Per esaminare il tema proposto ? le frontiere della bioetica e i dilemmi delle scelte pubbliche ? occorre procedere ad un’analisi che focalizzi preliminarmente l’attenzione sul rapporto stretto tra il progresso tecnologico e la riflessione che le società attuali sono chiamate a compiere circa le conseguenze del primato della scienza sulla vita e sulla genetica, per poi analizzare le modalità più idonee a definire le risposte e le indicazioni che devono ?regolare?, all’interno di un sistema politico democratico consapevole, il variegato ambito della bioetica.

 

Ciò detto, la prima considerazione che merita di essere richiamata riguarda l’indicazione di precisazioni di carattere metodologico, alle quali si attribuisce la funzione di fissare dei ?paletti? all’interno di un tema ? nel nostro caso, la bioetica ? molto vasto e ricco di problematiche complesse: ?paletti? che si potrebbero distinguere in due fondamentali tipologie: l’una, consistente nell’individuazione di un modello attraverso cui affrontare la problematica della manipolazione della vita in tutti i suoi stadi ? dalla manipolazione genetica prima della nascita all’eutanasia per giungere infine agli interventi diretti a prolungare la vita biologica; l’altra, nell’elaborazione dei criteri che dovrebbero ispirare la formulazione di una legislazione idonea a regolare il variegato ambito della bioetica.

Alla luce dei propositi ora delineati si ritiene particolarmente significativa la considerazione di fondo per cui l’evoluzione tecnologica sembri generare degli esiti ambivalenti in ordine alla problematica della tutela delle peculiarità umane. Si pensi ai risultati che lo sviluppo della tecnologia ha determinato nel campo biomedico:

 

·        da un lato, l’insieme dei metodi di cui la bioingegneria genetica si avvale per analizzare e manipolare il patrimonio genetico si è rivelato un importante strumento diagnostico, permettendo di ?vedere? in modo diretto le svariate alterazioni che possono interessare il dna; si sottolinea inoltre che la diagnosi può essere effettuata ancora prima della nascita e ciò risulti particolarmente utile sia nel caso di malattie che, se curate fin dai primi giorni di vita, permettono di condurre una vita normale sia nel caso di malattie ad insorgenza tardiva;

·             dall’altro, la possibilità di scongiurare le malattie intervenendo a posteriori sembra avere generato un atteggiamento di ?accanimento terapeutico? che nel dare applicazione pratica alla volontà di conservazione della vita biologica dequalifica la vita umana.

 

Una progressiva presa di coscienza della complessità delle problematiche direttamente connesse alla manipolazione della vita ha determinato l’esigenza che si sviluppi un modello di etica in grado di affrontare con responsabilità l’evoluzione di tali processi.

Detto ciò, è peraltro opportuno prendere atto dell’esistenza di una differente applicazione della responsabilità perché la complessità dei processi di manipolazione che impedisce a coloro che li ?innescano? di prevedere i risultati a cui giungeranno.

Si sottolinea che l’opera di elaborazione di un modello di etica della responsabilità non possa prescindere dal complesso di valori e riflessioni che orienta gli uomini nella risoluzione delle problematiche connesse alle scelte normative quali ad esempio le concezioni in merito alla vita e alla morte che hanno contribuito allo sviluppo della bioetica. E’ dunque decisivo stabilire in quale momento ha inizio la vita, quando termina e conseguentemente il rapporto tra la vita biologica e quella naturale.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte si evidenzia la necessità che il sistema etico articoli gerarchicamente i diversi valori ispiratori con la specifica finalità di indirizzare eticamente i comportamenti umani in tutte le situazioni in cui si presenta un conflitto di valori.

Proseguendo la ricerca dei ?punti cardinali? cui un modello di etica dovrebbe far riferimento, merita di essere richiamata la considerazione percui è necessario un approccio teleologico alle complesse problematiche in discussione che sia deontologicamente fondato poichè nel contesto di ciascun processo di manipolazione sembra essere opportuno valutare sia i costi che i benefici in relazione ai fini che con tale operazione si perseguono.

Si pensi in proposito a due forme di manipolazione connesse con l’evoluzione tecnologica in campo bioetico, l’una la fecondazione in vitro l’altra la clonazione umana: nel primo caso il fine – soddisfare per mezzo di un intervento un legittimo non realizzabile in modo naturale – è perseguibile sulla base della considerazione percui il rapporto costi-benefici relativi alla fecondazione in vitro non presenta aspetti incompatibili con la salvaguardia dell’uomo tali da provocare una valutazione negativa circa gli effetti conseguenti ad una sua eventuale applicazione.

