Il tema della serata, ossia la governance economica dell’unione europea, ha dimostrato di essere criptico e delicato. Lo stesso termine ?governance?, del resto, potrebbe risultare di difficile traduzione, dal momento che viene genericamente inteso come ?metodo di governo?, senza però possedere una corrispondente traduzione italiana ben definita: quindi, sia a livello di imprese che a livello di Stati, con il suddetto vocabolo si vuole indicare il governo degli stessi.

All’interno del volume ?Verso l’Euro ? L’Unione Economica e Monetaria motore dell’Europa unita?, il prof. Carlo Secchi sostiene la tesi secondo la quale l’unione economica e monetaria rappresenti una spinta determinante verso l’unione politica europea.

A tale proposito merita di essere ricordato che i padri fondatori dell’Europa unita hanno cominciato a lavorare a questo progetto già alla fine della seconda guerra mondiale, dopo aver compreso, tuttavia, che la realizzazione di questo processo sarebbe stata possibile solo facendo leva sugli interessi concreti presenti a livello nazionale ed europeo; quanto detto veniva attuato con l’auspicio di raggiungere un’unione tra i diversi paesi tale da indurre (quasi automaticamente) ad un’unione politica.

E’ possibile far risalire il primo tentativo di collaborazione tra Stati europei al 1951, ossia alla creazione della Comunità Europea del carbone e dell’acciaio; tale collaborazione è poi proseguita con i due Trattati di Roma del 1957, fino a giungere, attraverso un ?percorso a tappe?, al Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) ed al più recente Trattato di Amsterdam (2 ottobre 1997).

  Considerando, quindi, che l’Unione economica e monetaria rappresenta il passo più importante finora compiuto verso forme di unione più stretta finalizzate al governo dell’economia, ci si chiede quali modalità debbano essere seguite per attribuire i giusti contenuti al processo che è in corso.

La risposta a questa domanda, tuttavia, risulta particolarmente difficile, dal momento che non esistono precedenti analoghi. Va detto, infatti, che l’unificazione europea sta avvenendo dal basso verso l’alto e ciò la rende diversa dalle altre esperienze già verificatesi a livello mondiale nelle quali, al contrario, l’unione monetaria avveniva generalmente dopo quella politica.

Il fatto di seguire un percorso opposto deriva dall’impossibilità di risolvere il problema dell’unione politica adottando un approccio di tipo volontaristico; la logica degli interessi impone di ?imboccare quella strada?, anche se le sue caratteristiche sono ancora sconosciute.

Per quanto riguarda il Trattato di Amsterdam, si ritiene (nonostante alcuni pareri discordi) che esso abbia consentito di fare passi avanti ed abbia opportunamente rimandato la decisione sulle questioni che, in quel momento, non erano ancora ben definite, ma che ora risultano più chiare.

Occorre dire, tuttavia, che l’Unione economica e monetaria pone, per il governo dell’economia, alcuni problemi, il primo dei quali è costituito dallo squilibrio che si viene a creare tra la politica monetaria e le altre politiche: la prima, infatti, sarà gestita a livello centrale da un’autorità indipendente (la Banca Centrale Europea), mentre alle Banche centrali dei paesi membri rimarrà la vigilanza sulle attività del sistema bancario e creditizio nazionale. Il cuore della politica monetaria, quindi, si sposterà a livello europeo.

La Banca Centrale Europea, peraltro, dovrà impostare la propria azione ispirandosi ad alcuni criteri fondamentali quale, ad esempio, quello di garantire la stabilità dei prezzi mantenendo l’inflazione (per quanto è possibile) bassa, che, di fatto, influenza in modo rilevante la politica monetaria (l’attività dell’autorità monetaria, inoltre, è vincolata al conseguimento di obiettivi specifici).

Da quanto detto, quindi, emerge come, nell’ambito del sistema di governo dell’economia, la politica monetaria sia centralizzata, mentre quella fiscale risulti decentrata. il termine ?decentrato?, in realtà, può essere considerato, tanto corretto (poiché i bilanci vengono redatti dagli Stati membri), quanto impreciso (poiché esistono precisi vincoli di azione).

All’interno del contesto ora descritto, un ruolo importante viene ricoperto dal fenomeno della concorrenza fiscale: infatti, per attirare flussi economici sugli Stati membri si è fatto ricorso, in passato, ad agevolazioni tributarie.

