“Siamo in presenza di due vincitori: Giorgio Abonante, che ha fatto un ottima rincorsa per arrivare ad avere qualche voto in più, e Gianfranco Cuttica di Revigliasco, che ha retto molto bene, non era scontato e non è stato così nelle ultime elezioni per i sindaci uscenti”. Il direttore di Cultura e Sviluppo Alessio Del Sarto ha presentato i due candidati alla carica di sindaco di Alessandria che andranno al ballottaggio il 26 giugno e che, come consuetudine, si sono confrontati su temi di interesse per l’associazione e raccolti tra i vari stakeholder della città .
- Come ha reagito la città ai due anni di pandemia e ai più recenti problemi geopolitici? Cosa serve per tornare alla normalità e rilanciare la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica?
Abonante: hanno votato meno persone che in altre città ma si è di fronte a un momento di stanchezza delle democrazia, come se i servizi pubblici nascessero dal nulla e non da indicazioni date dalla politica. Siamo in una fase di stop della qualità delle democrazia su cui dobbiamo intervenire. C’è stata comunque una grande partecipazione dei candidati e un abbassamento dell’età media. Le nuove competenze nei servizi pubblici sono decisive: pensiamo alla sanità in epoca di pandemia. Io sono positivo e speranzoso che vivremo un momento migliore. Non una crisi della politica ma un nuovo modo di fare politica.
Cuttica di Revigliasco: c’è una stanchezza generale a causa della pandemia e dell’incertezza generata da certi conflitti. Siamo parte di un governo di unità nazionale, il dibattito è annacquato e non sempre si capisce che stiamo lavorando per un fine. La stanchezza è causata anche da chi ha gettato discredito dicendo che la politica non serve a niente. C’è stato anche uno spostamento del dibattito dagli spazi pubblici a quelli virtuali. Il problema si è visto anche nei referendum. Ci sarà un ripresa dell’attenzione dei confronti della politica che diventerà un punto di riferimento per le necessità delle persone.
- Come recuperare risorse con la progettazione e facendo rete?
C: nella macchina comunale non c’era tempo per partecipare ai bandi e di seguire anche la normale amministrazione. Ci siamo messi in moto per fare i bandi, mettendo soggetti con requisiti per fare questo lavoro. Abbiamo messo insieme sinergie professionali. C’è stato un effetto moltiplicatore di altre risorse arrivate: da 20 a 100 milioni di euro. Ma la macchina comunale si doveva adeguare. Bisogna puntare bene sulla rete della coesione territoriale.
A: è necessario fare rete sul territorio lavorando con progettisti locali anche del no profit. Il comune ha risorse limitate, abbiamo l’obbligo e la necessità di creare una rete pubblico-privata che interagisca con tutti gli enti territoriali. I bandi sono stati vinti grazie ai progettisti privati. Il comune deve interagire con grandi aziende e Università, Politecnico e Conservatorio che attirano i fondi Horizon 2020 per ricerca e sviluppo. Il Comune fino al 2017 aveva un ufficio fondi europei con due perone poi una di queste è finita nella segreteria del sindaco. Ma comunque è un bene perché è una persona di grandi qualità.
- La macchina comunale: anche se esistono funzionari e dirigenti capaci, sembra che poi ci si adagi e non si esprimano le potenzialità. Mancano il tempo, la formazione e la riqualificazione?
A: prima i dipendenti comunali erano 800, oggi sono circa 450 con un’età media elevata a causa del blocco del turn over, quello generale e quello imposto dalla condizione economico-finanziaria del Comune. Dovremmo chiedere di liberare la capacità di assunzione del Comune. Non c’è una direzione che si occupi di innovazione, impatto sociale e ricadute delle politiche pubbliche. Ritengo anche che serva la riorganizzazione di Costruire insieme e sia necessario evitare di cambiare la dotazione organica ogni due mesi altrimenti vuol dire non sapere come organizzare il Comune. E si dovrebbe evitare la continua dialettica negativa che ha portato alle dimissioni di una dirigente comunale di grande valore.
C: il Comune è una macchina molto complessa. Ci sono soggetti di grande professionalità, altri che rappresentano un ancien régime con ritmi che non sono più quelli di oggi. E sono da adeguare. Non si può assumere come si vuole allora si tenta di utilizzare le teste migliori. C’è stato comunque un aumento di delibere con meno dipendenti. Manca la capacità di raccolta dati, e non si possono prendere decisioni con scenari prefigurati.