Diverso invece è il giudizio che molti formulano in merito alla clonazione perché ritengono che questa forma di manipolazione, perseguendo preliminarmente la riduzione del genere umano a determinati modelli, possa provocare gravi danni all’uomo in quanto tale perché lo ?spoglierebbe? di una sua grande ricchezza, la specificità del patrimonio genetico.

Infine occorre analizzare quali atteggiamenti eticamente corretti dovrebbe assumere l’uomo responsabile per evitare di essere travolto dall’imprevedibilità propria dei complessi processi di manipolazione. A tal proposito meritano di essere richiamati due atteggiamenti specifici:

 

·        da un lato quello prudenziale in virtù del quale l’uomo dovrebbe ipotizzare quali rischi potrebbero derivare per le generazioni future da quel tipo di intervento;

·        dall’altro quello di vigilanza diretto a modificare l’iter del processo nell’ipotesi in cui le conseguenze negative fossero superiori a quelle per cui tale procedimento è stato instaurato.

 

Preliminare all’analisi delle indicazioni ritenute idonee a regolare il variegato ambito della bioetica è la considerazione secondo cui il passaggio della riflessione dal livello morale a quello giuridico non è automatico perché è ritenuto estremamente difficile riprodurre la morale di ciascun gruppo sociale in un contesto giuridico. È lecito dunque domandarsi quale natura debba avere la concezione etica da porre a fondamento della suddetta legislazione: universale ? come pensava l’illustre filosofo Immanuel Kant ? oppure ?pluralistica? in relazione al pluralismo delle regioni oggi esistente.

Si ritiene opportuno che una soluzione a tale problematica possa essere individuata nella ricerca di minino comune denominatore fra le diverse ragioni che costituisca la base per elaborare le norme giuridiche. In particolare concentrando l’analisi alla situazione giuridica italiana in campo bioetico si sottolinea come sia caratterizzata dalla ?non presenza? degli interventi normativi, attribuibile preliminarmente alla presenza nel nostro Paese di opposte posizioni talmente rigide da rendere estremamente difficile l’instaurazione di un dialogo proficuo per la ricerca di un terreno comune di discussione.

A fronte della situazione ora descritta si pone l’accento sulla necessità di una normativa principalmente in ragione del fatto che il mantenimento di tale status quo sembra rendere leciti determinati comportamenti considerati eticamente scorretti che invece risultano essere proibiti nei Paesi in cui sono già posti dei limiti legislativi agli interventi in campo biomedico.

 

 

Intervento del prof. MAURIZIO MORI

 

Per esaminare il quesito proposto si ritiene opportuno individuare genericamente gli elementi essenziali dell’etica, per poi focalizzare l’attenzione dei principi ispiratori della riflessione bioetica. Ciò detto, merita di essere richiamata la definizione che individua nell’etica ?un insieme di sentimenti profondi e ricevuti che crediamo essere razionalmente giustificati?; in altre parole, si ritiene che i sentimenti che compongono la riflessione morale si contraddistinguano per la caratteristica di essere fondati su una serie di ragioni che ne giustificano l’esistenza.

È importante rilevare come oggi gli uomini stiano vivendo un passaggio epocale ? ovvero dall’era industriale a quella bio-industriale ? che inevitabilmente dà luogo a turbamenti della mentalità umana: turbamenti la cui consapevolezza, d’altra parte, è ritenuta una condicio sine qua non per comprendere gli imponenti cambiamenti verificatisi nel contesto bioetico in quest’ultimo periodo.

In passato rivestiva molta importanza il principio di ?sacralità della vita? che ingiungeva il dovere assoluto di non violare mai il finalismo proprio dei processi corporali. Si sottolinea come il termine ?sacralità? non debba far pensare che tale principio rimandi necessariamente a una prospettiva religiosa, con l’implicito sottinteso che i divieti corrispondenti valgano solo per i credenti; sacralità indica qui soltanto l’inviolabilità o l’intangibilità del finalismo del processo vitale.

Una prospettiva religiosa di solito rendeva conto più facilmente di tale principio, inserendolo in una più ampia visione cosmica in cui i finalismi biologici rientravano nel piano di una mente sovrumana, ma esso poteva essere sostenuto anche da una prospettiva non-religiosa, come per esempio quella che affermava che tale rispetto garantisse la realizzazione del superiore interesse della continuazione della specie, oppure che rappresentasse il limite etico insuperabile derivante dal rispetto categorico dovuto si per sé alle funzioni proprie del corpo.

È parimenti importante non credere che la connessione della sacralità della vita con l’ambito matrimoniale sia segno della scarsa importanza di tale principio perché alla base del matrimonio (come inteso nella civiltà occidentale) vi è sempre stata l’idea di ?un ordine sessuale matrimoniale? sostenuta da influenti agenzie morali.

