“Uno scrittore non può eludere la memoria di ciò che è successo negli anni della Resistenza: è un’esigenza che ho sentito e ho cercato di affrontare. Mi sono confrontata con gli strumenti della narrazione. Bisogna fare in modo che non si perda la memoria delle persone che non ci sono più. La narrativa consente alle persone che non sanno di avvicinarsi a questi temi e diventa uno strumento di indagine”: con queste parole la scrittrice Raffaella Romagnolo ha aperto l’incontro Romanzo e manutenzione della memoria, la prima parte della tradizionale Serata Benedicta, organizzata dall’Associazione Memoria della Benedicta, che da anni si tiene all’Associazione Cultura e Sviluppo.
Con la moderazione della giornalista della Stampa Miriam Massone, in dialogo con lo scrittore Massimo Carlotto, Raffaella Romagnolo ha spiegato come fare manutenzione voglia dire conservare l’efficienza e la funzionalità.
“La vocazione della letteratura è stare al fianco di ciò che è umano. Quando ho scritto Destino, ho raccontato un personaggio che va a fare il partigiano. A scuola si diceva che se si non voleva mettere la camicia nera c’era la montagna e la Resistenza, ma scrivendo il romanzo ho capito che il personaggio in realtà aveva moltissime alternative” ha detto la scrittrice.
“Mi è sempre stato insegnato che senza memoria non c’è futuro ma oggi la società è contraria alla memoria e la sta cancellando. Va conservata anche se è un lavoro controcorrente – ha detto Massimo Carlotto – C’è chi dice che esiste il nazista buono che combatte contro Putin, ma in questo modo i valori della resistenza vengono messi in discussione e questo non possiamo permettercelo”.
A proposito del rapporto tra memoria e punto di vista, Carlotto ha ricordato che dal Cinquecento all’Ottocento è avvenuta una migrazione al contrario, quella degli europei che andavano nel nord Africa. “La storiografia nega che ci sia stata questa migrazione. La responsabilità nella storiografia è fondamentale. Si deve difendere il punto di vista su basi storiche assolutamente precise”.
Raffaella Romagnolo ha ricordato che preferisce la definizione di romanzi ambientati nel passato piuttosto che l’etichetta editoriale di romanzo storico. “Lo scrittore ha la responsabilità di ricostruire il momento storico in cui ambienta il suo racconto. Il punto di vista non si può eludere. Nella coscienza pubblica, ad esempio, l’emigrazione italiana è rimossa: non si ricorda che trenta milioni di di persone hanno lasciato l’Italia tra il 1850 e il 1950. Manutenzione della memoria è anche riportare l’attenzione su parti della storia che sembrano sfuggire. Si danno anche strumenti per affrontare il presente”.
Qual è il rischio di dimenticare e come difendersi da chi inquina la memoria? Per Romagnolo bisogna provare a dare voce a chi sembra scomparire. “Se non si fa buona manutenzione della memoria c’è il pericolo di un uso distorto della storia. Prima della Grande Guerra, D’Annunzio fece un giro nazionale di propaganda interventista partendo dallo scoglio di Quarto in occasione del cinquantesimo anniversario dell’impresa dei Mille. Ha utilizzato la memoria per spingere le persone ad andare in guerra e dare nuova vita al sacrificio dei combattenti garibaldini. Questo è stato un uso politico della storia. E mi preoccupa anche sentir parlare di resistenza italiana parallelamente a quella ucraina”.
Carlotto ha ricordato i desaparecidos in Argentina, “la più grande strage di italiani nel dopoguerra. La rimozione era enorme. Gli italiani di Argentina si rivolgevano all’ambasciata svedese pur di non avere rapporti con un Paese che non riconosceva la tragedia. Dall’inizio degli anni 80 c’è un progetto di disarticolare la storia che crea danni enormi, ora dobbiamo recuperare. Un paese che non ha memoria ha anche un rapporto bizzarro con la verità. In Italia dalla strage di piazza Fontana in poi c’è una sorta di buco nero”.
I due scrittori hanno anche discusso delle responsabilità che abbiamo nel presente per la memoria da lasciare alle generazioni future. I giovani hanno interesse a sentir parlare del passato “perché è un istinto umano verso l’età crepuscolare, quella i cui i genitori e i nonni erano ragazzi”.
Per il futuro, Carlotto ha ricordato l’importanza di raccontare il mondo del lavoro mentre Romagnolo ha sottolineato la necessità di trasmettere la crisi ambientale e climatica.
Sempre a proposito di memoria, in conclusione il sindaco di Bosio Stefano Persano ha ricordato il comandante Merlo dei ribelli del Roverno, mancato di recente a 10 anni, e don Gian Piero Armano, per anni anima delle commemorazioni della Benedicta.
Sono intervenuti per un saluto istituzionale il presidente dell’associazione Memoria della Benedicta Danuiele Borioli, l’assessore regionale alla Cultura Vittoria Poggio, il prefetto di Alessandria Francesco Zito e il presidente della Provincia Enrico Bussalino.
Nella seconda parte della serata si è tenuto lo spettacolo Partigiani sempre di e con Massimo Carlotto, musiche e canzoni di e con Maurizio Camardi e Yo Yo Mundi, regia di Velia Mantegazza.
Qui potete rivedere l’incontro