I° Intervento del prof. luigi mariucci

 

Si ritiene opportuno introdurre la riflessione concernente l’oggetto del presente dibattito richiamando le profonde connessioni tra i temi della riforma elettorale e quelli ? di respiro più vasto ? che riguardano la definizione dell’assetto complessivo del Paese.

Si osserva, a questo riguardo, che nelle scorse settimane gli italiani sono stati chiamati a votare per i Consigli Regionali con il sistema delle elezioni dirette dei Presidenti di Regione, precisando che l’obiettivo principale raggiunto da tale recente riforma è quello di costituire una reale democrazia dell’alternanza, ponendo le basi in tal modo per la formazione di esecutivi stabili e rispondenti alla volontà degli elettori.

Si tratta di un obiettivo pienamente giustificato se si analizza più da vicino la situazione politica di due regioni italiane: da un lato, il Friuli Venezia Giulia che ha assistito negli ultimi anni a ben sei cambi di maggioranza, dall’altro, la Sardegna in cui a distanza di soli cinque mesi dalle elezioni non vi erano più né il Presidente, né la Giunta.

È parsa dunque evidente l’esigenza di introdurre la cosiddetta norma ?anti-ribaltoni? diretta ad imporre lo scioglimento del Consiglio regionale e le dimissioni della Giunta in casi di dimissioni del suo Presidente della Giunta o nel caso in cui sia lo stesso Consiglio a votare una mozione di sfiducia nei confronti dell’esecutivo.

Ciò detto, si reputa conveniente riflettere sulla situazione attuale del ?sistema Paese? poiché a fronte dei Presidenti di Regioni che hanno rilevanti poteri ? infatti secondo il nuovo articolo 121 della Costituzione (modificato dall’articolo 1 della legge costituzionale) il Presidente della Regione ?dirige la politica della Giunta e ne è responsabile? ? è lecito vedere piuttosto incerto il futuro politico dell’Italia se si considera che dal 1993 ad oggi si sono susseguiti ben sette Governi, nonostante obiettivo delle innovazioni introdotte dal referendum del 1993 fosse quello di contribuire a garantire una maggiore stabilità grazie alla diminuzione del numero dei partiti.

Si crede che le attuali problematiche politiche possano essere in parte attribuite alla circostanza che nella legge elettorale rimanga ancora una quota proporzionale per cui nel collegio uninominale i partiti con programmi e proposte simili trovano un accordo fin da prima e si alleano per avere maggiori possibilità di vittoria dando vita alle coalizioni; tuttavia gli stessi partiti che si alleano per sostenere il medesimo candidato nel collegio sono poi concorrenti nella quota proporzionale dove ognuno presenta la propria lista.

Si pensa dunque che la quota proporzionale possa contribuire a creare rivalità, egoismi e interessi particolari dei singoli partiti a scapito della coalizione.

Alla luce delle recenti vicende politiche pare lecito ritenere che tale conflittualità non si manifesti soltanto al momento del voto ma si trascini per un’intera legislatura spingendo i partiti alleati a ricercare ?visibilità?, vale a dire ad alimentare ? talvolta artificiosamente ? motivi di divisione.

Poiché si è convinti che la spinta al bipolarismo che arriva dal collegio uninominale venga ?inquinata? dal voto proporzionale alle liste di partito il presente quesito referendario vuole abrogare del criterio di attribuzione di quel 25% di seggi (155) che l’attuale legge Mattarella per l’elezione della Camera assegna in maniera proporzionale tra i partiti, tentando in tal modo di raggiungere i seguenti obiettivi:

 

·        stabilità del Governi;

·        aggregazione definitiva di due poli contrapposti;

·        superamento della frammentazione partitica.

 

 


 

I° intervento del prof. ALFONSO DI GIOVINE

 

Si è convinti che l’utilizzo ?selvaggio? della tecnica del referendum contenga in sé il rischio di allontanare progressivamente l’Italia dall’Europa ? e non l’ipotesi contraria sostenuta dai promotori ? poiché si contano ben pochi Paesi europei che producono referendum con ritmi analoghi al nostro; in tal senso infatti sembra possibile considerare l’Italia come ?la California dell’Unione Europea? in ragione del fatto che dei ventisei Stati americani in cui è in vigore un sistema della democrazia diretta la California è quello che fa un uso ? a parere di molti ? ?folle? del referendum.

