«…È accaduto che l’Università italiana non abbia seguito l’evoluzione generale dei sistemi di istruzione superiore dagli anni 60 in poi…

  …Si è trattato della trasformazione da un sistema tradizionale di piccole dimensioni, basato sulla comunità dei docenti e su un corpo studentesco molto omogeneo in termini di classe sociale, ad un sistema ampio e socialmente diversificato?».

Le osservazioni appena riportate, enunciate dal prof. Martinotti nel corso della relazione su «I mutamenti del sistema universitario italiano», sono non solo molto significative ma soprattutto condivisibili perché alla base della grande trasformazione culturale iniziata negli anni Settanta sebbene soltanto con il quadro istituzionale elaborato dalla Commissione Martinotti – considerato da molti il summit dei pilastri su cui poggiano i sistemi accademici dei paesi più industrializzati del mondo (quali ad esempio il Giappone e gli Stati Uniti) – sia riscontrabile un reale tentativo di adeguamento del sistema scolastico alla realtà sociale circostante.

Per rendersi conto della problematica situazione che vive il sistema accademico italiano, basti pensare che dal 1960 al 1994 si sono rivolti all’Università 7.000.000 di giovani, di cui soltanto 2.000.000 hanno portato a termine gli studi universitari. Questi dati inducono a riflettere sulla gravità della situazione, che molti riconducono al fatto che il sistema italiano non risponde in maniera adeguata alle nuove esigenze degli studenti.

Alla base del progetto elaborato dalla Commissione Martinotti, diretto ad ottenere un sistema auto-regolato e auto-sostenentesi, vi sono i seguenti principi:

 

·         contrattualità tra università e studente con la necessaria definizione dei diritti e doveri reciproci;

·         distinzione tra studente a tempo pieno e a tempo parziale, poiché è considerato opportuno riconoscere le diverse esigenze che inducono alcuni a dedicarsi agli studi universitari ?a tempo pieno? e altri a diluire la propria formazione nel tempo;

·         flessibilità curriculare;

·         sostituzione di un valore formale del titolo di studio (a priori) con un sistema di certificazioni a posteriori che prevede la compilazione di una graduatoria sulla base dei risultati raggiunti;

·         didattica organizzata per crediti, ovvero sulla base di quanto deve lavorare lo studente per raggiungere la maturità in ordine ad una determinata disciplina;

·         articolazione dei corsi e dei titoli su tre livelli in maniera tale che gli studenti non abbiano un obiettivo lontano bensì intermedio, che prevede, in caso di abbandono degli studi, il riconoscimento della maturità raggiunta fino a quel momento.

 

Rivolgendo ora lo sguardo a ciò che sta succedendo in Europa occorre rilevare che in tutti i sistemi europei di istruzione superiore si stanno trovando difficili e complessi adattamenti innovativi, rifuggendo da impostazioni che proiettano a suggerire modelli astrattamente universalistici, ma incapaci di collegarsi con le molte forze innovative presenti nel mondo universitario, fra i quali occorre tener presente alcuni aspetti esterni, quali la riforma dei cicli scolastici, la costituzione di una ?seconda rete di formazione a livello terziario?, le carenze formative della popolazione adulta e la diffusione di una cultura di genere nella società, etc?

Nell’ambito delle osservazioni sul versante europeo delle ?trasformazioni? è importante sottolineare che a fronte di un progressivo avvicinamento alla creazione di un Paese unico, si ritiene opportuno procedere alla revisione del sistema universitario tentando di conservare le caratteristiche peculiari proprie di ciascun stato europeo. In tal senso sono già iniziate iniziative molto interessanti quale ad esempio ?il programma Socrates? che consente ad una buona percentuale di studenti di trascorrere un semestre in un altro paese europeo, ponendo così le basi per la creazione di proficue relazioni interculturali.

 

Per procedere invece all’indagine dei modelli universitari e delle strategie didattiche presenti al di fuori dell’Europa sono stati scelti due paesi diversi per cultura, tradizioni e approccio al problema ma di sicuro interesse: il Giappone e gli Stati Uniti.

Si ritiene opportuno sottolineare che il Giappone ha una struttura organizzativa estremamente centralizzata che si ripercuote su tutti i settori della vita e che principalmente a tale profondo centralismo si suole ricondurre il merito di aver contribuito al superamento della grave crisi economica che in passato aveva colpito il Giappone.