Ad esempio la Chiesa Cattolica ha esposto tale ideologia nell’enciclica Humanae Vitae (1968), dove Papa Paolo vi afferma che gli sposi, quando riconoscono la giusta gerarchia dei valori, sanno bene che ?nel compito di trasmettere la vita, essi non sono liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma al contrario devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti.

Usare di questo dono divino (il coniugio) distruggendo, anche se soltanto parzialmente, il suo significato e la sua finalità è contraddire alla natura dell’uomo come a quella della donna e del loro più intimo rapporto, perciò contraddire anche al piano di Dio e alla sua volontà. Usufruire invece del dono dell’amore coniugale rispettando le leggi del processo generativo significa riconoscersi non arbitri delle sorgenti della vita umana, ma piuttosto ministri del disegno stabilito dal Creatore. Infatti, come sul suo corpo in generale l’uomo non ha un dominio illimitato, così non lo ha con particolare ragione sulle sue facoltà generative in quanto tali, a motivo della loro ordinazione intrinseca a suscitare la vita, di cui Dio è principio?.

In questo passo viene chiaramente riaffermato il principio di sacralità della vita (e l’obbligo assoluto di rispetto del processo generativo), il quale viene inserito in una visione più generale in cui si osserva che la riproduzione non comporta soltanto processi biologici e naturali, ma coinvolge anche un piano e un intervento divino.

Quest’ultimo aspetto è stato ribadito da papa Giovanni Paolo ii, il quale sottolinea che ?all’origine di ogni persona umana vi è un atto creativo di Dio; nessun uomo viene all’esistenza per caso; egli è sempre il termine dell’amore creativo di Dio?. Da questa fondamentale verità di fede e di ragione deriva che la capacità procreativa, iscritta nella sessualità umana, è una co-operazione con la potenza creativa di Dio. E deriva anche che di questa stessa capacità l’uomo e la donna, non sono arbitri, non sono padroni, chiamati come sono, in essa e attraverso essa, a essere partecipi della decisione creatrice di Dio.

Quando pertanto mediante la contraccezione, gli sposi tolgono all’esercizio della loro sessualità coniugale la sua potenziale capacità procreativa, essi si attribuiscono un potere che appartiene solo a Dio: il potere di decidere in ultima istanza la venuta all’esistenza di una persona umana. si attribuiscono la qualifica di essere non i co-operatori del potere creativo di Dio, ma i depositari ultimi della sorgente della vita umana. In questa prospettiva, la contraccezione è da giudicare, oggettivamente, così profondamente illecita da non potere mai, per nessuna ragione, essere giustificata. Pensare o dire il contrario, equivale a ritenere che nella vita umana si possano dare due situazioni nelle quali sia lecito non riconoscere Dio come Dio?.

Si reputa tale passo molto importante perché consente di chiarire la relazione tra la violazione dell’ordine sessuale e l’idolatria; infatti  il ?non riconoscere Dio come Dio? si pensa equivalga proprio ad affermare l’esistenza di falsi dei. La connessione tra i due peccati deriva dalla sovversione dei valori che è propria dell’idolatria e implicita in tale peccato sulla base della considerazione per cui se la co-operazione dell’uomo nella riproduzione prevede un dovere di rispetto assoluto nel finalismo, allora questo dovere dovrebbe avere sempre la precedenza su altri doveri o esigenze umane; agire diversamente non è ritenuto un semplice ?ritocco marginale? della prospettiva etica invalsa, bensì un sovvertimento radicale della stessa: si cambia la naturale gerarchia dei doveri in questo campo, ammettendo che il dovere di soddisfare le esigenze umane può avere la precedenza sul dovere di rispetto del finalismo riproduttivo.

Così facendo pare evidente che si finisca di passare da un’etica della sacralità della vita, in cui le esigenze umane sono sempre necessariamente subordinate ai limiti posti dal dovere assoluto, a un’etica che molti definiscono, giustificandone il valore e la legittimità piena, come etica della ?qualità della vita?, in cui invece il dovere di soddisfare le esigenze umane può avere, senza alcuna perplessità, la precedenza su quello che deriva dal rispetto del finalismo biologico.

 

 

 




 

PRINCIPALI APPROFONDIMENTI DEL DIBATTITO

 

 

 

v     Si chiede di approfondire la riflessione concernente la clonazione con particolare riferimento ai rapporti fra psiche e bios nei soggetti clonati (prof. G. Piana).

v     Si osserva come l’applicazione della tecnica del congelamento della cellula progenitrice dell’ovulo possa determinare un sostanziale innalzamento dell’età della fertilità femminile e si chiede se possano sorgere dei problemi per i bambini natio da genitori anziani (sig. C. Castelli).