- Università: per tanti temi strategici non è abbastanza interpellata? Qual è il suo ruolo sul territorio? Vale la pena di investire per un ecosistema per gli studenti?
C: abbiamo un ottimo rapporto con l’Università. Ci sono collaborazioni molto strette per le bonifiche nell’area di Spinetta, per l’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, ndr) in collaborazione con ospedale, Università e Casale Monferrato. Abbiamo studiato le prospettive di sviluppo socio-economiche dell’area milanese verso l’Alessandrino. Non so quanto tutto questo si possa riflettere sulla vita degli studenti, ma non bisogna pensare solo al mattone: riteniamo che l’ex ospedale militare non serva solo per le esigenze residenziali degli studenti.
A: ci siamo chiesti un po’ troppo che cosa l’Università può fare per il territorio ma va cambiata l’ottica e dobbiamo pensare dove vogliamo portare Alessandria nel futuro e poi chiedere le collaborazioni. Un tema è la sanità, e va molto bene la collaborazione per l’Irccs. Il rischio è che non si ragioni a sufficienza sul fatto che sia finalizzato alla ricerca e alla cura: il dibattito non sta interessando la città. Potremmo portare il polo agrifood, che con Asti diventerebbe un laboratorio per l’agricoltura. E perché non coinvolgere l’Università e il Politecnico per la protezione civile e per la logistica? Servono investimenti anche sui master.
- Dove costruire il nuovo ospedale e cosa fare dello spazio attuale?
A: siamo tutti convinti che serve un nuovo ospedale, c’è la massima collaborazione tra tutte le forze politiche. Come confermato anche dall’assessore regionale alla Sanità Icardi, piazza d’Armi è esondabile, servono anche altre opzioni. Se si spende di più bisogna cercare alternative come la zona di San Michele non inondabile o la Fraschetta. L’area attuale rimane della Regione, ma è il Comune che decide l’urbanistica, ci vorrebbe un mix di residenziale, verde, servizi pubblici e la parte storica per la ricerca, l’università, l’Irccs. La città ha bisogno di respirare.
C: c’è tavolo di lavoro con le aziende sanitarie per la rifunzionalizzazione dell’ospedale attuale: rimane un’area regionale, la parte storica è da conservare e anche la costruzione più recente del pronto soccorso potrebbero avere una funzione sanitaria, da studiare, correlata al nuovo ospedale. La parte centrale ha fatto il suo tempo ed è da abbattere. Si può fare un area verde o costruire diversamente. Il nuovo ospedale nella piazza d’armi sarebbe vicino al futuro campus universitario, all’ospedaletto e alla tangenziale, in area demaniale no cost.
- Alessandria è stata pensata per una popolazione tripla di quella attuale, esistono luoghi inutilizzati, la Cittadella deve trovare ancora una sua identità. Cosa pensate del piano regolatore?.
C: il piano regolatore è vecchio e andrebbe rivisto ma il suo completamento richiede 5-10 anni. I criteri di salvaguardia bloccano tutto. Certe norme andrebbero sbloccate altrimenti si paralizza la città per troppi anni. Per la Cittadella intervengono competenze e indirizzi di varie realtà: la proprietà è del demanio, la gestione del Ministero dei Beni culturali, il Comune la tiene aperta. Serve un sistema per trovare una coesione di intenti, intanto è stato approvato l’intervento definitivo sul Palazzo del Governatore.
A: il piano regolatore si basa su principi di 30 anni ma si può rifare con 3-4 anni di lavoro. Servono però 3-400 mila euro da trovare nel bilancio del Comune. Dopo la pandemia servono cambiamenti anche negli spazi pubblici. La Cittadella andrebbe almeno messa in sicurezza per diventare uno spazio per tutta la cittadinanza. Investire una parte dei fondi sull’ex ospedale militare è stata una scelta che rispetto ma quei soldi avrebbero aiutato la Cittadella. Alla Valfrè ci mettiamo o no il nuovo tribunale? Per quanto riguarda l’ex ospedale militare vanno trovate le risorse per l’allestimento del nuovo museo e il nuovo studentato ma bisogna fare attenzione, creare molti posti letto fa deprezzare il mercato immobiliare.
- La zona a traffico limitato fa ancora paura ai negozianti del centro? Come sarà il centro storico del futuro?
