Il ventesimo anniversario della morte di padre Ernesto Balducci è divenuto occasione di riflessione e di recupero del pensiero di questo importante intellettuale e pensatore contemporaneo. Ne hanno parlato all’Associazione Cultura e Sviluppo Maurilio Guasco, professore emerito presso l’Università del Piemonte Orientale, Severino Saccardi, direttore della rivista Testimonianze (fondata dallo stesso Balducci) e Giorgio Manfredi, già Assessore alla Cultura di Valenza.

Il professor Guasco ha tratteggiato un breve, ma efficace ritratto della figura di padre Balducci. Nato nel1922 aSanta Fiora, un paese di minatori sul Monte Amiata, in provincia di Grosseto, Balducci è stata una delle personalità di maggior spicco della cultura nel mondo cattolico italiano nel periodo che accompagnò e vide l’inizio del Concilio Vaticano II. Seguì infatti il Concilio con grande interesse e fu uno dei primi biografi di Giovanni XXIII. Un anno prima, nel 1958, aveva fondato la rivista Testimonianze, attraverso la quale si dedicò ad un’intensa attività pubblicistica trattando temi ecclesiologici.

La sua figura e le sue posizioni forti (si ricorda la difesa dell’obiezione di coscienza, insieme a don Milani) lo resero in breve tempo un personaggio alquanto scomodo. Fra il 1963 ed il 1964 fu infatti processato e condannato per apologia di reato e denunciato al Sant’Uffizio a partire dalle medesime accuse. La sua attività continuò comunque per tutti gli anni Settanta, quando si fece promotore di un dialogo con il mondo vicino al Partito Comunista,  e gli anni Ottanta, durante i quali fu leader di una campagna per il disarmo. Guasco ha ricordato di quegli anni, infatti, la serie di convegni dal titolo “Se vuoi la pace prepara la pace”.  Sono gli anni in cui la sua riflessione diventa sempre più articolata e volta a gettare le basi di un umanesimo planetario, che anticipa perfettamente il dibattito su quello che qualche anno dopo diventerà chiaramente il fenomeno della globalizzazione, ma con un’attenzione costante al tema della cultura della pace. Su questa scia si innestano quindi le pubblicazioni di questo periodo: la prima, Storia del pensiero umano, l’Enciclopedia della pace ed il suo testo più significativo, L’uomo planetario. Terra del tramonto che rappresenta un po’ il suo testamento, scritto nel 1992, anno della morte in seguito ad un tragico incidente stradale.

“Lo spirito di questo anno balducciano”, ha affermato Severino Saccardi, “è non solo di memoria, aspetto pur importantissimo, ma anche di riflessione sugli elementi di attualità di una lezione che abbiamo ricevuto”.  Ernesto Balducci è stato sicuramente un anticipatore, attraverso il suo pensiero, del terzo millennio, ma allo stesso tempo è stato anche un uomo del Novecento, con radici profondamente ancorate nel cosiddetto secolo breve. Nei suoi scritti è infatti ravvisabile una dedizione verso una cultura antica del lavoro, così impregnata in quel mondo rurale, fra miseria e povertà, che gli ha dato i natali. Accanto alla tomba di Balducci riposano anche i martiri di Niccioleta, minatori che furono fucilati dai tedeschi nel 1944 per aver difeso la propria miniera, fonte di lavoro e sopravvivenza, e David Lazzaretti, un predicatore del 1800 che anticipò forme di organizzazione socialistiche.

Fra gli ambienti che influenzarono Balducci ci fu anche la città di Firenze con il suo gruppo intellettuale degli anni ’50, attento ai problemi politici e sociali. La nascita di Testimonianze si delinea come punto di sbocco di questi percorsi, facendo della rivista un vero e proprio strumento laico per promuovere la cultura del dialogo. Il tutto era ispirato ad un senso di pluralità, secondo una lezione che si misurava man mano con la complessità crescente dei tempi.

L’Uomo planetario rappresenta l’approdo più maturo ad una intuitiva comprensione dei fenomeni della globalizzazione, in un periodo in cui il mondo stava cambiando molto velocemente (la caduta del muro di Berlino, la guerra nella ex Jugoslavia, lo scandalo di Tangentopoli, ecc…). Il futuro avrebbe dovuto archiviare la cultura della dominazione a favore dell’incontro con l’altro e del dialogo, proprio come argomenta in  Terra del tramonto, il suo ultimo scritto. L’Occidente è sì la patria del colonialismo, ma anche la culla dell’Illuminismo e dei diritti umani, vero e proprio patrimonio per l’intera umanità.

I problemi assoluti che la nostra epoca ci fa affrontare pongono come unica vera alternativa quella del dialogo e di una ricerca condivisa delle soluzioni più appropriate. Anche l’ecumenismo avrebbe dunque dovuto confrontarsi con tali questioni non sul piano verticale delle certezze ideologiche, ma su quello orizzontale dei diritti umani. La politica, fuggendo l’autoreferenzialità, avrebbe dovuto dare risposte cercando di adattarsi alla continua mutevolezza del mondo.

La parola è passata infine a Giorgio Manfredi, che ha ricordato il passaggio di Balducci nella nostra provincia. Le visite ad Alessandria e Valenza furono complessivamente sei e videro sempre la partecipazione di un pubblico folto ed affezionato. Il suo messaggio ha potuto continuare anche dopo la scomparsa soprattutto grazie alla rivista Testimonianze, che da sempre si è fatta portavoce di messaggi profondi ed anticipatori di molti eventi successivi. L’ex assessore alla cultura di Valenza ha letto alcune frasi tratte dall’Elogio del silenzio, contenuto in uno degli ultimi articoli di Balducci: “Se le cose intorno a noi sono mute, è perché noi le stordiamo con i nostri rumori e perché ci accostiamo ad esse con il piglio del dominio. La parola che illumina nasce dal silenzio. Il senso della parola non è di trasmettere, ma di comunicare, cioè di liberare ciò che sta oltre la parola”.

                         A cura di G. Guglielmi