..obiettivi prefigurati, correndo il rischio di venire giudicate negativamente


dalla società.


Tuttavia, anche a livello di amministrazioni locali sono aumentate


le difficoltà relativamente alla necessità di mantenere uno stretto


legame tra:


a) modalità idonee a formare le élite politico-aministrative;


b) sensibilità da parte di tali élite a fornire indicazioni progettuali


per lo sviluppo del territorio;


c) ruolo propositivo, oltre che di mediazione, delle formazioni


partitiche locali;


d) mantenimento di un sufficiente consenso da parte di tutte


le principali componenti della società civile nei confronti


dell’attività delle stesse élite.


Si pensi, a questo proposito, alla frequenza di casi in cui validi


* Dibattito svoltosi la sera del 12 novembre 1998, a conclusione della relazione


di Giuseppe De Rita. I testi in corsivo rappresentano le risposte e le considerazioni


del relatore.


70 La formazione delle élite in Italia


amministratori locali, dopo aver raggiunto buona parte degli


obiettivi prefissati consensualmente e dopo avere mostrato atteggiamenti


tipici di élite progettuali e responsabili, si vedono indotti


dalle formazioni partitiche di appartenenza a non più ricandidarsi,


rendendo in questo modo assai difficoltosa la stessa individuazione


di persone di qualità da presentare alle successive


consultazioni elettorali (Massimo C., dirigente amministrazione


provinciale).


· Ci si domanda se, al di là di ogni valutazione sulla qualità del


rapporto tra esigenze del territorio ed esistenza-formazione di


classi dirigenti non oligarchiche, esistano davvero in Italia le risorse


culturali sufficienti per sostenere e agevolare la definizione


di élite politico-amministrative (Walter G., direttore filiale di


banca).


Non deve essere giudicato negativamente il fatto che, dopo quattro anni


di «virtuoso» esercizio del ruolo di amministratore, alcuni sindaci possano


anche non essere ricandidati. Ciò che importa sottolineare è che


normalmente la maggior parte dei sindaci o dei presidenti di provincia


che hanno svolto bene la loro funzione pubblica vengono riconfermati,


ottenendo un consenso elettorale tanto più ampio quanto più abbiano


fatto riferimento a un preciso progetto politico e siano stati in grado


oggettivamente (e coerentemente) di perseguirlo nel corso del loro primo


mandato. È vero però che, qualora una persona ricopra incarichi di


questa responsabilità per otto anni consecutivi, dopo risulta assai


difficile sia tornare a svolgere un’attività «professionale» differente, sia


riuscire a svolgere ruoli di tipo politico-amministrativo a livello centrale


con la dovuta competenza, e questo perché varrebbe la legge secondo la


quale si tende a diventare funzionali prevalentemente a un determinato


settore di competenza.


Per quanto riguarda, in particolare, il problema della formazione delle


élite si è convinti che queste non possano più collocarsi esclusivamente


«al vertice» ? come avveniva in passato, attraverso le scuole dei principali


partiti politici o le associazioni e i circoli cattolici ? poiché sono venuti


progressivamente a mancare non solo il primato della politica ma le


stesse strutture formative a livello centrale. Attualmente, al contrario, le


sedi di formazione delle classi dirigenti sono da individuare prevalentemente


nel livello locale.


· La relazione di De Rita ha più volte evidenziato, da un lato, come


Dibattiti 71


il concetto di oligarchia si contrapponga sia a quello di democrazia,


sia a quello stesso di élite politico-amministrativa e, dall’altro,


come l’auspicio per l’avvento di una strutturazione del potere in


Italia in senso poliarchico debba necessariamente considerare anche


l’importanza di un recupero del senso sociale della politica e


della cultura.


A questo proposito, si chiede se l’attuale governo presieduto da


Massimo D’Alema possa essere interpretato come espressione di


un significativo ritorno al primato della politica (Adriano I., senatore


della Repubblica).


Nel corso degli anni Novanta si sono verificati numerosi eventi politici


senza che esistesse una vera conduzione politica. Occorre dire, a questo


proposito, che già il governo Prodi avrebbe potuto teoricamente rappresentare


un «ritorno al primato della politica», poiché possedeva:


1) la cultura necessaria;


2) la capacità di aggregare uno schieramento politico;


3) il desiderio di «fare sintesi».