A: bisogna uscire dalla dimensione ideologica. Dobbiamo diminuire il tempo di utilizzo dell’auto privata, migliorare le condizioni di vita dei cittadini e dello spazio pubblico. È utile fare interventi puntuali, servono servizi in periferia e nei sobborghi. Se non c’è un trasporto pubblico locale efficiente si deve prendere l’auto. Riemerge l’importanza dello spazio pubblico per avere relazioni umane e commerciali. Bisogna creare la città dei 15 minuti cioè avvicinare spazio di vita e di lavoro a una dimensione umana. La nostra è la città più vasta del Piemonte e la terza per numero di residenti, con le condizioni strutturali tra le più difficili in Italia. Servono scelte nette per valorizzare la mobilità pedonale.
C: ci sono idee differenti anche tra i commercianti anche a seconda di dove si trovano e della tipologia merceologica. Non facciamone una questione ideologica. Serve superare una forte e radicata abitudine, ci vogliono sperimentazioni. Abbiamo chiesto all’Università La Sapienza un master plan sulle piazze e la rete di connessione tra esse. Io appartengo a quelli che pensano che la città sia eccessivamente “macchinizzata” e che ciò non abbia senso. Serve lavorare sui parcheggi perimetrali, come quello della stazione. Il piazzale Aci rivisitato sarebbe un ottimo serbatoio. Sul trasporto pubblico locale abbiamo invece poco margine di manovra.
- I ragazzi si sono riavvicinati al proprio territorio, hanno tanti progetti e idee. Che intenzioni avete riguardo alle politiche giovanili? Quanti passi indietro siete disposti a fare per lavorare con i ragazzi?
C: i giovani non dovrebbero essere obbligati ad andare via. Noi abbiamo creato la Consulta dei giovani facendo un un patto con loro. Tutto è nato dopo un incontro organizzato coi giovani, anche venuti anche da fuori creare attività imprenditoriali.
A: in Comune non c’è un settore dedicato alle politiche giovanili e allo sport, c’è confusione tra il ruolo di Costruire insieme e il Comune, io vedo un’aggregazione tra le due dimensioni. Va costruito un macrosettore per le politiche giovanili e lo sport. C’è stato un lieve incremento degli iscritti all’Università in città, i giovani si stanno auto-organizzando per promuovere attività culturali in città. È necessaria una relazione tra le istituzioni e il mondo giovanile. Anche i giovani devono fidarsi delle istituzioni.
- Gli enti del terzo settore si trovano in difficoltà con gli enti pubblici a causa dei tempi diversi tra privato sociale e pubblico…
C: i tempi del no profit sono diversi da quelli della burocrazia. Non so quanto il pubblico possa adeguarsi ma è necessario. Il mondo moderno ha come nuova componente essenziale l’associazionismo. O la pubblica amministrazione si adegua ai tempi del decisionismo o ne rimane fuori e arriverà qualcos’altro, non so cosa, a sopperire.
A: il Comune deve creare un rapporto virtuoso con la rete delle associazioni. Il privato sociale può offrire servizi migliori ai cittadini. Ad esempio un immobile storico di Bergamo è stato dato a delle associazioni con il partenariato speciale e la rete, con un piano economico, ha preso in carico l’immobile per 20 anni.
- Un commento sull’avversario
A: riconosco a Cuttica il garbo nell’attività istituzionale, anche privatamente non ha mai calcato troppo la mano. È negativo che non abbia mai avuto la forza nel cercare di bloccare i suoi per riportare la discussione nel confronto. Negli ultimi giorni c’è stata una degenerazione del confronto pubblico da parte di altri.
C: Abonante è l’unico soggetto dell’opposizione con cui ho avuto un dialogo su questioni di peso e culturali. Anche il suggerimento del Festival dei Templari l’ho accolto dall’opposizione. Non so se altri del suo schieramento avrebbero fatto la stessa cosa.
- Pregi e difetti politici di Giovanni Barosini, il candidato arrivato terzo al primo turno
C: non entro nel merito del suo elettorato, ha fatto un percorso che ha trovato un riscontro elettorale. Potrei essere di malumore perché è uscito dalla mia giunta ma non lo sono. Il buon Giovanni è bravo perché ha fatto la scuola di recitazione , non sai mai se dice quello che pensa o meno.
A: Cuttica è stato talmente bravo a rispondere che chiuderei qui.. Comunque Barosini si è appassionato alla linea calendiana liberal democratica. Io sono un mix tra liberalismo e social democrazia.
Qui potete rivedere l’incontro