere risolti con referendum o attraverso i social media. Un altro elemento è quello dell’incarnazione del popolo in un leader.
Essi non vogliono oppositori ma “nemici”, come la classe dirigente, o come tutti coloro che possano mettere a rischio l’idea di un popolo unito, come gli stranieri.
Il populismo – spiega Lazar – non è recente, ma nasce dalla fine dell’800, e non si limita solo ad alcuni paesi ma si estende attraverso il mondo e nel tempo. Lo troviamo, per esempio, dagli anni ’80 in Francia e anche all’11 settembre 2001, una data che ha legato la paura del terrorismo all’Islam e alla religione islamica. La nuova caratteristica che presentano i populisti è la difesa della democrazia anche quando in passato non la tolleravano, ma la verità è che sfruttano il fatto che siamo in un periodo di crisi per mutare in profondità le culture politiche tradizionali.
Il secondo cambiamento riguarda la tecnologia, che ha modificato il rapporto del popolo con la politica. In questo contesto si accetta che il populismo sia uno ma anche tanti diversi. Bisogna anche pensare che questi movimenti arriveranno a cambiare i connotati della democrazia, e da
questo fatto nasce il termine “popolocrazia” come concezione moderna del potere del popolo.
La democrazia liberale rappresentativa è in crisi perché la gente non si sente rappresentata, quindi la democrazia deve trovare il modo di ripensarsi in maniera partecipativa. La prima ragione del successo del populismo è il declino della politica e la crisi dei partiti tradizionali. I populisti si concentrano anche sulla crisi sia del modello repubblicano sia di quello multiculturale, così possono incolpare l’immigrazione senza distinzioni, legale o clandestina. La seconda ragione è sociale, e chiama in causa la disoccupazione e l’altro grado di precarietà.
Si discutono, poi, differenze e punti di unione tra Italia e Francia. Come spiega Lazar, il rapporto tra i due Paesi è complesso sia per la situazione economica, sia per gli aspetti sociali e culturali. Sul piano politico, l’Italia si lamenta del rapporto privilegiato tra Francia e Germania ma Italia e Francia possono avere un rapporto congiunto importante con un certo peso sull’Europa, soprattutto dal punto di vista della cultura.
Per quanto riguarda la situazione della Francia, Lazar spiega che il Paese si trova in un momento di crisi socio-politica rappresentata da i gilet gialli: essi non sono disoccupati ma commercianti e artigiani con un livello di istruzione medio-basso, pensionati e donne con figli a carico, che chiedono una certa giustizia. Le richieste derivano da una forte sofferenza sociale. Si
presentano come il popolo contro la classe dirigente su un piano politico già complicato. Ci sono degli ostacoli e bisogna cambiare molte cose, soprattutto per la crescente fragilità che caratterizza l’Europa.
Tutti parlano di una nuova Europa perché quella attuale non può più funzionare così, però bisogna capire la politica economica e sociale da adottare per un destino diverso.