Dallo scorso marzo è in corso la peggiore epidemia di Ebola della storia. Al Caffè Scienza di lunedì 24 novembre (ore 17,30-19) si discuterà della malattia, di come si affronta l’emergenza sanitaria in Africa e di quali siano le misure di prevenzione in Italia con un medico specialista in malattie infettive e un’operatrice umanitaria con molte esperienze in Africa.
L’Ebola è un’infezione virale ad altissima letalità ed estremamente contagiosa. Può uccidere fino al 90% delle persone che lo contraggono, causando panico tra le comunità colpite. Non esiste alcuna terapia specifica per curare questa malattia, ma il trattamento sintomatico aumenta la probabilità di sopravvivenza del paziente e supporta il sistema immunitario nella sua risposta alla malattia. Il serbatoio naturale del virus Ebola sembra essere un tipo di pipistrello o altri animali che vivono nella foresta. Non accade spesso che le persone contraggano il virus dal contatto con animali infetti. Ma una volta contagiate, si ammalano gravemente e possono trasmettere l’infezione ad altri esseri umani.
Ci sono cinque ceppi diversi del virus Ebola: Bundibugyo, Ivory Coast, Reston, Sudan e Zaire, così chiamati a seconda del rispettivo luogo di origine. Ebola è stato identificato per la prima volta nel 1976 simultaneamente a Nzara, in Sud Sudan, e a Yambuku, nella Repubblica Democratica del Congo. L’ultimo caso di quell’anno venne registrato in un villaggio vicino al fiume Ebola, da cui la malattia ha preso il nome.
Non ci si può ammalare di Ebola sedendo accanto a una persona malata sull’autobus. Le persone si ammalano perché hanno accudito un familiare o un paziente malato e sono venute a contatto con sangue, secrezioni e altri fluidi biologici infetti. L’epidemia può diffondersi anche nelle strutture sanitarie, quando manca un adeguato controllo delle infezioni e le condizioni igienico-sanitarie sono insufficienti.
La malattia è spesso caratterizzata da un improvviso accesso di febbre, astenia, dolore muscolare, cefalea e mal di gola. Questi sintomi possono essere seguiti da vomito, diarrea, eritemi, funzione renale ed epatica compromesse e, in alcuni casi, fenomeni emorragici. Viviamo in un mondo dove gli spostamenti internazionali sono sempre più facili ma la possibilità che l’Ebola possa diffondersi nei Paesi europei è estremamente remota. I sistemi di controllo italiani ed europei sono ottimi, nell’ipotesi remota che un caso arrivasse fino a noi, sarebbe immediatamente isolato e curato in ospedali di buon livello con adeguati sistemi di controllo delle infezioni e il rischio di diffusione sarebbe scongiurato.
Roberto Raso, medico specializzato in Igiene e Sanità pubblica, è responsabile delle funzioni di sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive dell’Asl Al di Alessandria. La Regione Piemonte si avvale del SeReMi (Servizio regionale di riferimento per le malattie infettive) dell’Asl Alessandria.
Claudia Marinelli, infermiera di pronto soccorso e operatrice umanitaria di Medici Senza Frontiere dal 2010, è recentemente rientrata dalla Repubblica Democratica del Congo dove ha fatto parte delle équipe intervenute per fronteggiare una seconda epidemia di Ebola scoppiata contemporaneamente a quella che ha colpito l’Africa occidentale. Claudia ha operato come coordinatrice del team degli infermieri nel centro di trattamento per l’Ebola allestito da MSF a Lokola, una località isolata e priva di collegamenti stradali che ha reso particolarmente difficile il raggiungimento dei pazienti e l’intervento volto a limitare la diffusione del virus.
Medici Senza Frontiere (MSF) è la più grande organizzazione medico-umanitaria indipendente al mondo. Premio Nobel per la Pace nel 1999, fornisce soccorso umanitario in più di 60 Paesi a popolazioni la cui sopravvivenza è minacciata da violenze o catastrofi dovute principalmente a guerre, epidemie, malnutrizione, esclusione dall’assistenza sanitaria o disastri naturali. Sin dai primi casi di persone contagiate dal virus Ebola in Guinea, nel marzo scorso, Medici Senza Frontiere è in prima linea in Africa occidentale per assistere il maggior numero possibile di persone e contrastare la diffusione del virus. L’organizzazione ha messo in campo un massiccio spiegamento di forze, con più di 3.300 operatori umanitari oggi al lavoro, oltre 1.100 tonnellate di materiale inviato in Guinea, Liberia e Sierra Leone e 6 centri di trattamento per l’Ebola allestiti in questi Paesi. In questi mesi gli operatori medico umanitari di MSF hanno sottoposto più di 5.600 pazienti al test di controllo del virus e salvato la vita di oltre 1.400 persone.
Contemporaneamente, da agosto a ottobre, MSF ha fronteggiato una seconda epidemia di Ebola scoppiata contemporaneamente in Repubblica Democratica del Congo, che, in un momento davvero complesso, ha richiesto ulteriori sforzi all’organizzazione nel reclutamento di personale qualificato e nella mobilitazione di materiali. Testimone principale di Ebola e al lavoro su più fronti, in maniera sempre più insistente con il passare dei mesi MSF ha lanciato numerosi appelli per denunciare la situazione epidemica senza precedenti in Africa occidentale e l’inadeguatezza degli aiuti internazionali. Oggi la risposta internazionale si è finalmente messa in moto ma deve essere più flessibile per consentire di rispondere rapidamente a nuovi focolai e di rimettere in piedi il sistema sanitario locale collassato proprio a causa dell’epidemia.