Occorre chiarire, in ogni caso, che entro certi limiti la concorrenza fiscale ? derivante dalle diversità nei sistemi tributari, che si ripercuotono sui flussi economici tra gli Stati membri ? è un fenomeno positivo in quanto stimola i sistemi di finanza pubblica ad essere più efficienti e più attenti alle esigenze del mercato e dello sviluppo. Tuttavia gli eccessi di tale fenomeno possono tradursi in comportamenti ?sleali? o dannosi per il buon funzionamento dell’economia europea: parrebbe evidente, quindi, la necessità, non solo di introdurre forme di coordinamento, ma anche di superare lo squilibrio esistente tra la politica monetaria e quella fiscale

Va detto, inoltre, che esistono altre politiche economiche, alcune delle quali già comuni (come quella agricola), altre lasciate alla competenza dei singoli Stati; si pone quindi il problema di trovare una dimensione comune per questi settori, nel rispetto delle competenze degli Stati membri (ossia, sulla base del principio di sussidiarietà).

Merita di essere ricordato che l’introduzione dell’Euro aumenterà la concorrenza all’interno del Mercato Comune Europeo, rendendo necessari, sia un rafforzamento del sistema di rispetto delle regole, sia l’attuazione di misure adeguate per la definitiva realizzazione del mercato unico, prima del futuro allargamento dell’Unione.

Le proposte riguardanti i suddetti argomenti sono state riunite in un progetto definito ?Agenda 2000?, comprendente la riforma delle politiche comuni.

A questo proposito, l’allargamento dell’Unione a Stati nuovi (che verosimilmente contribuiranno poco al bilancio della stessa) renderà indispensabile una riduzione della quota del bilancio comunitario che viene attualmente assorbita da determinate politiche (quali, ad esempio, quella agricola e quella relativa ai fondi strutturali).

Le risorse verranno indirizzate sulle regioni più arretrate e saranno utilizzate per risolvere problemi quali l’occupazione e il degrado delle metropoli e delle periferie urbane.

L’Unione economica e monetaria impone di interpretare le situazioni in modo nuovo: per questo motivo il mercato interno deve ancora risolvere numerosi problemi, prima di poter essere considerato come un mercato unico a tutti gli effetti.

In questo contesto la politica di concorrenza si intreccia con quelle regionali, provocando uno svuotamento del livello statale (che diventa vittima dell’intero processo): lo Stato, infatti, può solo prendere atto di decisioni già avvenute, mentre cresce la domanda di sussidiarietà dei cittadini che percepiscono in modo netto la riduzione del proprio potere decisionale sulle questioni che li riguardano e, di conseguenza, pretendono di poter esercitare un certo controllo almeno sulla dimensione locale.

Da quanto detto emerge l’evidente valorizzazione, non solo del livello comunitario, ma anche di quello locale, dal momento che si viene a creare una concorrenza tra i diversi sistemi-paese ed i sistemi locali: questi ultimi, peraltro, responsabilizzeranno maggiormente i cittadini e dovranno gestire un crescente numero di materie.

Per quanto concerne l’approccio europeo alla lotta alla disoccupazione, va detto che l’Unione Europea può creare le condizioni per favorire lo sviluppo economico dei singoli paesi e, di conseguenza, l’occupazione; tuttavia la gestione del mercato del lavoro rientra fra le competenze degli Stati nazionali. Occorre quindi verificare se in materia di lavoro e di sviluppo delle imprese esistano le condizioni necessarie per favorire l’occupazione.

Parrebbe doveroso, inoltre, individuare forme di coordinamento tra le politiche (considerato che alcuni paesi europei come l’Olanda presentano un basso livello di disoccupazione), anche se risulta difficile trovare un accordo, poiché la realtà del mercato del lavoro è piuttosto evolutiva, mentre l’approccio europeo è una sorta di ?filosofia di politica economica? che poggia sul lato dell’offerta, più che su quello della domanda.

Sembrerebbe utile ribadire, infine, la necessità di far sì che l’evoluzione in atto rafforzi la dimensione comune del governo, nel rispetto del buon funzionamento delle istituzioni.

 

 

 

 

PRINCIPALI  APPROFONDIMENTI  DEL  DIBATTITO

 

 

 

 

*  E’ stato espresso il timore che i processi decisionali a livello europeo vengano influenzati da un’eccessiva burocratizzazione, dal momento che si decide a livello comunitario se assegnare un finanziamento ad una determinata località, invece di suddividere le risorse tra i diversi Stati, lasciando loro il compito di distribuirle sulla base delle effettive necessità (dr. Guala).

