In due partecipate conferenze della primavera del 2018, l’Associazione Cultura e sviluppo ha avuto il piacere di ospitare due docenti dell’Università Cattolica di Milano, che hanno proposto interessanti riflessioni sul futuro del Paese.
Le possiamo riascoltare oggi, alla luce dei cambiamenti che impone l’emergenza sanitaria in corso.
Il professor Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e Statistica sociale ha proposto preziose riflessioni sulle grandi trasformazioni che connotano la nostra epoca e sul futuro del nostro Paese nel contesto europeo e globale. In tal senso, un’efficace chiave di lettura è offerta proprio dalla demografia, con la sua capacità di interpretare i mutamenti che rivoluzionano i rapporti fra le generazioni, la vita dei singoli e le loro interazioni. Sullo sfondo della conversazioni, il volume intitolato Il futuro che (non) c’è. Costruire un domani migliore con la demografia (EGEA, Milano 2016).
(qui la sintesi dell’appuntamento)
Protagonista del secondo incontro è invece il sociologo Mauro Magatti, ordinario di Sociologia generale, editorialista del «Corriere della Sera», e autore, fra l’altro, di un volume intitolato Cambio di paradigma. Uscire dalla crisi pensando il futuro (Feltrinelli, Milano 2017).
(qui la sintesi dell’incontro)
La tesi del libro, presentato e discusso nel corso della serata è netta: per uscire dalla crisi occorre un cambio di paradigma, bisogna cioè mutare regole e prospettive, adeguare il proprio sguardo a un modo nuovo di interpretare la realtà. E prima che si stabilisca un nuovo paradigma, una nuova normalità, esiste un momento in cui tutte le possibilità sono aperte. Per Magatti oggi ci troviamo esattamente in quel momento. Il 2008 ha segnato l’inizio di una crisi economica che si è rivelata anche politica e culturale e ha portato alla fine di un’epoca. Sino ad allora il neoliberismo era stato il modello al quale avevamo affidato le nostre prospettive di crescita economica e di benessere. Ora quel modello pare saturo, perché non più capace di rispondere alle esigenze di un mercato globale sempre più selvaggio e sregolato, né alla degenerazione della politica, sempre più populista e nazionalista. Ma questa potrebbe anche essere una grande occasione. Perché se le vecchie regole non sono più valide, questo è il momento in cui possiamo inventarne di nuove. L’importante è avere chiara una direzione. E la direzione è quella della rinuncia alla cieca economia del consumo, per giungere a uno scambio sostenibile. Il futuro, insomma, è ancora possibile. Parole pensieri che appaiono oggi, nei tempi cupi della pandemia, tanto più attuali.