Una carriera all’estero, dapprima a Monaco di Baviera dopo il dottorato, poi a Londra come responsabile di un laboratorio all’Institute of Cancer Research infine il rientro in Italia a Human Technopole: in sintesi queste sono le tappe della vita professionale del professor Alessandro Vannini, che ora dirige il Centro di Biologia Strutturale del nuovo istituto italiano di ricerca per le scienze della vita che ha sede a Palazzo Italia, il padiglione italiano di Expo Milano.
“Come biochimico mi occupo della forma e della funzione della nanomacchine che fanno funzionare le cellule” ha spiegato Vannini. I dipartimenti di Human Technopole studiano la genomica funzionale e di popolazione, la neurogenomica, la biologia strutturale, biologia computazionale e gli health data science, sempre in contatto tra loro per interagire e sviluppare programmi coerenti di ricerca. L’ente di ricerca è sovvenzionato con fondi dello Stato pari a milioni annui, un investimento importante in Italia che consente di avere un centro di eccellenza tra i migliori a livello mondiale.
“La cellula è una nanofabbrica in cui i componenti svolgono determinate funzioni – ha detto il professore – i biologi strutturali, in particolare, studiano come sono fatte le nanomacchine che le compongono, le loro funzioni e come ripararle. Il genoma è un manuale d’uso per le cellule, noi ci occupiamo di come è possibile che sia compattato nel nucleo”.
“Sapendo come funziona la macchina che decodifica il genoma, abbiamo la possibilità di capire le mutazioni per alcune malattie genetiche pediatriche neurodegenerative ereditarie. Tutto questo si può fare solo con infrastrutture e tecnologie, oltre che con le idee. Al mondo ci sono pochi microscopi elettronici criogenici come il nostro”.
Siamo esportatori di cervelli ma facciamo fatica ad importarli: “Human Technopole è aperto alla comunità scientifica, fa formazione a personale visiting, attrae ricercatori dall’estero. Vogliamo essere internazionali perché la scienza funziona meglio con ricercatori con mentalità e formazione diverse” ha spiegato il professor Vannini.
Il sequenziamento del genoma umano va avanti da vent’anni, ne mancava l’otto per cento, ma di recente è stato completato: “Manca solo un cromosoma, ma il traguardo raggiunto è un passo importante per studiare le malattie genetiche”.
Nel futuro si parlerà sempre più di medicina personalizzata. Per il professore “nei prossimi 50 anni i dati che provengono dai tipo di dieta che seguiamo e dagli stili di vita che adottiamo saranno integrati con il background genetico. Ognuno di noi sarà un paziente con una storia personalizzata”.
Qui potete rivedere l’incontro