*  E’ stato sottolineato come il cittadino sarà uno spettatore impotente di ciò che verrà deciso a livello europeo, poiché in Italia non è mai esistita la democrazia della partecipazione (dr.ssa Martinetti).

 

Þ     Va detto che esistono forze che è necessario comprendere e dominare. Un esempio in merito viene fornito dalla globalizzazione che fa sì che l’Europa dipenda da un contesto internazionale, rendendo difficile l’individuazione di un giusto equilibrio. Si pone il problema, peraltro, di sopravvivere all’interno di un’economia globalizzata, recuperando competitività e migliorando l’efficienza. E’ necessario, inoltre, che i cittadini comprendano che la dimensione europea è, in realtà, la dimensione localistica ed imparino a scegliere accuratamente (mediante le elezioni europee) le persone da inviare al Parlamento Europeo. Le esperienze degli anni scorsi hanno evidenziato l’esigenza pressante di trovare forme di coordinamento per cui il mutuo riconoscimento non degeneri e non procuri danni.

         Merita di essere ricordato, infine, che il nuovo meccanismo introdotto in materia di fondi strutturali attribuirà una maggior responsabilizzazione al livello locale, mentre la Commissione Europea si occuperà di effettuare i controlli finanziari (prof. Secchi).

 

*  E’ stata espressa preoccupazione poiché si ritiene che l’allargamento dell’Unione Europea ad altri paesi non risulti indolore per i paesi già membri ed è stato chiesto quali saranno i tempi ed i principi che regoleranno tale allargamento (prof.ssa Robotti).

*  Sono stati evidenziati, sia il fatto che l’unificazione sia stata determinata da necessità economiche, sia l’esistenza di un problema di democraticità (legato ad una scarsa fiducia nei confronti della democrazia intesa come partecipazione), che rende necessari controlli sul processo di regolazione. E’ stato chiesto, infine, se questa fase possa essere governata da partiti di sinistra, con politiche di centro-destra (prof. Argeri).

*  E’ stato sottolineato come la presenza, in Italia, di diversi livelli di disoccupazione sia dovuta all’esistenza di fattori strutturali diversi che li determinano. A questo proposito l’introduzione dell’Euro, comportando maggiore rigidità e competitività, rischia di allontanare ulteriormente dall’Europa le regioni più deboli del nostro paese. E’ stato chiesto, quindi, come superare il problema della concorrenza, che costituisce un elemento positivo solo se avviene tra ?pari? (dr. Lenti).

 

Þ    Il dibattito relativo ai tempi e ai modi dell’allargamento dell’Unione Europea ha richiesto pareri tecnici che sono stati forniti nell’ambito del progetto ?Agenda 2000?. Merita di essere ricordato, in ogni caso, che il parere della Commissione europea si basa su alcuni principi prestabiliti, che prevedono una democrazia che rispetti determinati parametri e, in campo economico, una transizione verso un sistema di economia di mercato: sulla base dei suddetti criteri sono stati selezionati cinque paesi che potrebbero entrare nell’Unione già nei prossimi anni (forse entro l’anno 2002), mentre altri potrebbero entrarvi entro 5-6 anni. Ovviamente saranno necessari periodi di transizione, durante i quali le regole verranno applicate gradualmente ai nuovi Stati membri. Tuttavia dall’allargamento sarà possibile trarre, sia vantaggi (dovuti, ad esempio, all’apertura di nuovi mercati), sia rischi (soprattutto in campo agricolo).

         Va detto che l’integrazione economica presuppone generalmente un interesse comune da conseguire o, più spesso, la presenza di un nemico comune da allontanare.

         Per quanto riguarda il problema della democraticità e dei controlli, occorre rilevare, a livello europeo, l’esistenza di tre istituzioni: la Commissione europea, il Parlamento europeo ed il Consiglio dei ministri (composto dai ministri di ogni Stato membro). Il Parlamento gode di poteri più ampi (che verranno ulteriormente estesi in seguito a quanto sancito dal Trattato di Amsterdam), ma è tenuto a rispettare, insieme al Consiglio, la regola della co-decisione (le decisioni, infatti, devono essere approvate sia dal Parlamento che dal Consiglio). Attualmente il Consiglio ha una maggioranza di governo essenzialmente di centro-sinistra; per questo motivo alcuni hanno sottolineato l’esigenza di creare un giusto equilibrio favorendo l’instaurazione al Parlamento di una maggioranza di centro-destra. E’ lecito evidenziare, comunque, un problema di riorganizzazione dei partiti politici a livello europeo (l’Italia ha dimostrato di essere particolarmente immatura nel rapportarsi con questi temi).