Si ritiene inoltre che sia molto rischioso mutare una legge elettorale attraverso la tecnica referendaria perché un’operazione di tal genere ? per la delicatezza della materia ? richiede l’analisi di molte prospettive da contemperare in un contesto assembleare.

Inoltre, a sostegno di tale opinione si precisa che negli ultimi cinquant’anni un solo Paese ha cambiato la legge elettorale con il metodo del referendum e precisamente la Nuova Zelanda che nel 1994 è passata da un sistema maggioritario al proporzionale ?alla tedesca?.

Il sistema oggi vigente per l’elezione della Camera dei deputati prevede che:

 

·        475 seggi (pari al 75% del totale dei seggi) siano assegnati in altrettanti collegi uninominali al candidato che ottiene il maggior numero di voti (l’elettore dispone a questo fine della scheda rosa);

·        155 seggi (quota aggiuntiva del 25% dei seggi) siano assegnati con criterio proporzionale alle liste dei partiti (l’elettore dispone a questo fine della scheda grigia) con lo scorporo: un meccanismo che consiste nella sottrazione di un certo numero di voti conquistati nella quota maggioritaria da quelli spettanti alle stesse forze nella parte proporzionale. Di fatto, ha un effetto proporzionalizzante ma serve soprattutto ad evitare che nelle aree territoriali in cui un partito è molto forte, oltre a conquistare i seggi uninominali, possa anche aggiudicarsi quelli della quota proporzionale, lasciando le altre forze prive di rappresentanza.

 

La vittoria dei sì al referendum provvederà ad abolire la seconda scheda e il secondo voto per le liste di partito, eliminando così la distribuzione proporzionale della quota aggiuntiva del 25% dei seggi, i quali vengono invece assegnati ai candidati dei collegi uninominali che, circoscrizione per circoscrizione, abbiano ottenuto le migliori seconde posizioni.

A oltre sette anni di distanza dall’introduzione ? a seguito del referendum del 18 aprile 1993 ? di un sistema elettorale prevalentemente maggioritario è possibile fare un bilancio degli effetti e dei risultati concreti prodotti nell’ordinamento politico dal nuovo sistema elettorale poiché l’esperienza concreta consente di sottoporre alla verifica della realtà le impostazioni e gli obiettivi che sono stati associati all’introduzione del maggioritario.

Alla luce dell’attuale drammatica situazione politica che non vede realizzati la maggior parte dei progetti fatti propri dai promotori del referendum del 1993 – pare lecito domandarsi se gli attuali propositi possano tradursi in realtà oppure rimanere nuovamente sul piano astratto.

 

 

II° intervento del prof. LUIGI MARIUCCI

 

Si condivide l’opinione secondo cui il referendum non costituisca il metodo ottimale per modificare la legge elettorale tuttavia si riscontra che alternative esisterebbero soltanto se la democrazia italiana fosse sana, attualmente invece presenta tutti i caratteri di un sistema in crisi, in cui la tecnica referendaria sembra apparire ?l’ultima spiaggia?.

Infatti si è convinti che in Parlamento esista una maggioranza proporzionalistica che non sembra rispecchiare pienamente la volontà popolare; rebus sic stantibus l’alternativa è pertanto tra un Parlamento che ha un’alta possibilità di produrre una legge pasticciata che non tenga conto della suddetta volontà e la ulteriore necessità che i cittadini ? ancora una volta ? indichino il percorso da fare e l’obiettivo da raggiungere ricorrendo al referendum – il più importante istituto di democrazia diretta accolto dalla nostra Costituzione perché dà voce a tutti gli aventi diritto al voto.

A fronte dell’opportunità di manifestare la propria opinione in merito ai quesiti proposti, l’astensionismo sembra costituire un grande pericolo all’esito positivo dell’iniziativa referendaria. È noto infatti che il referendum per essere dichiarato valido deve vedere l’espressione di voto di almeno il 50% più uno degli aventi diritto.