Ronald Dore nel libro ?Bisogna prendere il Giappone sul serio? edito da Il Mulino, induce a riflettere sul ruolo che si attribuisce agli studi universitari riportando dati molti esplicativi:

«Più del 90% di ogni gruppo di età frequenta una scuola, e questo fino a 18 anni. Il tipico anno scolastico comprende 240 giorni di lezione.

Quasi il 90% dell’intero gruppo di età prosegue i suoi studi in un college o in un’università e un quinto di tutti i diplomi universitari di primo grado (undergraduate’s degree) e ben la metà delle lauree (master’s degree) sono in ingegneria…»

è indicativo delle potenzialità del Giappone il fatto che tutte le Università possano ammettere un numero ben definito di studenti e che ogni anno tale numero sia messo in discussione in funzione delle differenti esigenze emerse in quel periodo. Si riscontra inoltre una buona capacità di programmare percorsi di inserimento lavorativi post lauream tali da consentire generalmente l’ingresso nel mondo del lavoro pochi giorni dopo la discussione della tesi (nell’unica sessione di Marzo).

 

 






































 

Giappone

Italia

Popolazione

125.716.637

57.534.088

Superficie

377.849

301.401

Numero delle Università

500

70

N. Università Pubbliche

100

60

N. Università Private

400

10

N. Studenti Universitari

3.000.000

1.100.000

Studenti Università Pubbliche

800.000

1.030.000

Studenti Università Private

2.200.000

70.000

 

 

Tali dati delineano una realtà universitaria che fa capo ad un concetto di università differente rispetto a quello italiana che si manifesta principalmente nel rapporto persona-ambiente, infatti una grande università giapponese accoglie al massimo 10.000 studenti a fronte dei 250.000 del nostro Paese.

Una peculiarità del sistema accademico giapponese – indicativo dell’elevata importanza attribuita all’Università – è l’alta selettività a tal punto che durante il periodo in cui sono previsti gli esami di ammissione è lecito dire che ?il paese cambia vita? e costituisce un valido sostegno di tale opinione il fatto che il 50% dei media dedichino i loro servizi alla realtà scolastica.

È interessante e ricca di spunti di riflessione l’analisi del modello organizzativo nazionale giapponese e in primis occorre sottolineare un’autonomia del Ministero, noto con il nome di Monbusho, limitata al solo reclutamento del personale (tecnico-amministrativo) e alla scelta dei curricula, riconducibile principalmente al complessivo centralismo del sistema.

Si ritiene che possa un’utile premessa all’analisi delle singole figure del modello organizzativo giapponese ? il Presidente, il Senato, le facoltà, la Scuola di dottorato, i Dipartimenti – il fatto che le persone siano istruite per saper fare mediamente bene tutto, senza la necessità che raggiungano un livello eccellente di competenze in alcun settore.

 

·         Presidente: è eletto dai Professori e dai Direttori degli Istituti, rimane in carica per quattro anni e non è rieleggibile; a sua volta nomina due vicepresidenti e alcuni Consiglieri (Hosa)

·         Senato: è composto dal Presidente, dai Presidi, da due membri della facoltà, dai Direttori degli Istituti e dal Direttore della Scuola di Dottorato. Svolge funzioni di grande importanza quali l’elaborazione della politica dell’Ateneo, il coordinamento tra Facoltà e Istituti, l’approvazione dei budget, la determinazione annuale del numero dei docenti e degli studenti, e l’istituzione delle facoltà, dei dipartimenti e degli Istituti. Quest’ultima funzione si ricollega ad un orientamento prevalente nella cultura giapponese che determina in ambito scolastico quella particolare circostanza per cui gli Istituti, prevalentemente rientranti nell’ambito della ricerca, sono costituiti quando si ritiene opportuno che un determinato settore venga lanciato; ma raggiunto l’obiettivo – in funzione del principio per cui nulla è eterno – tale istituto cessa di esistere.

·         Facoltà: ne fanno parte i Professori, i Professori Associati e i Direttori di Istituti e sono competenti in materia di didattica, di ricerca e di budget;

·         Scuola di Dottorato: è articolata in comitati di ricerca, e ha, parimenti alle Facoltà, una competenza relativa alla didattica, alla ricerca e al budget.

·         Dipartimenti: sono il fulcro attorno a cui ruota la complessiva organizzazione dell’Università, infatti gestiscono tutti i corsi di un certo indirizzo, i fondi di ricerca pubblici e privati, hanno ?in carico? sia gli studenti che le cattedre relativa ad un determinato indirizzo.