La crisi del suddetto governo, quindi, deve essere considerata come la


crisi di un progetto politico.


Anche il governo D’Alema può essere inteso in un certo senso come un


ritorno alla politica, seppure egli non mostri di credere particolarmente


nel primato di quest’ultima: in ogni caso, i membri dell’attuale


Consiglio dei Ministri pare abbiano compreso che il decennio di «eventi


politici senza politica» in Italia è ormai definitivamente terminato.


· È emersa una valutazione favorevole circa la fine dell’egemonia


della cosiddetta «cultura della piramide», attraverso la quale si


perpetua nel tempo il dominio delle oligarchie: ciò non può non


provocare un aumento della stessa democrazia nel nostro Paese.


Tuttavia, allo stesso tempo, rimane una certa preoccupazione per


la mancanza di chiari obiettivi e di precise finalità progettuali che


l’attuale classe dirigente sembra ancora dimostrare nei confronti


della dimensione sovranazionale dei problemi.


A questo proposito, si chiede come sia possibile favorire un eventuale


recupero del ruolo delle élite a livello di responsabilità europee


e, più in generale, nel contesto globale (Serena C., avvo72


La formazione delle élite in Italia


cato).


· La mancanza di progettualità riscontrabile nelle classi dirigenti


del nostro Paese ? e che renderebbe queste assai più oligarchie


che élite ? sembra derivare principalmente dal permanere del


sistema proporzionale adottato nelle nostre leggi elettorali;


sistema che concede spazio a una politica che gestisce le


mediazioni più che l’attività progettuale per lo sviluppo della


collettività.


A questo riguardo, potrebbe essere interessante prendere in considerazione


il cosiddetto spoil system, il quale consentirebbe un ricambio


più significativo delle classi politiche e amministrative


(Riccardo L., assessore provinciale).


L’inquietudine manifestata in riferimento alla mancanza di un fine che


indirizzi (non solo a livello internazionale) l’attività delle classi


dirigenti può essere considerata, da un certo punto di vista, come un


elemento essenziale per accettare «l’incompiuto»: del resto, chi opera in


ambito politico lavora, di fatto, confrontandosi continuamente con


questa realtà.


Parrebbe opportuno, in ogni caso, affrontare innanzitutto il problema


del rilancio dei valori e per questo risulta necessario recuperare una


logica e una grammatica valoriale che le nostre classi dirigenti hanno


progressivamente perso negli ultimi due decenni.


Per quanto poi concerne lo strumento ipotizzato di spoil system, è doveroso


riconoscere che esso ha fornito buoni risultati solo all’interno di


alcuni sistemi ed è lecito ritenere che in Italia probabilmente non


produrrebbe esiti analoghi poiché interesserebbe solo le posizioni di


vertice, lasciando inalterata la struttura amministrativa e burocratica a


esse sottesa. Ci si chiede, infine, se il dibattito in corso in questi mesi


possa favorire l’introduzione (condivisa) di un sistema maggioritario. A


questo proposito, occorre tuttavia ricordare che la nostra è una società


poco dialettica che tende ad addensare ogni cosa al centro, mentre solo


mediante la polarizzazione è possibile migliorare la qualità del confronto


tra le parti sociali. In Italia, quindi, non esistono a mio parere le basi per


il bipolarismo e si ricorre all’invenzione di schieramenti elettorali che,


puntualmente, finiscono per disgregarsi proprio a causa della mancanza


di dialogo. Da quanto detto, il problema maggiore non è rappresentato


tanto dal meccanismo elettorale quanto piuttosto dal modo in cui è


strutturata la nostra società, che esalta il primato della posizione politica


Dibattiti 73


su quello dell’omogeneità dello schieramento elettorale.


· Ci si chiede come possa nascere un modo nuovo di «gestire» lo


Stato ? che oltretutto consenta alle élite di recuperare e di far recuperare


la memoria storica del Paese ? se il sistema di potere poliarchico


che si vorrebbe introdurre finisce per essere alimentato


da micro-élite di attori politici e di amministratori dediti interamente


all’attività gestionale in ambito locale.


Una vera classe dirigente, infatti, è chiamata a rapportarsi sia con


le problematiche locali, sia con quelle nazionali, sia con quelle


globali per riuscire a definire credibili iniziative progettuali di


sviluppo della società (Roberto G., imprenditore).

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