Si riscontra tuttavia che sia quest’anno sia in occasione del referendum dello scorso anno ? dichiarato invalido per mancato raggiungimento del quorum ? è stata adottata una tattica diretta a dipingere il referendum come una cosa inutile; a parere di molti invece l’iniziativa referendaria è utile perché è uno strumento che fa decidere direttamente ai cittadini e che può essere un motore potente per ripartire con le riforme e per modernizzare il nostro Paese e dar forma ad un assetto istituzionale attualmente incerto che si è dimostrato in più occasioni incapace di garantire la governabilità del Paese.

 


 

II° intervento del prof. ALFONSO DI GIOVINE

 

Si ritiene importante riflettere sul significato rispettivamente dei termini ?proporzionale? e ?maggioritario?:

 

·        un sistema elettorale si dice proporzionale quando il numero dei parlamentari eletti è pari ?in proporzione? al numero dei voti ricevuti;

·        maggioritario vuol dire che all’interno di un determinato territorio, circoscrizione elettorale, o collegio chi prende più voti prende il seggio parlamentare, gli altri non prendono nulla anche se il secondo fosse distanziato dal primo per pochissimi voti.

 

Sembra allora decisivo in questo sistema il ?disegno? dei collegi elettorali poiché dividere i collegi in un modo invece che in un altro cambia sostanzialmente l’esito del voto, senza considerare che possono esserci parlamentari eletti in collegi molto abitati e altri con pochi o pochissimi elettori.

Pare allora lecito chiedersi se il voto è ancora ?eguale? come prescrive la Costituzione (articolo 48 comma due ?Il voto è personale ed eguale, libero e segreto???) oppure ci possono essere dei voti che valgono di più di altri.

Si tratta quindi di un processo di trasformazione istituzionale dai connotati non propriamente ?democratici? e al quale si vorrebbe conferire legittimità chiamando i cittadini ad esprimersi su questioni rispetto alle quali qualsiasi maggioranza parlamentare avrebbe enormi difficoltà per operare tali modifiche.

Si è convinti dunque che l’astensionismo possa costituire un modo per vincere sui quesiti referendari ma al tempo stesso anche un’occasione per indurre a riflettere i promotori sugli effetti deleteri che un uso arrogante del referendum può provocare nei rapporti cittadini-politica.

 

 




 

PRINCIPALI APPROFONDIMENTI DEL DIBATTITO

 

 

 

v     Si osserva come alle posizioni di coloro che si schierano a favore dei quesiti referendari e coloro che invece sono contrari, vi sia un’ipotesi più ?radicale? di chi respinge il referendum nel suo complesso e decide di non andare a votare. Si crede che tale posizione possa trovare la sua ratio nella considerazione secondo cui negli ultimi anni il ricorso diretto al corpo elettorale sembra essersi perso in una pletora di referendum e conseguentemente si rischia – continuando secondo tale iter – di svilire uno dei più importanti strumenti democratici (dr. W. Giacchero).

 

v     Si riscontra come da un lato i quesiti referendari siano troppi e, dall’altro, la maggior parte concerne materie che, per essere comprese pienamente, richiedono un approfondimento tecnico che non tutti hanno la possibilità di compiere. Si osserva peraltro come il voto rivesta una grande importanza perché esprime in modo esplicito la volontà del popolo di cambiare il sistema politico. Si domanda infine quale tipo di sistema elettorale possa essere idoneo a rendere governabile il nostro Paese (dr. R. Guala).

 

 

Ø        Si è convinti che la base da cui partire per elaborare un sistema politico che sia in grado di garantire la governabilità del Paese sia un documento di indirizzo della Bicamerale del 30 giugno 1997 che prevede un doppio turno di elezioni per cui nel primo sono distribuiti l’80% dei seggi (di cui il 55% con il metodo maggioritario e il 25% con quello proporzionale) mentre nel corso del secondo il restante 20% che servirebbe per creare la coalizione. Non a caso tale sistema – denominato ?doppio turno di coalizione? – è considerato da molti una buona base per la creazione dell’equilibrio politico (prof. A. Di Giovine).