 

Volendo ora compiere un’operazione di comparazione tra i princìpi ispiratori del progetto elaborato dalla Commissione Martinotti e quelli già operanti nell’ambito dell’Università giapponese, si osserva come in quest’ultimo siano già presenti alcuni dei pilastri della riforma del sistema accademico italiano, in particolare:

 

·         contrattualità tra Università e studente;

·         distinzione tra studente a tempo pieno e a tempo parziale;

·         didattica organizzata per crediti;

·         articolazione dei corsi e dei titoli su tre livelli: il Bachelor Degree, il Master Degree e il Doctor Degree equiparabili rispettivamente alla laurea , alla laurea specialistica e al Dottorato di ricerca.

 

L’ammissione al Bachelor è subordinata al superamento di due esami: l’uno a gennaio – l’esame Nazionale per l’ammissione all’Università – di carattere generale; l’altro a febbraio – l’esame di ammissione per ciascuna Università – prevede argomenti specifici in relazione alla Facoltà scelta; occorre tuttavia sottolineare che nell’eventualità in cui lo studente non riesca a superare quest’ultima prova, gli viene offerta una seconda possibilità (sempre nel mese di febbraio).

In funzione della considerazione, propria della cultura giapponese, secondo cui il prestigio di un’Università sia direttamene proporzionale al livello di conoscenza dei suoi studenti (l’Università di Tokyo gode di una buona reputazione perché la media dei voti dei suoi studenti oscilla dai 9/10 ai 10/10), gli studenti si autovalutano e poi scelgono due Università di differente livello (l’una al proprio livello superiore e l’altra ad uno inferiore) in modo tale che in caso di mancato superamento del primo esame, possono usufruire della seconda possibilità per sostenere l’esame nell’università di livello inferiore.

Esistono poi scuole, cui accedono coloro che fallito anche la seconda opportunità, che preparano in modo accurato all’esame di ammissione dell’anno successivo.

Superato lo ?scoglio? dell’ammissione i corsi del Bachelor hanno inizio il 1 Aprile e la loro durata è complessivamente pari a quattro anni suddivisi in otto semestri al termine di ciascuno dei quali possono sostenersi gli esami. Anche in questo caso lo studente ha due possibilità a distanza di quindici giorni l’una dall’altra; nell’eventualità di un doppio fallimento è necessario rifrequentare il corso l’anno successivo.

Peraltro inducono a riflettere, se comparati alle statistiche italiane, i dati relativi alla percentuale di laureati e al periodo impiegato per raggiungere il termine del ciclo di studi: mentre in Italia si laurea il 30% degli iscritti, impiegando mediamente 7,5 anni, in Giappone la percentuale è nettamente superiore, pari all’80% in un tempo medio di 5,5 anni.

Il titolo di secondo livello, equiparabile alla laurea specialistica italiana, di chiama Master Degree, inizia il 1 Aprile e ha una durata di due anni suddivisi in quattro semestri; analoghe al Bachelor sono le modalità relative al sostenimento degli esami, mentre differenti i dati statistici dei laureati che per il master salgono al 95% con un tempo medio di 2,5 anni.

Infine il terzo livello, equiparabile al Dottorato di ricerca italiano, è il Doctor Degree che ha una durata di tre anni suddivisi in sei semestri; si distingue dagli altri due livelli perché mancano le classi formali e quindi gli esami, ma non per la percentuale di studenti che giunge al termine del ciclo di studi perchè anche per il Doctor Degree è molto alta, pari infatti all’80%.

Occorre rilevare che esiste un secondo e parallelo canale per giungere a questo traguardo – noto come Doctor-Papers – riservato a quei soggetti che lavorano in un centro di ricerca, i quali discutono la tesi solo dopo aver raggiunto un determinato bagaglio di esperienza.

Occorre rilevare che il principio dell’alta selettività non si manifesta soltanto nelle procedure di ammissione al Bachelor ma anche nelle tasse universitarie che prevedono cifre nettamente superiori a quelle in vigore nel nostro Paese: si parte dagli 8.000.0000 delle scuole pubbliche per arrivare alla soglia massima degli 80.000.000 di quelle private.Tuttavia a fronte di tali ingenti tasse universitarie occorre riscontrare una forte valorizzazione del diritto allo studio

 

Dopo aver analizzato i caratteri peculiari del modello universitario giapponese, tentando di compararli con quelli propri del sistema italiano, si è convinti possa essere parimenti ricca di spunti di riflessione un’analoga analisi avente ad oggetto i caratteri strutturali dell’ordinamento didattico degli Stati Uniti d’America.

