L’autore e
ospite dell’incontro è lo psichiatra e psicanalista Gustavo Pietropolli
Charmet, docente di Psicologia Dinamica presso l’Università degli Studi di
Milano Bicocca, considerato uno dei massimi esperti delle dinamiche
psicologiche legate all’età evolutiva.

Nei suoi
lunghi anni di esperienza Charmet ha potuto imbattersi in modi molto diversi di
esprimere le proprie inquietudini da parte degli adolescenti. Tali modalità
sono appunto mutate di pari passo con la società, tanto che oggi si è costretti
ad abbandonare le teorie dei grandi maestri della psicologia degli anni ’50 e
’60 e elaborare nuove chiavi di decifrazione di tali problematiche. Obiettivo
del libro è dunque quello di capire le ragioni socio educative, ambientali,
culturali e di contesto che hanno prodotto tale cambiamento, per ricavarne
strumenti di lettura ed intervento.

La prima
novità emersa, racconta il professore, è il fatto che ormai non ci si trova più
a lavorare con ragazzi che sono turbati da un sentimento di colpa, elemento
tipico delle inquietudini delle generazioni passate. Il contrasto, infatti, fra
il sistema di valori imposto dalla famiglia e dalle istituzioni della società e
i nuovi desideri, bisogni, aspettative connesse alla propria maturazione
personale poneva davanti le due sole strade del conformismo o della ribellione,
con conseguente sviluppo in quest’ultimo caso del senso di colpa. Ad esso era
inoltre legata anche la paura per il castigo (paterno, divino, scolastico, ?).

Oggi questo
tipo di dinamiche non sono più osservabili. Un altro sentimento si è
sovrapposto al senso di colpa: la vergogna, ovvero il terrore di essere
mortificati, di perdere la bellezza sociale ed il successo. Ad essa appartiene
anche la sensazione di essere inadatti relativamente al proprio corpo,
impresentabili, di non poter fruire delle proprie sembianze per poter
trasmettere fascino ed attenzione. È dunque questo bisogno di riconoscimento,
di visibilità e di affetto che, scontrandosi con le piccole esperienze di
quotidiana invisibilità, crea le situazioni di disagio nei nostri adolescenti.

Il corpo
inadatto, non all’altezza dei modelli imposti dalla società ed amplificati dal
mondo dei media, può dunque essere o manipolato e reso più coerente con le
proprie aspettative o nascosto, come nelle ormai diffusissime e anche intense
relazioni virtuali e telematiche, che appunto presuppongono una comunicazione
in cui le parole possono fare a meno del contatto e della presenza fisica.
Questi scambi tramite i moderni mezzi di comunicazione, in particolare la rete,
sono attualmente studiati, soprattutto nella prospettiva di poter offrire
attraverso essi consultazioni psicologiche, dal momento che risultano essere i
canali più usati e con i quali i giovani dimostrano avere maggior confidenza.

La problematicità
di questa nuova dinamica evolutiva è dovuta alla natura del sentimento della
vergogna: mentre del senso di colpa ci si può liberare, recuperando
l’innocenza, la vergogna si insinua spesso più profondamente e può riaffiorare
anche a distanza di molto tempo. Questo la rende un sentimento molto difficile
da gestire e metabolizzare, perché ha a che fare non con una singolo atto
compiuto o comportamento, ma con il valore complessivo del sé.

Il secondo
stadio della ricerca del professore è stato capire da dove è scaturito questo
importante cambiamento antropologico. La risposta è stata trovata in una
famiglia ed in particolare in un rapporto genitori-figli profondamente cambiato
rispetto al passato. Il bambino di oggi non è più quella tabula rasa che
andava plasmata conformemente ai propri principi e valori, ma è considerato una
piccola persona che ha già un suo carattere ed un proprio progetto di vita.
Inoltre ha una natura intrinsecamente buona perché, spiega il professore, ha un
potere relazionale: la nascita del bambino è l’evento che fonda in modo vero e
proprio la famiglia. Se questa è dunque l’idea diffusa, ciò significa che il
compito dei genitori è mutato: non si vuole più ingabbiare i figli in contesti
prestabiliti e limitanti, ma il vero compito dei padri e delle madri è
diventato di guidarli e facilitare loro il percorso nella scoperta di se
stessi, nel sviluppare la propria natura e i propri talenti e dunque portare a
compimento quel progetto di vita che essi conservano fin dalla loro nascita.

Dal punto di
vista educativo, dunque, viene enfatizzato il valore dell’individualità e del
sé. Quando il bambino capisce che la cosa importante è diventare se stesso, le
prime categorie che riesce ad afferrare sono quelle legate alle dimensioni di
maschile e femminile. A scapito del fatto di essere semplicemente bambini, i
giovani si conformano molto presto ai modelli di virilità e femminilità imposti
dal contesto in cui vivono e questo genera un problema di precocità. La pubertà
psichica e culturale arriva prima di quella fisiologica. Questo ha degli
effetti non solo a livello educativo, ma è sicuramente una delle dinamiche che
conducono, una volta che il corpo è davvero maturato, a perplessità, dubbi e
vergogna, dunque al disagio di cui si parlava all’inizio.

L’unica via
d’uscita che talora si presenta a questi adolescenti fragili e delusi è la
spavalderia. Sentirsi mortificati non è piacevole: alcuni giovani possono così
decidere che non è vero nulla. Invece di aver paura ed essere mortificati,
iniziano a voler far paura agli altri e a mortificarli essi stessi. Le
istituzioni che ti fanno sentire inadatto, come la famiglia e la scuola,
perdono importanza ed autorità, tanto che nemmeno i castighi hanno più
efficacia. L’adolescente spavaldo si guadagna così una maschera di bellezza
fittizia, da sfoggiare nella sua vita relazionale.

 

                        A cura di G. Guglielmi

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