 

Ø        Pur riconoscendo l’importanza del ruolo svolto dal referendum si esprime parere favorevole ad una parziale modifica della sua disciplina e in particolare si propone:

 

·        l’aumento del numero delle firme;

·        la diminuzione del quorum.

 

Si osserva come il sistema proporzionale fotografi la realtà politica vigente: ad esempio in Germania ha finora fotografato un sistema già bipolare (con due partiti al 40% grazie alla messa fuori legge negli anni Cinquanta dei partiti di estrema destra e di estrema sinistra), di conseguenza la proporzionale non ha ostacolato l’alternanza. Si è invece convinti che in Italia fotograferebbe la frammentazione del nostro sistema politico, dove al contrario il bipolarismo va costruito.

Con particolare riferimento alla possibilità di ridurre il rischio della frammentazione grazie alla clausola di sbarramento al 4% prevista dalla legge Mattarella si precisa come possa essere aggirata con la momentanea alleanza di più partiti che si dividono subito dopo il voto. È ormai opinione di molti che con la proporzionale gli elettori italiani non sarebbero chiamati a scegliere il governo ma soltanto a dare una delega in bianco ai partiti che sarebbero poi liberi di fare e disfare i governi in Parlamento.

Il modello politico maggiormente idoneo a garantire la governabilità del Paese è considerato quello pluripartitico francese che va dal proporzionale al maggioritario trovando una mediazione del doppio turno. Tuttavia è possibile che oggi non sia più sufficiente neppure questo perché emerge l’esigenza di assicurare con attraverso l’elezione di formi un governo. Sembra pertanto necessario rilanciare una forma di Repubblica che abbia le seguenti caratteristiche:

 

·        un assetto istituzionale stabile;

·        una reale distribuzione di funzioni e competenze tra gli enti locali (comuni, province, regioni e stato).

 

L’iniziativa referendaria potrebbe costituire una valida occasione per rimettere in campo qualche idea che dia il via all’iter di modernizzazione del Paese (prof. L. Mariucci).

 

 

v     Si riscontra come il referendum sembra aver perso il carattere abrogativo; si domanda allora per quale motivo la Corte Costituzionale non intervenga in tal senso (sig. C. Castelli).

 

v     Si osserva come un’iniziativa ?brutale? come quella referendaria sia comunque migliore dell’iner-zia parlamentare, se si considera che in tutti questi anni non si è stati capaci di modificare una legge elettorale che si è rivelata inadeguata rispetto alle esigenze di stabilità e di democrazia del Paese, lasciando invece spazio a molti partitini rissosi. Si ritiene inoltre che per riflettere sulla considerazione secondo cui ?il nostro Paese non ha forma di governo? sembra opportuno precisare che il sistema di governo italiano è portatore dei valori e delle prospettive vigenti al tempo dei Costituenti, quindi occorre sostituirli e ripensare la forma di governo sulla base di nuovi principi (dr. R. Lenti).

 

Ø        Si è convinti che la Corte Costituzionale non ottenga la protezione dovuta per contestare ulteriormente i contenuti referendari operando in tal modo nella direzione indicata. L ipotesi è avvalorata dal fatto che la Corte è stata definita ?assassina dei referendum? per aver dichiarato inammissibili quattordici dei ventuno referendum proposti inizialmente (prof. A. Di Giovine).

 

Ø        Si riscontra come tale intervento referendario abbia effetti negativi proprio in considerazione del fatto che la democrazia italiana è in crisi. Si aggiunge che in tale contesto sarebbe necessario ponderare accuratamente tutte le possibilità; cosa che risulta alquanto difficile da realizzare con un referendum che impone una scelta netta ?o sì o no? (prof. A. Di Giovine.).

 

Ø        Si aderisce all’opinione di chi considera il nostro sistema di governo ?privo di forma?, tuttavia si ritiene che l’elevata frammentarietà politica che sussiste al momento in Italia faccia sì che un sistema che dia stabilità, che impedisca il trasformismo e che dia vero potere di scelta ai cittadini sia da ricercare in un modello di stampo maggioritario (prof. L. Mariucci).

 

 

 

 

 

 

 

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