“Il procuratore deve dare corpo a un ufficio gerarchico ma con magistrati indipendenti. È il sostituto che fa l’indagine. Il pubblico ministero italiano è un unicum? Sfatiamo dei luoghi comuni. Il processo è un fragile ponte tibetano ed è normale che il secondo grado modifichi la decisione del primo grado e la Cassazione modifichi il secondo”. Edmondo Bruti Liberati ha svolto a Milano le funzioni di giudice, di pubblico ministero e, dal 2010 al 2015, di procuratore della Repubblica, è stato presidente di Magistratura Democratica e dell’Associazione Nazionale Magistrati. In dialogo con altri esperti del mondo della giustizia ha presentato il suo libro, Pubblico ministero: un protagonista controverso della giustizia (Raffaello Cortina Editore, 2024).

Il pubblico ministero è spesso al centro di polemiche. La Costituzione ha ridisegnato la sua figura e il suo ruolo in termini del tutto innovativi rispetto allo Stato liberale e al fascismo, ma il percorso è stato lungo e accidentato. Il pm ha infatti un duplice volto: costruisce e sostiene l’accusa, ma come parte pubblica ha un dovere di verità che lo differenzia radicalmente dall’avvocato difensore, il quale, a garanzia dell’equo processo, ha come unico obiettivo la difesa del cliente. Per il pm, l’unico obiettivo è la ricerca della verità, anche se questa contrasta con la sua iniziale tesi accusatoria e si traduce in acquisizioni a favore dell’imputato. L’obbligatorietà dell’azione penale e la separazione delle carriere tra giudici e pm sono oggi al centro di un acceso dibattito.

Dopo il saluto introduttivo di Giorgio Barberis, direttore del Dipartimento Digspes dell’Università del Piemonte Orientale e vicedirettore dell’Associazione Cultura e Sviluppo, sono intervenuti Enrico Cieri, procuratore della Repubblica di Alessandria, Piero Monti, avvocato e componente del Consiglio giudiziario del Piemonte e della Valle d’Aosta, Serena Quattrocolo, professoressa ordinaria di Diritto processuale penale all’Università di Torino con la moderazione di Renato Balduzzi, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore e presidente dell’Associazione Vittorio Bachelet.

“Il pubblico ministero è un unicum perché la Costituzione italiana è l’unica a scrivere chiaramente dell’indipendenza della magistratura – ha detto la professoressa Serena Quattrocolo – L’obbligatorietà dell’azione penale è contrabbandata come ragione dell’enorme carico di lavoro dei magistrati e del blocco del nostro ordinamento. In Francia sono state fatte modifiche perché la discrezionalità non è sufficiente a far fronte alla domanda di azione penale. In Italia la riforma Cartabia ha introdotto i criteri di priorità anche nell’esercizio dell’azione penale. Ma c’è un solo disegno di legge che giace al Senato, lontano dalla discussione e dall’approvazione”.

Bruti Liberati ha ricordato che “il pm non può buttare una notizia di reato. È stata una delle prime mosse dell’Italia democratica a garanzia dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge”.

Come ha spiegato il procuratore Enrico Cieri il pm è parte ma ha degli obblighi. “Il pubblico ministero è necessariamente organo di giustizia e non può tenere una posizione. Deve chiedere l’assoluzione se le prove raccolte nelle indagini preliminari o nel processo sono a favore dell’imputato. Il ruolo dell’avvocato invece è a difesa del cliente”.

“Ad alcuni magistrati piace apparire – ha detto l’avvocato Piero Monti – Si percepisce l’importanza del principio del giudice naturale. Il giudice è terzo e imparziale e il pm esercita obbligatorietà dell’azione penale. La cittadinanza ha bisogno di un giudice e un pm autonomi e indipendenti. Ma l’autonomia e l’indipendenza vanno esercitate con estrema cautela. Il pubblico ministero compie azioni con intromissioni pesantissime nella vita dei cittadini, dalle intercettazioni alla privazione della libertà. Le scelte non possono essere arbitrarie”.

Sono tre i requisiti fondamentali per il giudice, il pubblico ministero e l’avvocato: professionalità, responsabilizzazione e deontologia. “Tutti coloro che hanno a che fare con la giustizia hanno paura e non è giusto. La maggior parte di giudici, pm e avvocati lavorano seriamente. Perché il cittadino non è tranquillizzato dalla trasparenza della correttezza?”.

Edmondo Bruti Liberati ha ricordato che ha iniziato la sua carriera come giudice di tribunale. Oggi le scelte sono irrevocabili ma lo scambio di esperienze è importante. “La funzionalità e l’efficienza della giustizia è la prima cosa che i cittadini chiedono”.

Per migliorare i tempi della giustizia, si potrebbe intervenire su poche questioni organizzative. Sarebbe necessario anche un concorso per tecnici informatici, aumentare il numero di magistrati non serve molto, peraltro molti giovani non erano preparati all’ultimo concorso.

Sulla responsabilità civile per colpa, Bruti Liberati ha ricordato che c’è una pressione demagogica molto forte. Quasi tutti gli ordinamenti non prevedono la responsabilità diretta del magistrato ma dello Stato con una eventuale rivalsa su di lui. L’appello e la Cassazione esistono perché c’è il presupposto dell’errore.

In conclusione, il professor Balduzzi ha ricordato che abbiamo un modello costituzionale di magistratura da sempre invidiato e imitato dal resto del mondo. “È singolare che ce ne vogliamo allontanare”.

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