“Pierpaolo per me è stato una svolta, la sua conoscenza è stata fondamentale. Inizialmente non sapevo chi fosse, ci siamo conosciuti sul set de La Ricotta perché mio fratello era nelle maestranze. Il primo sguardo e il suo sorriso sono stati fondamentali, mi hanno dato sicurezza e serenità”. Con queste parole Ninetto Davoli ha iniziato l’incontro per ricordare Pier Paolo Pasolini nell’ambito degli incontri del Festival Adelio Ferrero – cinema e critica.
Amico del grande poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore e drammaturgo, Davoli ha dialogato con Francesca Fabbri Fellini, Roberto Chiesi della Fondazione Cineteca di Bologna, Roberto Lasagna e Benedetta Pallavidino, critici cinematografici.
“Mi ha chiamato per una piccola parte nel Vangelo secondo Matteo, io non avevo mai pensato di fare l’attore. In Uccellacci e uccellini dovevo parlare, non volevo farlo. Mi hanno pagato 800 mila lire quando mio padre guadagnava 20 mila lire al mese. Ho pensato ‘Mi pagano per lavorare con Totò? Un attore umile e semplice oltre che molto professionale. Se l’avessero usato come si deve avrebbe superato anche Charlie Chaplin”.
Davoli ha parlato di Pasolini sul set: “era molto umano, non metteva nessuno a disagio, dal grande attore alla comparsa”. E poi i ricordi personali: “Piepaolo era considerato un caratteraccio ma il suo era il coraggio che tanti non hanno, l’entusiasmo di esprimere quello che pensava”.
Per quanto riguarda i film su Pasolini, l’attore ha detto che Marco Tullio Giordana è quello che ha raccontato realmente la storia. Di Abel Ferrara ha apprezzato l’ammirazione di un uomo americano per Pasolini.
La prima parte della serata ha avuto come ospiti Roberto Chiesi e Tonino Repetto, esperti di cinema, intervistati dai direttori artistici della manifestazione, Roberto Lasagna e Giorgio Simonelli.
“Il libro è una sintesi in cui si trovano voci che danno l’idea della dimensione rinascimentale dell’arte di Pasolini, della sua creatività poliforme, delle tante direzioni che ha preso la sua poetica, la sua voracità di impossessarsi di tanti campi del sapere”. Chiesi della Fondazione Cineteca di Bologna ha presentato così Tutto Pasolini (Gremese), che ha curato insieme a Piero Spila, Silvana Cirillo e Jean Gili.
I due ospiti hanno parlato della centralità della periferia nell’opera di Pasolini: “Fin da giovane è stato attratto dai margini e dagli spazi che crescono intorno alla dimensione urbana. Pasolini ha raccontato l’umanità che vive in quei luoghi. Per lui emarginare è una forma di repressione. È stata una adesione intellettuale, poetica e fisica al mondo delle periferie. Non ha raccontato Roma ma l’inferno delle borgate”.
Per Repetto “Pasolini ambienta le sue storie dove ancora non incomincia la borghesia. Il dato della periferie è sociologico, autobiografico e di grande libertà e precede il condizionamento della condizione borghese”.
Pasolini è uno degli intellettuali più citati ma la dimensione di attualità finisce per mettere in ombra il suo ruolo di regista? “Bisogna liberare Pasolini dal ruolo del profeta – ha spiegato Repetto – occorre leggere le sue poesie per farlo parlare”.
“C’è un vero e proprio saccheggio di Pasolini sui social – ha detto Chiesi – è lo specchio della sua grande popolarità anche se è il mondo di cui parla non esiste più. Già lui ne descriveva l’estinzione. Il mondo popolare da lui amato oggi è un fantasma. Il Pasolini critico della modernità oggi ci parla molto perché la questione è diventata presente ma ai suoi tempi sembrava fin troppo apocalittica. Era molto discusso ma non ancora identificato come cinema d’autore. Anche come poeta è ristampato e ha lettori nuovi”.
Che cos’è il cinema per Pasolini? Per Repetto “ha girato film come poeta in senso strettamente tecnico, i film sono leggibili anche come strofe della sua poesia. E in molte poesie c’è un linguaggio che esplora il mondo in termini quasi cinematografici”.
“Pasolini considera finita l’epoca del neorealismo e non ha nascosto la resa della Magnani in Mamma Roma: non è riuscito a usarla come avrebbe voluto – ha spiegato Roberto Chiesi – La critica era d’accordo e parlava male dell’interpretazione della Magnani. Il film ha acquisito con gli anni l’importanza che non aveva quando è uscito. La bellezza è proprio in Anna Magnani e in lei che recita con attori non professionisti. Pasolini avrebbe voluto toglierle la sua grinta e la sua esuberanza. Analizzando i suoi film alla lettera, vediamo che la loro forza sta nella contaminazione tra narrativa e poesia. Un film completamente lirico non avrebbe trovato finanziamenti”.
Sul rapporto tra Pasolini e Federico Fellini, Tonino Repetto ha ricordato che “c’è stato uno scambio di idee e di ispirazione tra i due. Pasolini ha collaborato alle Notti di Cabiria e alla Dolce vita. Fellini si è rifiutato di produrre Accattone e Pasolini sii è offeso ma lo ha sempre amato. Ha fatto ottime recensioni della Dolce vita e di Amarcord”.
Per quanto riguarda i film su Pasolini, Chiesi ha detto che, a parte quello di Marco Tullio Giordana,
non ne esistono che diano un ritratto che si avvicini alla sua complessità e alla sua grandezza. “Sono tutte operazioni fallimentari”.
Qui potete rivedere gli incontri