 

Ø               Si precisa che con la clonazione non si trasmettono le nozioni culturali del soggetto clonato, bensì soltanto quelle biologiche; infatti, i cloni acquisiscono caratteristiche psicologiche differenti così come i gemelli monozigoti che vivono in ambienti diversi sviluppano qualità eterogenee. Dunque appare lecito assimilare la clonazione ad una forma semplice di gemellazione monozigota (prof. M. Mori).

Ø               Si osserva come l’uomo nella sua complessità sia composto non soltanto dal bios ? oggetto della clonazione ? ma anche dalla psiche e che sussiste una costante interazione tra i due ambiti umani. Alla luce di tali considerazioni si ritiene che il condizionamento proprio della clonazione investa sia l’aspetto biologico sia quello psicologico (prof. G. Piana).

Ø               Si ritiene che le problematiche che possono incontrare i bambini nati da genitori anziani non siano da attribuire ad un gap anagrafico quanto piuttosto ad uno culturale (prof. M. Mori).

 

 

v     Si riscontra che a fronte dell’acquisizione di molte conoscenze importanti in ambito tecnico -scientifico l’uomo abbia perso il ?senso del naturale? (sig. Rapetti).

v     Si rileva che oggi grazie alle potenzialità conoscitive e tecniche apportate dall’evoluzione scientifica, si fanno nascere bambini prematuri pur nella consapevolezza che tale ?prematurità? possa determinare in seguito gravi carenze; si chiede come comportarsi di fronte a tali situazioni (sig.ra A. Peres).

 

Ø               Si ritiene che il senso del naturale, progressivamente occultato dal progresso tecnologico-scientifico, sia individuabile essenzialmente nel rapporto con la natura che per l’uomo ha costituito in passato una costante fonte di conoscenze e stimoli (prof. G. Piana).

Ø               Si rileva come l’uomo individui tale ?fonte? non più nella natura bensì nella tecnica e si sottolinea che il punto fondamentale del cambiamento stia nella circostanza che si passi salla casualità del vivere ad un atteggiamento intenzionale; si pensi, ad esempio, alla salute che in passato era considerata ?un dono? mentre oggi l’uomo ne è quasi interamente responsabile (prof. Mori).

Ø               Le bio-tecnologie contemporanee che consentono uno sviluppo della vita embrionale al di fuori dell’utero rappresentano certamente un modo per ?valorizzare? la qualità della vita umana sebbene possano comportare in alcuni casi qualche rischio per il nascituro. Si ritiene peraltro che, direttamente connesso con le grandi potenzialità offerte dall’evoluzione tecnica, si evidenzi il grande problema secondo cui si potrebbero utilizzare tali strumentazioni anche per ?selezionare? i nascituri in base alle loro caratteristiche (prof. G. Piana).

 

 

v     Si osserva come le problematiche che possono essere determinate dal progresso tecnologico siano in fondo risolvibili facendo riferimento fondamentalmente al valore della responsabilità degli uomini (dr. R. Lenti).

v     Si osserva come dopo un lungo periodo in cui la produzione mondiale di alimenti è cresciuta progressivamente grazie all’aumento della varietà dei diversi cereali e grazie all’uso massiccio di fertilizzanti, pesticidi, recentemente si è assistito a un notevole rallentamento di questo processo come una conseguenza di un effetto boomerang dovuto alle conseguenze negative che l’uso prolungato di sostanze chimiche ha operato sull’ambiente. Si chiede quale utilità abbiano le biotecnologie nel settore agricolo (sig. M. Pollarolo).

 

Ø               Si rileva che frequentemente la scienza agisce perché sollecitata dalla società verso determinate direzioni in ragioni di interessi di vario tipo (ad esempio, di tipo finanziario, politico, ecc..). Alla luce di tale situazione in primis si ritiene opportuno agire con coscienza e in secondo luogo si riscontra la necessità della creazione di un’ ?interfaccia? tra la società e la scienza. (prof. G. Piana).

Nel settore agricolo le biotecnologie si propongono di operare una sorta di ?rivoluzione verde? diretta a migliorare la produttività delle coltivazioni alimentari e a ridurre i costi e gli effetti collaterali dei trattamenti fino ad ora utilizzati. Alla luce di tali considerazioni il problema è di controllare la costante coerenza dell’evoluzione di tali tecnologie con i propositi ?etici? che ne hanno determinato la nascita (prof. M. MORI)

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