Venerdì 2 giugno 2006, 60o anniversario della nostra Repubblica, abbiamo avuto il piacere di ospitare il professor Gianfranco Pasquino, già graditissimo e apprezzato relatore dei nostri Giovedì culturali in diversi e significativi momenti, in particolare nel giorno dell’elezione al primo scrutinio del presidente Carlo Azeglio Ciampi (il 13 maggio 1999) e in occasione dell’inaugurazione della nostra nuova sede (il 9 gennaio 2003).

L’incontro, di grande interesse, è stato particolarmente vivace e partecipato e, di questo, siamo oltremodo lieti, sia per l’affezione che i nostri associati continuano a dimostrare, dopo tanti anni di attività culturale, per le nostre iniziative, sia per l’attenzione prestata a un tema a noi molto caro, quale quello della salvaguardia della Carta Costituzionale.

In effetti l’incontro con il professor Pasquino si colloca all’interno di un percorso di riflessione intrapreso circa un anno fa, in stretta collaborazione con il Coordinamento provinciale per la difesa e l’attuazione della Costituzione, finalizzato a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle riforme costituzionali in atto, un tema fondamentale per la nostra democrazia, spesso ignorato o strumentalmente affrontato dal dibattito politico e dall’informazione. In rappresentanza del Coordinamento è intervenuto il professor Renato Balduzzi, docente di Diritto Costituzionale presso l’Università di Genova, che ha argomentato con rigore e passione le motivazioni che dovrebbero indurre i cittadini a respingere la riforma del testo costituzionale. 

Abbiamo iniziato a discutere insieme di queste tematiche nell’aprile 2005 con l’avvocato Mario Dogliani, professore ordinario di Diritto Costituzionale e Preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, il quale ha proposto una puntuale riflessione sul tema: ?Aggiornare o demolire la Costituzione? Percorsi di difesa dei principi fondanti della nostra Repubblica?. Il 19 dicembre 2005, a riforma già approvata dalla sola maggioranza parlamentare del centrodestra, Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, si è espresso sulle ?Ragioni del no a questa revisione costituzionale? e, in quell’occasione, l’Associazione si è anche attivata a promuovere la sottoscrizione della richiesta di referendum per abrogare la riforma polista. Nel febbraio 2006 Arianna Vedaschi, professoressa di Diritto Pubblico Comparato presso l’Università Bocconi di Milano, ha illustrato molto chiaramente ed efficacemente le peculiarità del testo di riforma e le forti riserve espresse dalla maggioranza dei giuristi italiani in merito, in una conferenza dal titolo: ?Le riforme costituzionali in Italia: tra federalismo e devolution?.

 

Il 25 e 26 giugno 2006 gli italiani saranno dunque chiamati alle urne per lo svolgimento del Referendum confermativo costituzionale, avente per oggetto l’approvazione o la bocciatura della legge di riforma della ii Parte della Costituzione, approvata dalla maggioranza di Centro-destra nella scorsa legislatura, ma non condivisa dall’altra metà del Paese. In particolare, senza entrare nel merito di eccessivi tecnicismi, prendiamo in considerazione alcune delle novità più discusse introdotte dal testo di riforma, oggetto dell’analisi dei nostri ospiti.

Innanzitutto le modifiche sono troppo estese e sbilanciano l’equilibrio tra la prima e la seconda parte della Costituzione, tra le norme sui diritti e le norme sui poteri. Ciò è particolarmente evidente nel conferimento al solo futuro primo ministro della decisione sulla continuazione o meno della legislatura.

La preoccupazione di evitare ribaltoni diventa il pretesto per un premierato forte, quasi assoluto, dove la capacità di ricatto continuo del premier sulla sua maggioranza parlamentare potrà consentire, più ancora di quanto già verificatosi in questi anni,  la modificazione, appunto a colpi di maggioranza, di larghe parti della legislazione, rovesciando l’idea base della Costituzione che vede nell’equilibrio tra i poteri la garanzia dei diritti e della sostanza sociale del patto costituzionale.

Quanto poi alle norme che intervengono sugli organi di garanzia, esse si confermano coerenti all’operazione di smantellamento della fisionomia equilibrata del nostro assetto istituzionale, riducendo il ruolo del Presidente della Repubblica, attraverso la sottrazione dei poteri sostanziali in ordine alla formazione del Governo e allo scioglimento delle Camere, e aumentando, di contro, il numero dei membri di estrazione parlamentare-politica della Corte Costituzionale.

Relativamente alla cosiddetta devolution, poi, cioè all’assegnazione alle Regioni di competenze esclusive in materia di sanità, istruzione e polizia amministrativa locale, il testo di riforma sembra condurre a una doppia esclusività (statale e regionale) sulle stesse materie, prospettando da un lato il rischio di una rottura dei sistemi nazionali della sanità e dell’istruzione pubblica e riducendo al minimo i livelli essenziali delle prestazioni, a tutto svantaggio dei settori più deboli del Paese, e comportando, dall’altro lato, complicatissime questioni di attribuzione di competenze tra Stato e Regioni.

Infine, la riduzione del numero dei parlamentari, proposta di per sé apprezzabile, è molto differita nel tempo e meno consistente di quanto sarebbe possibile.

Il punto non è escludere a priori eventuali riforme migliorative della Costituzione (anche se il particolare momento politico di forte lacerazione che sta vivendo il nostro Paese consiglierebbe estrema cautela in tal senso), ma far sì che vi si giunga attraverso un percorso di dialogo e di condivisione tra le diverse forze politiche e sociali. Pur con accenti diversi (più aperto a possibilità di modifiche il professor Pasquino, più radicale nella difesa del testo vigente il professor Balduzzi), i relatori sono concordi nel valutare molto negativamente la revisione approvata dal precedente Parlamento, confusa e squilibrata. In questa specifica circostanza, anche noi, solitamente poco propensi ad appoggiare esplicite opzioni politiche, riteniamo che sia necessario prendere una posizione netta: i valori di solidarietà, di uguaglianza e di equilibrio espressi dalla nostra Carta costituzionale meritano di essere garantiti e difesi, senza compromessi e senza alcuna concessione a inquietanti derive leghiste e fasciste.

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