Un incontro che ha riunito numerosi operatori del Terzo Settore e della Pubblica Amministrazione per discutere di come ricostruire il legame sociale in un’epoca di forte instabilità, con la filantropia che agisce da “catalizzatore” per la trasformazione: l’incontro La rivoluzione silenziosa dei legami: filantropia e patti territoriali in trasformazione è stato co-organizzata dall’Associazione Cultura e Sviluppo, che celebra il suo trentennale, e dalla Fondazione SociAL.

Flaviano Zandonai, Open Innovation Manager del Gruppo Cooperativo Cgm, ha sottolineato che la rivoluzione in atto consiste nella ricostruzione del legame sociale, precedentemente in crisi. La società attuale è definita da una “vita on life” ricca di connessioni ma povera di relazioni basate sul riconoscimento reciproco. In questo contesto, la filantropia emerge come un fattore cruciale (“differenziale di sviluppo”), muovendosi come un agente di cambiamento strategico e non solo come soggetto compensatore. La filantropia moderna investe risorse economiche, aspettandosi un ritorno in termini di impatto sociale, e svolge un ruolo di “capacitazione”, aiutando i partner a crescere e ad essere all’altezza delle sfide. Zandonai ha evidenziato la necessità di una filantropia “glocal”, orientata alle missioni e capace di creare un “effetto leva” su risorse esterne, come quelle finanziarie o pubbliche, senza cadere nell’egemonia culturale o nella “deriva da bancomat”.

Il dibattito ha coinvolto i principali attori istituzionali del territorio, che hanno espresso la necessità di una governance comune e un’amministrazione condivisa, superando il rischio del proceduralismo. Luciano Mariano, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, ha ricordato come storicamente le fondazioni fossero viste come dei “bancomat”. Ha sottolineato che la Fondazione oggi lavora principalmente tramite bandi e valuta i progetti non tanto in base al successo dell’evento, ma ai segnali tangibili che lasciano al territorio. Mariano ha, tuttavia, evidenziato che la collaborazione tra enti “è resa estremamente difficile dall’attaccamento al proprio orticello” e dalle eccessive rigidità burocratiche che rallentano l’interazione con l’ente pubblico.

Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, ha confermato le difficoltà dell’amministrazione, in particolare a causa della riduzione del personale (dimezzato a circa 460-470 unità negli ultimi 18 anni). Il rapporto tra pubblico e privato non è più una scelta, ma una necessità imposta dalla scarsità di risorse e dai cambiamenti demografici (l’invecchiamento della popolazione e l’afflusso verso le città medie).

Margherita Bassini, presidente del Cissaca (Consorzio Servizi Sociali), ha messo in luce che il consorzio pubblico di 29 comuni è fondato sul principio di mutualità e che i servizi devono essere ripensati a fronte della modificazione della società. L’obiettivo è rispondere ai bisogni essenziali, focalizzandosi sulla qualità della risposta individuale a problemi come povertà e malattia mentale.

L’Associazione Cultura e Sviluppo, nel suo ruolo di backbone organization, ha promosso il concetto che il territorio debba diventare “un po’ più famiglia,” caratterizzato da confidenza, umiltà e difesa reciproca nei momenti di debolezza.

Sono poi stati presentati modelli di collaborazione concreti. L’assessore comunale Vittoria Oneto ha descritto il Patto Ets, composto da 41 soggetti (enti del Terzo Settore e istituzioni), come uno strumento per istituzionalizzare la collaborazione e riutilizzare i beni comuni sottoutilizzati della città attraverso la coprogettazione. La sfida principale è convincere la parte tecnica dell’ente (i dirigenti) della sua potenzialità.

La direttrice del Csvaa Mariacristina Massocco ha fornito una panoramica della trasformazione dei Centri di Servizio per il Volontariato piemontesi, del loro ruolo nella collaborazione territoriale e di come si pongono rispetto alle sfide future. I Csv del Piemonte sono considerati virtuosi e storicamente hanno collaborato efficacemente. Circa 11 anni fa, a fronte della diminuzione delle risorse e dell’arrivo di importanti riforme, è stato avviato un processo spontaneo di accorpamento e i nove centri originali sono stati ridotti a cinque. Alla fine del 2022 è stato formalmente costituito Csv Piemonte Ets. L’obiettivo non è quello di essere una sovrastruttura, ma di mettere in rete le eccellenze di ciascun centro (come la consulenza, la formazione o la gestione di progetti) al fine di ottenere risparmi e migliorare l’efficacia. Il Centro Servizi collabora informalmente da anni nella formazione con la Fondazione Social e l’Associazione Cultura e Sviluppo, con un rapporto caratterizzato dalla complementarità. Sulla candidatura di Alessandria a Capitale Italiana del Volontariato, Massocco ha sottolineato che ciò richiederebbe un processo serio di pianificazione, da avviare almeno un anno prima e ha proposto, il concetto di “capitale diffusa” che andrebbe a recuperare e valorizzare il volontariato di prossimità tipico della provincia di Alessandria e Asti.

Rossella Procopio, assistente sociale dell’Asl Al, ha spiegato che la rete di collaborazione non è un optional per la sanità, ma una necessità per garantire la continuità degli interventi. Ha citato il progetto Ali 2 (finanziato da Compagnia di San Paolo e guidato da un ente pubblico, un fatto raro) come esempio di successo per avviare un cambio di paradigma dalla psichiatria chiusa alla salute mentale come costruzione comunitaria.

Alberto Mossino, presidente Piam di Asti (Progetto Integrazione Accoglienza Migranti) e consigliere dell’Atc Piemonte Sud, ha descritto la tensione tra la dinamicità del Terzo Settore e la burocrazia dell’Agenzia Territoriale per la Casa, gestore di quasi 20 mila alloggi. Ha promosso il concetto di spostare il focus dagli abitati (gli alloggi) agli abitanti (le persone), citando il modello delle “micro-aree” di Trieste come esempio per portare i servizi (Asl, servizi sociali, volontariato) direttamente nei contesti residenziali popolari. Mossino ha insistito sul fatto che, nonostante la spinta innovativa del Terzo Settore, la governance deve rimanere pubblica per tutelare l’interesse generale.

Nelle sue conclusioni, Zandonai ha lodato il funzionamento del “motore istituente” alessandrino, che lavora bene sia a livello locale sia nell’integrazione verticale e ha proposto che la sfida per il futuro risieda nel ricongiungere la dimensione erogativa dei servizi con il lavoro di comunità e nell’adeguare le istituzioni alla transizione demografica, adottando un’ottica di “economia fondamentale” (prodotti e servizi accessibili che rispondono ai bisogni reali).

Un ulteriore stimolo lanciato dal dibattito è stato l’integrazione, nel prossimo decennio, del privato profit all’interno dei network territoriali. Questo nuovo attore, sebbene con logiche diverse da Ets e Pubblica Amministrazione, è interessato ad avvicinarsi e a negoziare la propria permanenza attraverso il co-investimento, aprendo la strada a modelli che sostengono il mercato ma garantiscono presidi sociali, come i Servizi Economici di Interesse Generale.