Riflettere oggi sul significato della Carta dei Diritti dell’Unione Europea significa fare riferimento a un testo che, per molti, rappresenta già il cuore della futura «costituzione» europea: un documento indispensabile non solo per arrivare a una precisa distinzione e riformulazione dei diversi poteri «costituzionali» (che integri, superandole, le indicazioni normative presenti negli attuali trattati costitutivi dell’Unione), ma anche per con-segnare ai cittadini europei una vera carta fondamentale nei cui valori si possano riconoscere e sentire acco-munati da una stessa appartenenza all’Unione Europea.

D’altra parte, è innegabile che di per sé la specificazione ? non solo formale ? di una carta costituzionale (così come è avvenuto nella storia costituzionale anche recente dei diversi Stati nazionali europei) è un «pro-cesso in corso» ben più che un atto che si compie una volta per tutte e la presenza ancora preponderante di regole e norme specifiche su aspetti settoriali presenti negli attuali trattati costitutivi dell’Unione testimonia il fatto che non si è ancora giunti alla completa individuazione di regole veramente «generali» che possano adeguatamente rappresentare le norme tipiche di una costituzione.

In ogni caso, al di là delle inevitabili attuali imperfezioni, la Carta dei Diritti appena approvata costi-tuisce sicuramente un elemento determinante per la costruzione dell’Europa unita: un progetto, quest’ul-timo, che, a detta (anche) del segretario generale delle Nazioni Unite K. Annan, può essere descritto come «il più grande» progetto politico attuale, proprio per la sua capacità intrinseca ? verificata ormai in un cin-quantennio di esperienza ? di sapere trasferire gradualmente parti di sovranità dal livello nazionale degli Stati membri a quello sovranazionale mantenendo sempre una profonda attenzione al mantenimento della pace.

Ciò detto, può essere interessante richiamare brevemente come si è giunti alla predisposizione della Carta dei Diritti dell’Unione Europea. La genesi «ufficiale» può essere ricondotta a una data specifica: il giugno 1999 quando, dopo insistenti richieste avanzate (anche) dal Parlamento Europeo fin dall’inizio degli anni Ottanta, il Consiglio Europeo di Colonia decide formalmente di predisporre l’avvio delle procedure che possano portare al varo di una carta dei diritti, manifestando al contempo la consapevolezza che la legitti-mazione dell’Unione Europea non può non riposare sulla definizione di diritti fondamentali.

A questo riguardo, se già il Trattato di Maastricht all’art. 6 sanciva che l’Unione Europea rispetta i diritti fondamentali delle persone, si può comprendere come la spinta maggiore per arrivare al placet del Vertice di Colonia sia derivata, da un lato, dalle conclusioni a cui era nel frattempo giunto un gruppo di lavoro incaricato di riflettere sulla natura dei diritti sociali sanciti nell’Unione (conclusioni secondo cui era necessario affermare l’indivisibilità di tutti i diritti) e, dall’altro lato, (soprattutto) dalla natura della situazione internazionale durante la crisi della guerra nel Kosovo in cui l’Europa giustificava il proprio intervento umanitario e di difesa (anche militare) dei diritti umani senza tuttavia potersi appellare al richiamo a valori e diritti formal-mente sanciti in una propria specifica carta costituzionale.

Il Consiglio Europeo di Colonia stabilisce dunque in modo preciso non solo la necessità di «elaborare una Carta dei Diritti fondamentali al fine di sancirne in modo visibile l’importanza capitale e la portata per i cittadini dell’Unione», ma anche che la Carta

 

debba contenere i diritti di libertà e uguaglianza, nonché i diritti procedurali fondamentali garan-titi dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. La Carta deve inoltre contenere i diritti fondamentali riservati ai cittadini dell’Unio-ne. Nell’elaborazione della Carta occorrerà inoltre prendere in considerazione diritti economici e sociali quali sono enunciati nella Carta sociale europea e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (art. 136 tce), nella misura in cui essi non sono unicamente a fondamento di obiettivi per l’azione dell’Unione.

