“La civiltà del diritto si fonda su principi che non possono essere oggetto di compromesso. Il mondo accademico, l’avvocatura e la magistratura sono gli unici titolati a parlare di questi temi, per specifica competenza. Si deve sempre partire dalla cultura del diritto senza slogan elettorali”: così l’avvocato Giulia Boccassi, responsabile dell’Osservatorio Pari Opportunità dell’Unione delle Camere Penali Italiane e referente per le iniziative in ambito giuridico dell’Associazione Cultura e Sviluppo, ha introdotto la serata Imputato per sempre?, organizzata nell’ambito dei Giovedì Culturali per discutere del tema della prescrizione.
Alla conferenza erano presenti le voci del mondo della giustizia, ovvero dell’Accademia, rappresentata da Serena Quattrocolo, professore ordinario di Diritto Processuale Penale e direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell’Università del Piemonte Orientale, della magistratura, rappresentata da Enrico Cieri, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria, e dell’avvocatura, con Lorenzo Repetti, presidente della Camera Penale di Alessandria.
Come ha spiegato l’avvocato Boccassi, la prescrizione è un limite entro il quale si deve arrivare alla decisione definitiva per un imputato. Abolire la prescrizione non vuol dire avere processi più veloci.
La professoressa Quattrocolo ha ricordato la funzione della giustizia penale e che la sentenza è emessa nel nome del popolo italiano. Secondo un recente sondaggio sul tema della prescrizione effettuato da Nando Pagnoncelli, il 59% degli intervistati è favorevole alla riforma Bonafede ma ammette di non conoscerne i contenuti, il 19% ignora completamente la questione. La prescrizione misura il tempo dell’oblio e inizia dal momento in cui il reato viene commesso. Il processo invece misura il tempo della memoria perché ricostruisce i fatti. La prescrizione del reato è pari al massimo della pena stabilita ed è non inferiore a sei anni per i delitti dolosi e a quattro per le contravvenzioni, per i reati più gravi e pari al doppio del massimo della pena e se è previsto l’ergastolo il reato è imprescrittibile.
La prescrizione nasce dal fatto che la pena deve essere rieducativa ed essa non possa essere applicata ad una persona che dopo anni è cambiata perché “il tempo sedimenta sui fatti”. Il procedimento del processo penale interviene dopo il fatto. Il decorso del termine della prescrizione è sospeso nei casi in cui vi è richiesta di differimento da parte della difesa, ovvero quando è sollevata questione di legittimità costituzionale; il termine di prescrizione è invece interrotto a seguito dell’attività giudiziaria, ma tale interruzione non può essere superiore a un quarto del tempo massimo previsto, tranne che per i reati più gravi.
Quando il pubblico ministero decide di esercitare l’azione penale, inizia il processo. Molti reati si prescrivono dopo il primo grado di giudizio. La professoressa ha sottolineato anche che se la prescrizione si compie durante l’azione penale il processo si interrompe senza arrivare all’accertamento definitivo.
La riforma Bonafede prevede la sospensione del decorso della prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado. Il concetto di ragionevole durata del processo è recente: risale infatti alla metà del secolo scorso con la Convenzione europea del diritti dell’uomo.
Giulia Boccassi ha ricordato che esistono voci difformi anche all’interno della magistratura, un passo positivo per il sistema democratico in quanto comporta un pubblico dibattito.
Il procuratore della Repubblica Enrico Cieri ha spiegato che la legge “ex Cirielli”, nota anche come “salva-Previti” aveva dimezzato i tempi della prescrizione con il risultato che 250 mila procedimenti si sono estinti nel primo anno. E tuttora 150 mila processi si estinguono anche se si lavora per per portarli avanti.
Cieri ha ricordato che le parti civili spesso lamentano la prescrizione. Il processo deve accertare le colpe, punire i colpevoli, ristorare le vittime e per questo ha un’importanza etica e sociale.
Per il procuratore, la riforma è poco comprensibile, ma il vero problema in Italia è la lunghezza del processo (890 giorni contro una media europea di 200). Se si considera il tempo dalla commissione del reato i tempi sono ancora più lunghi. Ci sono pochi giudici e magistrati del pubblico ministero. “Come può l’abolizione della prescrizione essere il rimedio alla lunghezza del processo? È questo il vero problema. E la ragionevole durata deve valere per tutti i reati, anche per quelli che non si prescrivono mai – ha detto Cieri – oggi la prescrizione è il rimedio a processi troppo lunghi ma è nata per ben altri motivi, ovvero perché si ritiene che il trascorrere del tempo allevi l’offesa e rimargini le ‘ferite’”.
Boccassi ha ricordato che servirebbe una depenalizzazione di alcuni reati per ridurre i casi che vanno al dibattimento. Spesso si pensa che l’avvocato possa far arrivare il processo al prescrizione. È un pensiero anche del ministro Bonafede, ma non è così.
“La nuova legge mette fine all’impunità? Ora si prevede l’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado ma c’è il 70 per cento di reati che si prescrive prima del processo e continuerà così” ha detto Lorenzo Repetti. Non ci sono i mezzi per portare avanti tutti i processi e la Procura finisce, di fatto per avere una qualche discrezionalità nell’azione penale. Il trend del numero dei reati che si prescrivono è sempre lo stesso. Il presidente della Camera Penale alessandrina ha ricordato che la prescrizione non è solo per i “potenti” ma vale per tutti. Se un avvocato chiede un rinvio, inizia la sospensione della prescrizione così come per la richiesta di portare testimoni, un diritto della difesa.
La depenalizzazione di alcuni reati e l’ampliamento dei riti alternativi, secondo gli avvocati, possono essere soluzioni per i fatti meno gravi. Il procuratore Cieri ha replicato ricordando l’obbligatorietà dell’azione penale perché i reati sono tutti uguale davanti alla legge.
Si è parlato anche dell’efficienza dei Tribunali, per mancanza di personale e di organizzazione in modo “aziendale”: il 60 per cento dei processi si prescrive negli armadi e sono lunghi anche i tempi della fissazione dell’udienza dopo la richiesta al giudice.
L’avvocato Repetti ha ricordato che il processo non è un meccanismo di lotta alle azione criminali perché questa è demandata all’azione di prevenzione delle forze di polizia.