“Questo libro nasce dall’insoddisfazione del dibattito costituzionalistico sulla guerra e dal fatto che non fa passi avanti col tempo. Si cita sempre l’articolo 11 della Costituzione ma c’è una difficoltà a ragionare lucidamente che deve essere superata. Cos’è una guerra? Quando siamo di fronte ad essa? Queste sono alcune delle domande che ci siamo posti”. Massimo Cavino, professore ordinario di Diritto costituzionale e direttore del Dipartimento Disei dell’Università del Piemonte Orientale, ha presentato all’Associazione Cultura e Sviluppo il suo nuovo libro, Le guerre dell’Italia repubblicana (il Mulino, 2023) insieme all’altro autore, Massimiliano Malvicini, docente di Diritto pubblico, in dialogo con Giorgio Barberis, direttore del Dipartimento Digspes, tutti dello stesso ateneo.
“Il libro è nato anche da una serie di confronti in ambito accademico. Quando abbiamo iniziato, erano passati pochi giorni dell’invasione russa in territorio ucraino. L’Italia, se ha partecipato a guerre, lo ha fatto in modo legittimo? Ci siamo confrontati anche con il diritto internazionale” ha detto Massimiliano Malvicini.
Come hanno spiegato i due studiosi, la guerra è un rapporto tra Stati sovrani nel contesto della comunità internazionale. È anche da intendersi come un atto di forza per costringere l’avversario a sottomettersi. Ma è normale la guerra nel rapporto tra gli Stati? “Purtroppo sì. Quella internazionale è una comunità di pari. La guerra è l’unica alternativa a una costruzione imperiale, un mondo retto da un’unica organizzazione politica. Se fosse così, conosceremmo solo la guerra civile. Oppure il mondo dovrebbe organizzarsi in una serie di repubbliche, tutte con la stessa forma. Le costituzioni dei Paesi più evoluti hanno marginalizzato la guerra. La Società nazioni e le Nazioni Unite hanno la finalità di eliminare la guerra dal mondo ma anche assicurare l’ordine tra Stati in guerra” ha spiegato Cavino.
Anche le guerre hanno regole da seguire, lo ha detto di recente il segretario generale dell’Onu commentando gli attacchi israeliani nella striscia di Gaza. “Dopo il secondo conflitto mondiale, si pensava che la guerra fosse residuale e assoggettabile a regole. Ci sono convezioni, come quelle dell’Aja e di Ginevra, che pongono principi di distinzione, le forze armate possono colpire solo l’esercito dell’altro Stato. Se ci sono rischi per i civili, deve esserci un vantaggio generale per risolvere il conflitto”.
I nostri costituenti avevano chiara l’esigenza di una norma secondo la quale l’Italia ripudia la guerra come rifiuto morale e giuridico. “Non fu mai presa in esame la neutralizzazione del nostro Paese. Uno Stato è neutrale se non può fare la guerra. È una conseguenza di scelte di diritto internazionale ma anche scelte costituzionali – ha detto il professor Cavino – Il Giappone è neutralizzato di fatto. Per l’Italia, l’articolo 11 della Costituzione consente di partecipare a operazioni internazionali. L’Italia ripudia la guerra ma non rinuncia. Se serve, fa la guerra e così è stato per sei volte da quando è una repubblica” ha spiegato il costituzionalista.
L’Italia può fare la guerra per legittima difesa propria o collettiva, quando è aggredito un altro stato, ad esempio l’Ucraina e il Kuwait, oppure se l’Onu stabilisce che si può usare la forza e l’Italia partecipa sotto l’egida delle Nazioni Unite. La Guerra del Golfo nel 1990 fu la prima entrata in guerra dell’Italia repubblicana in quanto non si trattava di operazioni di polizia internazionale. Ci sono poi state la guerra del Kosovo (1999), la guerra in Afghanistan (2001), la partecipazione illegittima alla guerra in Iraq (2003), la guerra in Libia (2011) e la guerra russo-ucraina (dal 2022).
Gli articoli 78 e 87 della Costituzione non sono mai stati utilizzati. All’Italia non serve la dichiarazione dello stato di guerra per prendere parte alle ostilità contro un Paese terzo. “Spesso si confonde il concetto di guerra con la dichiarazione dello stato di guerra. Le guerre scoppiano quando si ha intenzione di combattere. Lo stato di guerra si dichiara solo per pericoli interni” ha detto Cavino. La partecipazione alla guerra in Iraq è da considerarsi illegittima per la mancata copertura delle Nazioni Unite: l’Italia non diede un contributo per le truppe, ma il diritto di sorvolo e l’uso delle basi italiane.
Cosa succede ora in Medio Oriente? “In Israele sono stati rapiti dei civili da uomini armati non in uniforme. Sulla base di una convezione internazionale ciò che è successo è un atto di terrorismo, in un contesto ben noto. L’atto di Hamas è contrario a qualsiasi norma internazionale. La reazione di Israele con l’assedio che impedisce l’accesso ai soccorsi e ai rifornimenti nella Striscia di Gaza non è nel diritto. La Striscia non è un territorio occupato, non è governato dall’Autorità palestinese, nessuno sa bene cosa sia dal punto di vista del diritto internazionale. Ma un esercito può fare qualsiasi cosa? Io credo che Israele abbia dei vincoli di diritto internazionale da rispettare – ha sostenuto Massimo Cavino – Può bombardare un ospedale? Non c’è una risposta assoluta. La proporzionalità di un intervento va concepita come un rapporto tra i costi e i benefici sul piano strategico militare: se sotto ci sono i tunnel utilizzati da Hamas, per quanto sia terribile, sul piano del diritto internazionale può farlo per il vantaggio strategico che ottiene, bilanciato rispetto al costo in termini di vite umane. Purtroppo è la guerra che fa orrore”.
Quello che è avvenuto è un atto terroristico molto particolare perché è ancora in corso, gli ostaggi sono ancora trattenuti. Israele da una parte deve garantirsi da altri attacchi, ma non deve mettere a repentaglio la vita degli ostaggi. “Ci sono diverse risoluzioni Onu non rispettate da entrambe la parti. La pace si fa col nemico” hanno concluso i due studiosi.
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