Vito Mancuso, tra i teologi italiani di maggior fama, è stato nostro ospite nell’incontro dei Giovedì Culturali del 19 marzo 2014 dal titolo “E’ possibile credere oggi?”.
In quell’occasione abbiamo avuto modo di  approfondire il tema della fede, il suo rapporto con la ragione e alcuni nodi problematici sui quali continua a interrogarsi la nostra contemporaneità.

Di seguito la sintesi di quell’appuntamento – curata da Alessandro Francini – che crediamo possa portare spunti utili alla riflessione in queste giornate difficili.
Al fondo dell’articolo, la registrazione completa della conferenza.


Nell’età della scienza e quindi nella società della conoscenza il diffondersi di una sempre più laica concezione della vita sembra quasi un processo inevitabile. Le diverse dottrine religiose continuano certamente a rimanere attrici protagoniste nelle dinamiche socio-culturali della cosiddetta civiltà moderna ma, con il passare delle generazioni, le pratiche, i significati e le influenze percepite stanno subendo importanti e forse inevitabili alterazioni. Spesso, anche inconsciamente, una delle domande che albergano nella mente di chi ha una visione prettamente laica della propria esistenza è se oggi sia ancora possibile credere, coltivare cioè una particolare fede religiosa.
Per affrontare questo poco abbordabile interrogativo l’associazione Cultura e Sviluppo giovedì 19 marzo ha invitato in veste di relatore il professor Vito Mancuso, uno dei maggiori teologi italiani, molto apprezzato anche sulla scena internazionale. Mancuso è noto per le sue posizioni decisamente poco dottrinali, spesso in contrasto con i “dogmi” della Chiesa Cattolica e con i suoi rappresentanti più intransigenti.

Giorgio Guala, presidente di “Cultura e Sviluppo” e moderatore dell’incontro, afferma che nelle sue opere, per quanto discusse o discutibili, Vito Mancuso ha saputo realizzare l’audace tentativo di sintesi tra le problematiche fondamentali della teologia e i capisaldi della cultura scientifica moderna, rispondendo al bisogno di spiritualità della gente, anche quando inconscio. A lui, quindi, l’associazione chiede di spiegare in che cosa sia ancora possibile credere oggi con mentalità laica e moderna.

In ogni caso, che si creda o che non si creda, convinti o meno che dopo la morte ci sia la vita eterna, ciò che sta alla base e che alimenta qualunque posizione a riguardo è il dubbio. Mancuso spiega che il dubbio si rivolge alle realtà fondamentali dell’esistenza: cos’è la vita e che senso ha, cos’è la morte, cosa sono il bene e il male; fino a quando dubiteranno su queste questioni e per avere delle risposte a queste domande gli esseri umani dovranno credere, perché risposte incontrovertibili non ce ne sono. Nulla è o potrà mai essere certezza assoluta e quindi ci si affida inevitabilmente ad una determinazione del pensiero che si può appoggiare solo ad un sapere incerto.
Credere, afferma il teologo, vuol dire innanzitutto coltivare un sentimento; chi crede sente rispetto al processo cosmico, infinitamente più grande, un senso di dipendenza, oltre che di appartenenza. Su questo sentimento giace il fondo della spiritualità mondiale. Ad ogni modo credere, o non credere, significa anche pensare, formulare una propria concezione del senso dell’esistenza, sia esse fondata sulla spiritualità religiosa o sulla sua negazione, perché anche chi non crede esercita un qualche tipo di fede.
Ma cos’è la fede? Mancuso risponde che la fede è un atteggiamento umano originario; secondo il professore esistono sei diverse posizioni umane in ordine alla fede: la prima è quella dell’ateismo cosiddetto dottrinario o scientifico, che ritiene la religione negativa per se stessi e per l’umanità perché originata dall’ignoranza. Questo tipo di ateismo si presenta come scienza rispetto alla fede, che è considerata esattamente contraria alla scienza. Poi esiste un secondo tipo di ateismo, che esclude la religione non per ragioni di tipo scientifico bensì etiche e morali; i mali del mondo vengono semplicemente considerati eccessivi per poter ammettere l’esistenza di una qualche forza divina ultraterrena. La terza posizione è quella degli agnostici, che non hanno alcuna fede ma neppure coltivano la convinzione teoretica della falsità di ogni prospettiva religiosa. La quarta posizione è più dinamica, e riguarda coloro che nel corso della vita hanno più o meno momenti di fede, più o meno dubbi riguardo la vita eterna; Mancuso la definisce come la posizione della perplessità. La quinta tipologia di fede è costituita da coloro che aderiscono totalmente alla dottrina religiosa e che credono fermamente ai dogmi della propria Chiesa d’appartenenza. L’ultima posizione è quella alla quale Mancuso sente di appartenere, ed è la posizione di chi crede ma non può fare a meno di soppesare gli insegnamenti dogmatici ed etici della propria religione, confrontandoli con le altre religioni, con la scienza e con l’esperienza.
L’altro interrogativo riguarda la condizione della cristianità nell’epoca attuale. Mancuso dichiara che la fede cristiana oggi è divisa tra coloro in tutto e per tutto fedeli alla Chiesa di Roma (e che magari non nutrono eccessiva simpatia per l’attuale Pontefice) e coloro che sono invece più inclini ad anteporre alla Chiesa i bisogni degli uomini, ritenendo il Cristianesimo una sorta di “ospedale da campo”, come lo ha definito Papa Francesco, che ha senso solo nella misura in cui si china sulle ferite degli uomini. I bisogni degli uomini sono molto più importanti del patrimonio dottrinale, sostiene il professore.
Quindi, è possibile credere oggi? Mancuso risponde che è certamente possibile, ma avendo ben chiaro che il concetto di verità sta ben oltre la dottrina. La verità presente nel Vangelo è al di là di ogni formulazione dottrinale ed ha a che fare con la dinamicità dell’esistenza. Gesù ci dice: “Io sono la via, la verità e la vita”; la verità sta tra le parole via e vita, e la verità è più grande di qualsiasi formulazione dottrinale, persino di Gesù, la cui figura deve essere intesa come una spinta, un modello, come colui che ci consegna un metodo perché ognuno di noi sia verità. C’è una dimensione creativa in cui siamo noi a dover capire cosa sia la verità; la verità è ciò che fa fiorire la vita, cioè il bene.