Come fa l’arte a confrontarsi con la storia, come la letteratura contribuisce a fare manutenzione della memoria e come gli artisti si relazionano con il passato recente, costitutivo del nostro presente: sono questi gli scopi del Benedicta Festival. Il primo appuntamento si è tenuto nell’ambito dei Giovedì Culturali, con la presentazione di Raffaella Romagnolo, scrittrice e direttrice artistica della rassegna.
Nel secondo dopoguerra, il Partito Comunista e l’Unione Donne Italiane organizzarono i treni dell’accoglienza, una iniziativa rivolta a i bambini bisognosi.
La scrittrice Viola Ardone, nel romanzo Il treno dei bambini, pubblicato da Einaudi nel 2019 e tradotto in trenta lingue, ha raccontato la storia di Amerigo Speranza, seguendo il doloroso distacco dalla madre e l’altrettanto doloroso ritorno a Napoli. Il viaggio che fa da sfondo al romanzo è il simbolo di una complessa operazione di assistenza all’infanzia che Bruno Maida, professore di Storia contemporanea all’Università di Torino, ha approfondito nel libro I treni dell’accoglienza. Infanzia, povertà e solidarietà nell’Italia del dopoguerra 1945-1948 uscito nel 2020 per Einaudi Storia.
Maida ha ricordato che l’iniziativa partì dalle grandi città del Nord per aiutare i bambini delle periferie povere e poi si spostò anche al Sud da dove arrivarono i piccoli ospitati soprattutto in Emilia Romagna e Toscana. Il Pci era un partito che voleva essere nazionale e interclassista.
“Il rapporto con la memoria non è sempre saldo. Ho seguito la storia per scrivere il romanzo – ha spiegato l’autrice – L’Io narrante è un bambino di 7 anni dei quartieri spagnoli di Napoli, Amerigo Speranza. Per lui avere scarpe e un cappotto nuovi e del cibo valeva il viaggio. Nel libro ci sono due registri: quello della ricostruzione storica e quello del racconto favolistico. È un rito di iniziazione e di passaggio verso il modo alla ricerca di sé e della proprio identità, allontanandosi dalla sua casa e dalla madre. Volevo comprendere cosa significava il trasferimento dal punto di vista emotivo, affettivo e emozionale per quei bambini. Il mio punto di vista è stato quello del bambino perché era il più vicino a quello dell’intenzione dell’iniziativa”.
“Viola Ardone segue l’evoluzione psicologica del personaggio: questo è il terreno del romanziere” ha detto Raffaella Romagnolo.
Per Bruno Maida “il tema della famiglia è molto importante dal punto di vita storico: le donne della sinistra si scontrarono col mondo cattolico su questo. Nelle donne dell’Udi c’era l’idea della costruzione della democrazia giorno per giorno e una concezione di famiglia diversa dal mondo cattolico. Si pensava che un nuovo mondo fosse possibile dopo la devastazione della guerra”.
Nei due libri risuonano cose contemporanee come le difficoltà linguistiche, l’integrazione, l’accoglienza e la solidarietà. “È una storia che ha ancora tanto da raccontare al presente: non si tratta solo di beneficenza ma di far stare meglio tutti” ha detto Ardone.
Maida ha ricordato che uno storico fa una ricerca perché cerca una risposta a una domanda nel suo presente: “Come posso raccontare che la politica è una cosa bella, ora che sembra inutile e solo propaganda? I fatti raccontati nei libri univano la capacità di rispondere ai bisogni col credere che il cambiamento fosse possibile. Oggi manca questa seconda cosa”.
Qui potete rivedere l’incontro