“La correzione del mondo è una bussola indispensabile per muoversi nel mondo delle rete e dei social network. La libertà che pensiamo di avere in rete diventa spesso schiavitù”: Alice Borgna, docente di Lingua e Letteratura latina all’Università del Piemonte Orientale, ha introdotto così l’Incontro d’autore che ha visto protagonista Davide Piacenza, giornalista e scrittore alessandrino che scrive di attualità e cultura sui giornali italiani da dieci anni occupandosi di politica italiana, Stati Uniti, cultura digitale, libri e serie tv. La sua newsletter Culture Wars racconta e analizza ogni settimana i casi in cui i nuovi codici e i discorsi intorno al politicamente corretto riplasmano il mondo in cui viviamo. Nel libro La correzione del mondo. Cancel culture, politicamente corretto e i nuovi fantasmi della società frammentata (Einaudi, 2023) Piacenza risponde con esempi e testimonianze alle domande che monopolizzano le nostre polemiche quotidiane.
“Tutti siamo interessati dai social network, anche chi non li utilizza. Oggi i politici non hanno più bisogno di piattaforme terze come le trasmissioni televisive ma ci parlano direttamente dai social. Anche i telegiornali riportano ciò che vi scrivono – ha spiegato la professoressa Borgna – La rivoluzione dei social sono il ‘like’, il ‘retweet’ e lo screenshot. Un algoritmo inconoscibile ci mette in contatto con notizie e persone con il preciso intento di darci conferme o di farci arrabbiare”.
“Sui social network non abbiamo una restituzione delle opinioni degli altri, le piattaforme ci rendono brandelli di messaggi nati per creare una risposta emotiva e il maggior numero di interazioni e fare il gioco di industrie della Silicon Valley” ha detto Piacenza.
Ma cosa si aspettano da noi questi sistemi? Le emozioni che ci fanno interagire, come la rabbia, sono potenti. “Anche le cose più innocue come le foto degli animali domestici fanno litigare. Ancora peggio nei gruppi sulla maternità, nei quali si litiga anziché condividere esperienze. Si converge solo su cose piccolissime. Sui temi sociali diventa molto difficile creare identità collettive – ha ricordato Alice Borgna – Quando interagiamo direttamente con le persone, le risposte sono più empatiche, sui social invece solo riferite a noi. Abbiamo persone che difendono ogni causa, l’unico gruppo che non trova difesa sui social è quello dei poveri. Non si è mai visto il racconto di una vita modesta e della difficoltà economica”.
“La fama può arrivare all’improvviso per creator e influencer. Avere molto seguito sui social conferisce autorità. L’identità struttura nel profondo il nostro modo di vivere il mondo – ha spiegato l’autore – Non ci sono influencer dei poveri perché non potrebbero vendere niente, non avrebbero il pubblico da fidelizzare come marketing. A fare le veci delle minoranze sono persone che non hanno nulla da spartire con loro”.
I due relatori hanno concordato sul fatto che stiamo perdendo i dubbi e sono sempre meno le persone che cambiano idee. Piacenza ha sottolineato che invece di smettere di usare i social, come alcuni propongono, è importante promuoverne un uso consapevole, avere leggi che consentono di conoscere gli algoritmi.
Tutti siamo interessati dai social: promuovere l’uso consapevole