Oggi molti esperti di politica, sociologi e studiosi della storia russa si pongono un interrogativo: come è potuto succedere che la Russia sia a un tratto diventata l’emblema dell’aggressività, dichiarando guerra a uno stato vicino, che ha sempre definito “amico” e abitato da “un popolo fratello”? Elena Kostiukovich, scrittrice, autrice del libro Nella mente di Vladimir Putin, traduttrice di Umberto Eco in lingua russa, ne ha parlato nell’incontro dei Giovedì culturali Russkaya dusha. Viaggio nella cultura e nella storia russa per comprendere il presente insieme a Francesca Legittimo, docente allo Iulm di Milano e autrice del volume La sfinge russa e Mara Scagni, già sindaco di Alessandria e presidente di Ryalge, associazione per l’interscambio tra la Russia e l’Italia. L’incontro è stato moderato da Maria Grazia Caldirola.
Elena Kostioukovitch ha raccontato una storia culturale inedita della Russia post sovietica, la nascita e la diffusione di un pensiero pericoloso che ha trovato in Vladimir Putin il suo alfiere, fino all’invasione dell’Ucraina. È la dottrina dell’Universo Russo, uno stato ideale dove riunire tutti i popoli russi “geneticamente superiori”, una teoria alimentata dagli scritti di studiosi come Anatolij Fomenko e Aleksandr Dugin, celebrati in patria ma contestati dalla comunità scientifica internazionale. La politica di Putin si appoggia infatti, secondo Kostioukovitch, su specifiche formulazioni storiche, o meglio pseudostoriche, come la “Nuova cronologia” di Fomenko.
Per scoprire il lato irrazionale dello stesso leader russo Putin e i suoi legami con un certo “assolutismo magico”, l’autrice ha raccontato di invenzioni storiografiche, falsificazioni, cospirazioni di regime. Infatti Fomenko parte da una supposizione totalmente fantasiosa, secondo la quale tutta la storia umana sarebbe stata falsificata nel XVI secolo da cronisti europei capeggiati da Giuseppe Giusto Scaligero. Sarebbero stati sostituiti tutti i libri nelle biblioteche del mondo, mettendo al loro posto “libri falsi, prodotti da conoscitori della calligrafia antica, con l’utilizzo di pergamene invecchiate e di inchiostri diluiti per farli sembrare pallidi, con l’apposizione di sigilli contraffatti” allo scopo di cancellare il glorioso passato dei russi e inculcare loro un complesso di inferiorità nei confronti dell’Occidente.
Francesca Legittimo ha parlato del concetto di anima russa. “Nella letteratura russa si parla spesso di anima, è la stessa funzione del cuore per gli italiani. Anche l’amore si dice in modo diverso per le cose inanimate e per gli esseri animati, ovvero le persone e gli animali ma non le piante. Esistono anche due parole per defunto e cadavere: il defunto è morto da poco e la sua anima non è ancora volata via, il cadavere è inanimato, come se fosse un oggetto”. Se la parola non esiste, significa che non c’è nemmeno il concetto. Il libro La sfinge russa tratta anche della geografia della Russia e del rapporto dell’uomo russo con lo spazio che lo circonda: “è come se in Russia lo spazio inghiottisse il tempo e si vivesse in una eterna atemporalità. La lingua russa è ricchissima di verbi che esprimono il movimento, l’uomo russo vive in una dimensione geografica, l’italiano invece è in rapporto con la storia” ha spiegato l’autrice. Il libro racconta anche il rapporto con Dio, dell’uomo con se stesso, con lo straniero, i rapporti interpersonali, la vita quotidiana e la verticalità del potere.
Francesca Legittimo ha spiegato anche il concetto di anima larga: “è come se i russi paragonassero l’anima allo spazio in cui vivono e considerassero l’anima degli europei più ‘stretta’”. In Russia le anime sono nude, non si coprono per nascondere le proprie pecche. La vergogna è molto importante per la mentalità russa. Le società occidentali conoscono la colpa, quelle orientali la vergogna. La colpa si prova nei confronti di noi stessi, nessuno si vergogna da solo ma solo c’è l’altro. Un altro concetto intraducibile è la volgarità: se una persona è piena di vizi la sua anima cessa di vivere e può solo vegetare.
I rapporti interpersonali in Russia sono condizionati dal fatto che lo Stato è sempre stato visto come un nemico. Sapendo che non si possono avere aiuti diventa importante l’altro. Fondamentale è l’amicizia. In Russia l’”io” è assorbito dal “noi”.
Mara Scagni nel suo intervento ha detto che “non si fa la pace dando le armi altrimenti vuol dire che è finita la diplomazia. Le sanzioni non sono di aiuto alla risoluzione di un conflitto. Finora il miglior diplomatico e pacifista è stato il Papa”.
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