«L’Università non è fatta solo per studiare. È fatta per crescere come persone e cittadini e diventare adulti insieme. Anzi a voler ben vedere i corsi sono solo una componente, e non necessariamente la più importante della ?college experience?. Il college offre letteralmente di tutto ?».

Tali considerazioni tratte dalla ?Guida all’Università Americana? di Fabio Girelli Carasi edito da Mondadori, rendono bene la differenza sussistente tra il concetto di Università che si è sviluppato in America e quello propriamente italiano, sebbene sia estremamente complicato individuare un modello accademico americano comune che fa capo a tale orientamento viste le molteplici differenze riscontrabili all’interno dei vari Stati.

 






































 

Stati Uniti

Italia

Popolazione

267.954.767

57.534.088

Superficie

9.520.805

301.401

Numero delle Università

3.000

70

N. Università Pubbliche

300

60

N. Università Private

2700

10

N. Studenti Universitari

8.000.000

1.100.000

Studenti Università Pubbliche

4.000.000

1.030.000

Studenti Università Private

4.000.000

70.000

 

Occorre porre in evidenza il fatto che le Università private americane sono istituti molto piccoli, e quindi sono in grado di accogliere una percentuale di studenti nettamente inferiore a quelle pubbliche, che prevalentemente sono sistemi universitari e comprendono al loro interno svariati campus. In tal modo è possibile comprendere il motivo per cui queste ultime, che rappresentano solo il 10% del totale hanno un numero di iscritti pari alle Università private (che di conseguenza sono il 90% del totale).

Procedendo ad un’operazione di comparazione tra i principi ispiratori del progetto di riforma del sistema universitario italiano e gli orientamenti già operanti generalmente negli Stati Uniti, si riscontra che sono presenti nel modello organizzativo Statunitense:

 

·         contrattualità tra università e studente;

·         distinzione tra studente a tempo pieno e a tempo parziale;

·         flessibilità curriculare;

·         sostituzione di un valore formale del titolo di studio con un sistema di certificazioni a posteriori;

·         didattica organizzata per crediti;

·         articolazione dei corsi e dei titoli su tre livelli: il Buchelor Degree (120 crediti), il Master Degree (36 crediti) e il Doctor Degree (60 crediti)

 

In America, come in Giappone, non è previsto l’esame di maturità al termine dell’High School, quindi il sistema di ammissione al Bachelor e al Master è gestito attraverso un sistema che richiede la presenza di una serie di requisiti funzionali al ciclo di studi in questione e relativi alle conoscenze di cultura generale, della specifica materia.

Superato l’esame di ammissione, i corsi del Bachelor hanno inizio a fine Agosto e hanno una durata complessiva di quattro anni suddivisi in otto semestri, al termine di ciascuno dei quali sono previste le sessioni di esami; lo studente ha due possibilità a distanza di quindici giorni l’una dall’altra; nell’eventualità di un doppio fallimento è necessario si deve rifrequentare il corso l’anno successivo.

Le statistiche riportano dati che si avvicinano molto alle percentuali di laureati giapponesi, siamo infatti al 70% di laureati in un tempo medio di 5,5 anni.

Il titolo di secondo livello ? il Master Degree ? è articolato in otto semestri, per un totale di due anni al termine dei quali è obbligatoria la discussione della tesi (a differenza del livello precedente in non è prevista la tesi finale). Nel corso del ciclo di Master gli studenti devono sostenere due esami di specializzazione ? rispettivamente Major e Minor ? e un terzo Comprehensive Examination (Comps).

Infine il Doctor Degree inizia a fine Agosto, la sua durata è variabile ma è previsto un minimo di tre anni, nel corso dei quali gli studenti sostengono tre esami, di cui due di specializzazione ? major e Minor ? e un terzo noto come Qualityng o Preliminary esams. Anche in questo caso sono è molto alta la percentuale di coloro che giungono alla discussione della tesi, che è pari al 70%.

A completamento dell’esposizione dello schema generale di istruzione statunitense occorre riscontrare la presenza di un corso di studi di due anni ? il Community College ? cui possono accedere coloro che al termine dell’High School non intendono iniziare il Bachelor. Si tratta di corso di studi di natura professionale che integra una formazione generalistica propria delle High School.