         Parrebbe opportuna, inoltre, una rivoluzione culturale che induca, ad esempio, i consumatori a modificare le proprie abitudini, in relazione al mutamento delle prospettive che è in corso.

         L’introduzione dell‘Euro, peraltro, elimina il problema dei tassi di cambio, consentendo al mercato interno di funzionare in modo migliore, ma creando altresì un problema di adattamento del sistema: la flessibilità richiesta ai mercati, infatti, rischia di danneggiare soprattutto le regioni più arretrate (prof. Secchi).

 

*  E’ stato chiesto: 1) quanto pesi la posizione di freno assunta dall’Inghilterra nei confronti dell’Unione economica e monetaria europea; 2) se lo sviluppo possa continuare a produrre ricchezza anche in assenza di politiche del lavoro adeguate. E’ stata, infine, espressa la sensazione che i processi decisionali europei risultino lontani dal cittadino (avv. Bianchi).

E’ stato chiesto come sia possibile risolvere il vuoto istituzionale che potrebbe derivare da una mozione di sfiducia presentata nei confronti della Commissione europea ed è stata evidenziata l’esigenza di introdurre un segretariato permanente per la politica estera (dr. Guala).

 

Þ     Occorre ricordare che la Commissione europea non sostituisce il governo: infatti, anche se possiede competenze esecutive, molte prerogative spettano al Consiglio dei ministri. Va detto, inoltre, che non esiste un sistema di partiti europei in grado di presentare un candidato comune e che la designazione del Presidente della Commissione è competenza del Consiglio europeo (anche se è necessario il parere favorevole del Parlamento).

         E’ stata confermata l’effettiva rilevanza della sfiducia come strumento di pressione nei confronti della Commissione.

         Per quanto concerne il Regno Unito, è lecito rilevare come il governo attuale sia di fatto pronto per entrare nell’Unione, ma attenda di verificare le reazioni che seguiranno l’introduzione dell’Euro: il vero problema, piuttosto, è rappresentato da una sterlina troppo forte. Tuttavia è presumibile che Londra decida di entrare nell’Unione entro breve tempo, per evitare di rimanere esclusa dal cuore finanziario dell’Europa, che si sposterebbe sull’asse Francoforte-Parigi.

         In materia di occupazione, la difficoltà a trovare soluzioni comuni è legata alla complessità del problema, aggravato ulteriormente dalla rigidità del sistema.

         Il segretariato permanente, infine, è già stato previsto dal Trattato di Amsterdam che ha cercato, in questo modo, di colmare in parte le lacune presenti nella politica estera di sicurezza a livello europeo (prof. Secchi).

 

E’ stato evidenziato come un problema tipico dell’Europa sia l’alto costo del lavoro ed è stato proposto il ricorso ad un diverso sistema di imposizione fiscale, che colpisca maggiormente i consumi (dr. Lenti).

E’ stato sottolineato come in Europa si verificherà un confronto tra le diverse istituzioni, in un ambito di concorrenza e di integrazione (prof. Argeri).

E’ stata espressa la sensazione che il mutamento del sistema in atto debba essere affrontato con pazienza e che alla mancanza di informazione nei confronti delle problematiche europee si possa sopperire attraverso un corretto utilizzo (per coloro che ne dispongono) dei siti ?internet? riferiti a tali argomenti (dr. Astori).

 

Þ     Va detto che risulta senza dubbio indispensabile ridurre la pressione fiscale e che un sistema fondato sulle cosiddette ?imposte di consumo? può funzionare solo se viene regolato in base al livello dell’IVA.

         Per quanto riguarda la concorrenza ed il confronto tra i diversi sistemi, la situazione non appare così grave poiché il fine ultimo è quello di garantire ai cittadini servizi più efficienti: bisogna riconoscere, purtroppo, che in Italia manca un sistema-paese in grado di sfruttare le potenzialità di cui il nostro paese dispone e che l’Europa gli offre (prof. Secchi).

 

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