 

La Carta diviene l’obiettivo di lavoro di un organismo creato ad hoc (chiamato «Convenzione») inca-ricato di presentare un progetto di documento prima del Consiglio Europeo di Nizza (del dicembre 2000) e composto da sessantadue membri a rappresentanza ? e questa è stata veramente una novità! ? non solo della Commissione Europea e del Consiglio Europeo, ma anche del Parlamento Europeo e, per la prima volta, dei singoli governi dei Paesi membri e dei Parlamenti nazionali: un gruppo composito che, iniziando la propria attività nel settembre 1999, riesce a procedere celermente presentando il testo finale della Carta il 2 ottobre 2000 dopo aver individuato un metodo di lavoro assolutamente efficace impostato sui seguenti punti:

 

?        Massima trasparenza e uso intenso di internet per aggiornarsi continuamente

?        Svolgimento delle riunioni di lavoro sempre a «porte aperte»

?        Accoglimento dei contributi e delle proposte migliorative avanzate dalla società civile (associa-zioni, sindacati, organizzazioni non governative ecc.)

?        Ascolto delle valutazioni da parte dei membri dei Parlamenti nazionali dei futuri Stati membri del-l’Est europeo

?        Attenzione a procedere secondo un metodo consensuale consistente nel predisporre, da parte della presidenza del gruppo di lavoro, testi (bozze) di documento intesi come frutto «mediato» delle pro-poste di tutti i membri della Convenzione e considerare tali bozze come l’oggetto della discussione delle successive occasioni di incontro della Convenzione stessa.

 

Se le difficoltà maggiori si sono riscontrate nell’individuazione e specificazione formale dei diritti sociali ? a causa del fatto che sia il Regno Unito sia i Paesi scandinavi manifestano visioni valoriali e tradizioni giuridiche diverse rispetto mediamente a quelle dei rappresentanti europei «continentali» ? in generale, il gruppo di lavoro è riuscito a presentare una Carta dei Diritti che merita di essere sottolineata per la sua origi-nalità, per il suo intrinseco significato e per la sua indubbia importanza come risultato «tipico» di un modo di intendere la ricerca delle ragioni della convivenza nell’Europa unita che sempre più è auspicabile si diffonda nei vari livelli decisionali delle istituzioni comunitarie.

Infatti, la Carta dei Diritti, da un lato, è il frutto di un consenso (anche) terminologico-linguistico teso a spe-cificare concordemente il significato dei termini tra quindici lingue diverse, dall’altro lato supera il limite di sancire diritti che riguardino esclusivamente specifici settori ? quali la libera concorrenza e il libero mercato (oggetto degli storici trattati cee) ? per aprirsi alla definizione di «nuovi diritti»:

 

?        quelli universalistici (non esclusivi dei cittadini dell’Unione);

?        quelli riferiti a categorie particolari di persone come gli anziani, i disabili, i bambini;

?        quelli che introducono la parità uomo-donna;

?        quelli riferiti al campo della privacy, dell’informazione, della bioetica, dell’ambiente, della tu-tela dei consumatori ecc.

 

Il tutto all’interno di una struttura formale della Carta che vede, oltre al preambolo iniziale, una suddivisione in sei capitoli ? dignità; libertà; uguaglianza; solidarietà; cittadinanza; giustizia ? nei quali la definizione dei singoli diritti richiama e rimanda a una tessitura normativa che rende efficacemente l’effetto di «in-divisibilità» e di correlazione reciproca tra tutti gli stessi diritti enunciati.

Programmata dunque per essere approvata al Vertice di Nizza del dicembre 2000 ? e qui effettivamente e solennemente proclamata dalla Presidente del Parlamento Europeo, unitamente al Presidente del Consiglio Europeo e al Presidente della Commissione Europea ? pur rimanendo inevitabilmente un testo di compro-messo, la Carta ha visto poco prima del suo varo da parte della Convenzione (ossia nell’agosto 2000) emergere un’ultima significativa difficoltà a causa della richiesta dei cristiano-bavaresi (sostenuti peraltro dal Va-ticano) di inserire nel preambolo un preciso richiamo ai valori cristiani che costituirebbero il fondamento morale dell’Europa. Tuttavia, rispetto a questa ipotesi, ha finito di prevalere (anche se con non poche discussioni) il riferimento alla «laicità» dell’Unione Europea: un valore (particolarmente sentito dalla Fran-cia) che diviene anche una garanzia per il pacifico sviluppo di un’Europa politicamente unita, intesa come riuscita costruzione di popoli «diversi» (che, tanto più di fronte al prossimo allargamento ai Paesi dell’Est, devono essere salvaguardati nella loro diversità culturale e religiosa). In effetti, stando al testo del preambolo della Carta dei Diritti, così si legge:

 

I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni.

Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e uni-versali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cit-tadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

L’Unione contribuisce al mantenimento e di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei, dell’identità nazionale degli Stati membri e dell’ordi-namento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale; essa cerca di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile e assicura la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali nonché la libertà di stabilimento.

A tal fine è necessario, rendendoli più visibili in una Carta, rafforzare la tutela dei diritti fondamentali alla luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici.

La presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Comunità e dell’Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obbli-ghi internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull’Unione europea e dai trattati comunitari, dal-la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d’Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future.

 

 




 

PRINCIPALI APPROFONDIMENTI DEL DIBATTITO

 

 

Il dibattito si è articolato su diversi punti tra i quali possono essere richiamati in particolare i seguenti.

 

a)      Il tema dei diritti sociali è stato il cuore della discussione della Carta. Essi sono in particolare sanciti al capo IV dedicato alla «Solidarietà» e tra di essi merita di essere sottolineato l’art. 30 che sancisce la tutela in caso di licenziamento ingiustificato in questi termini: «ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali». Questo significa che il principio richiamato nella Carta trova la propria effettività solo in quanto conforme e tutelato dalle normative nazionali, a riprova che il diritto comunitario è una costruzione a strati molteplici i quali devono trovare tutti un «armonico coinvolgimento». Ma, oltre a questo, lo specifico diritto contro il licenziamento ingiustificato richiama meglio di altri la «sfida» tutta europea di riuscire a coniugare ade-guatamente lo sviluppo economico-produttivo con una reale tutela delle persone, attraverso modalità meno individualistiche di quelle presenti nel sistema giuridico-culturale statunitense.

b)      Se è vero che le principali questioni discusse al Vertice di Nizza non sono state chiarite sufficientemente e si è convenuto di rimandare ad una prossima conferenza programmata per il 2004 la presa delle decisioni più spinose, si è peraltro stabilito che la metodologia che dovrà essere seguita per giungere con maggiori probabilità di «successo» a questo appuntamento dovrà essere analoga a quella adottata dalla Convenzione per redigere la proposta della Carta dei Diritti, interpellando cioè anche i rappresentanti dei governi e dei parlamenti nazionali e preparando bozze di discussione già ampiamente «condivise» per giungere a deci-sioni rapide e consensuali.

c)      Con il Vertice di Nizza, la Carta dei Diritti dell’Unione Europea è stata varata come documento «non vin-colante». Ciò è stato dettato dall’esigenza di accontentare le richieste del Regno Unito e dei Paesi scandi-navi. Tuttavia, il valore della Carta rimane intatto: non solo, ma essa si propone come la «prima parte» di una futura costituzione dell’Unione e non semplicemente come un «manifesto di intenti politici». La Carta infatti, su suggerimento della presidenza tedesca del gruppo di lavoro, è già stata scritta «come se» fosse proprio la prima parte della futura carta costituzionale, caratterizzata quindi dall’enunciazione dei principi fondamentali i quali, pur non essendo ancora direttamente vincolanti per ogni singolo Stato membro, lo sono al contrario in modo pieno per tutte le istituzioni comunitarie. In altri termini, questa Carta dei Diritti non risulta ancora, nella gerarchia delle fonti del diritto, «superiore» alle singole costituzioni statali ma ha comunque un profondo significato giuridico legato, da un lato, al ruolo interpretativo svolto dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’elaborazione delle proprie sentenze e, dall’altro, al ruolo di «pro-duzione normativa» esercitato dal Parlamento e dalla Commissione Europea.

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