Con riferimento al discorso delle tasse universitarie si ripresenta una situazione analoga a quella giapponese, infatti anche negli Stati Uniti l’entità delle tasse è piuttosto elevata, oscilla dai 5.000 $ delle scuole pubbliche ai 30.000 $ di quelle private; tuttavia a fronte di tutto ciò occorre sottolineare che l’Università si adopera per far circolare i soldi al suo interno offrendo agli studenti lavori part-time.

 

 

 




 

PRINCIPALI APPROFONDIMENTI DEL DIBATTITO

 

 

v      Si chiede di approfondire le modalità di selezione dei docenti nel sistema universitario giapponese (dr. Lenti).

v      Si domanda quale ruolo svolgano le Università «scientifiche» in Giappone.

 

Ø                La selezione dei docenti in Giappone è compiuta localmente attraverso una commissione composta da un rappresentante dei docenti locali e da due di Università diverse. Manca la tendenza alla moltiplicazione delle cattedre infatti annualmente in funzione del numero di studenti e della derivata su quel numero sono pianificate le posizioni dei docenti. Manca dunque in Giappone la cultura della mobilità, fatta eccezione per le grandi Università (quale quella di Tokyo).

Ø                In Giappone le facoltà scientifiche e conseguentemente la ricerca sono molto valorizzati, basti pensare che su 500 Università, 300 sono di Ingegneria i cui laureati costituiscono il 30% del totale di laureati. Non a caso nel campo delle ricerche relative alle macchine elettriche autorevoli statistiche svolte sia in America che in Giappone stimavano in una percentuale pari al 70% i ricercatori Giapponesi.

 

v      Si nota come il sistema universitario statunitense sembri accentuare le differenze di classe e si chiede in quale modo si possa modificare tale situazione (dr. R. Guala).

v      Si osserva che esistono molte differenze tra il sistema americano e quello italiano legate alle peculiarità dei processi evolutivi di ciascun sistema, tra le quali si sottolinea la previsione che lo studente possa essere assunto come lavoratore dipendente dell’Università e pagato con i fondi che l’Università si procura principalmente con il pagamento delle tasse universitarie (prof. P. Ferraris).

 

Ø                Si ritiene che grazie al sistema del Financial Aid coloro che dimostrano di valere riescono generalmente a trovare i mezzi di sostentamento; laddove l’Università non prevede l’assegnazione delle borse di studio (generalmente per le sue piccole dimensioni) subentra una particolare situazione di legame tra Università e alunno per cui quest’ultimo dimostra la sua gratitudine alla scuola che gli ha permesso di realizzare progetti importanti, attraverso le donazioni dirette ad aiutare quegli studenti disagiati che manifestano buone capacità.

Ø                Se si rivolge l’analisi al microcosmo di Alessandria si riscontra che possiede una relazione con il territorio molto stretta che indubbiamente facilita il rapporto studente?Università, ma dall’altro rischia di diventare un luogo privilegiato in cui può risultare difficile compiere un cammino di crescita. Si osserva che una soluzione a tale circostanza sfavorevole possa essere rendere le sedi ?meno alessandrine? dal punto di vista soggettivo, quindi creare mobilità culturale grazie a specializzazioni forti in grado di attirare gli studenti di altre località. Si riscontra inoltre un buon livello di sviluppo della didattica organizzata per crediti riferiti agli studenti, mentre la distinzione tra alunni a tempo pieno e quelli part-time è ancora in fase di evoluzione.

 

v      Si chiede quale possa essere il percorso per rendere l’Università un’importante risorsa di formazione permanente (dr. G. Guala).

v      Si chiede di approfondire il tema della contrattualità tra Università e docente nel sistema universitario americano (dr. R. Guala).

 

Ø                Si ritiene opportuno arrivare nel più breve tempo possibile ad un mix scuola-lavoro che agevoli gli studenti part-time; peraltro per arrivare a instaurare proficue relazioni con le aziende è necessaria una stretta collaborazione con le associazioni di categoria. In America sono già state collaudate esperienze di tal genere attraverso ?formule? che consentono agli studenti lavoratori di conciliare il lavoro e lo studio. È importante sottolineare che condicio sine qua non per l’ingresso in un mercato differente è considerata l’acquisizione di maggiore flessibilità e l’utilizzo pieno di tutti gli strumenti posti a disposizione dalla società, fra i quali quelli relativi all’attività di marketing.

Ø                Lo stipendio del docente americano è composto da due parti: una relativa all’attività didattica, l’altra a quella di ricerca. Nelle Università private i docenti hanno la facoltà di contrattare il proprio stipendio, nelle pubbliche tale potere è attribuito soltanto a coloro che sono finanziati dall’esterno.

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