Un tempo si girava il mondo senza passaporti, la Terra apparteneva a tutti e le linee di confine erano immaginarie: dalla metà dell’800 fino allo scoppio della prima guerra mondiale, gli anni delle grandi migrazioni per le Americhe, i passaporti erano caduti in disuso, mentre prima erano dei lasciapassare o lettere di accompagnamento. Nella Costituzione di vari paesi americani era scritto che lo straniero che arriva può muoversi liberamente. Con la guerra rinascono i nazionalismi e la xenofobia e vengono nuovamente richiesti i passaporti, da allora con le foto. Dopo la guerra i documenti rimangono e gli americani istituiscono i visti per fare sostanzialmente una selezione etnica. Vengono infatti imposte delle quote riservate ai ceppi bianchi dominanti in America (inglesi, irlandesi e tedeschi) perché si prevede che si assimileranno meglio, mentre gli italiani diventano indesiderati.

Gabriele Del Grande, giornalista e saggista, ha presentato all’Associazione Cultura e Sviluppo il suo nuovo saggio, Il secolo mobile. Storia dell’immigrazione illegale in Europa (Mondadori, 2023) in una serata organizzata in collaborazione con la Comunità San Benedetto al Porto e dedicata all’indimenticabile Rosmina Raiteri, per tanti anni attivista, promotrice e organizzatrice di incontri e dibattiti culturali, soprattutto sui temi dell’interculturalità, psicopedagogista, esperta in educazione interculturale, già membro dell’Istituto Cooperazione Sviluppo.

In Europa con la prima guerra mondiale arrivano le truppe dalle colonie africane. Ma il colonialismo si basava sulla gerarchia razziale, legittimata dalla scienza. Si pensava alla corruzione delle razze causata dal mescolamento del sangue. “Quelle paure rimangono e tornano nel secondo dopoguerra quando l’Europa in macerie va a cercare nelle colonie gli operai che mancano. A causa dei milioni di morti e di invalidi e dello scoppio dell’economia servono lavoratori. La Germania li cerca in Italia e in Grecia, le potenze coloniali vanno oltremare. Ma con le braccia da lavoro arrivano anche le persone in una società figlia di un Europa coloniale e razzista. Già allora si parlava del pericolo di sostituzione etnica” ha spiegato Del Grande.

La crisi economica del 1973 a seguito dell’embargo sul petrolio da parte dei paesi arabi è il pretesto per sospendere i permessi di lavoro agli immigrati non europei da parte di Germania, Francia e Regno Unito ma in dieci anni l’immigrazione raddoppia perché si fanno le prime leggi sui ricongiungimenti familiari.

“Lo stop ai permessi di soggiorno sancisce l’inizio dell’immigrazione illegale. Si entra con il passaporto ma scaduti i tre mesi del primo permesso si resta nell’illegalità. Il nuovo strumento è l’asilo politico” ha detto il giornalista.

L’estensione del regime dei visti era un modo di vietare i viaggi. Nella prima metà degli anni 80 inizia l’immigrazione in Italia, dove non c’erano visti, dall’Africa e dalla Turchia. Per tre mesi non c’era rischio di essere espulsi. Con l’Accordo di Schengen nel 1985 si aboliscono le frontiere interne e si rafforzano quelle esterne. Inizialmente l’Italia è esclusa perché ha mezzo milione di sans papiers sul territorio. Per entrare nell’accordo, all’Italia viene imposto un regime dei visti. Le norme entrano in vigore 1991, “l’anno zero degli sbarchi perché è vietato l’arrivo legale. Nasce il contrabbando di viaggiatori senza visti. Dopo 33 anni siamo ancora nella stessa situazione: proibizionismo e mercato nero”.

Ma i divieti di viaggio funzionano? Dal 1991 a oggi sono entrate in Europa senza visto 3,5 milioni di persone su 35 milioni di presenti dalle diaspore. Anche oggi il rapporto di chi entra senza e con documenti in regola è di 1 a 10. Il primo canale di ingresso legale è il ricongiungimento familiare. Dall’Ucraina e dal Sud America sono stati cancellati i visti. Da altri paesi si può acquistare legalmente il passaporto europeo come fanno i miliardari, oppure si ottiene il visto per motivi di studio o per turismo. Chi atterra trova poi il modo di rimanere. Dal 1998 si arriva con i contratti di lavoro, chi non riesce a ottenerli sale su un barcone.

“Chi vuol partire trova il modo di farlo. Attraversa l’Africa e ci mette anni. Non si tratta di aprire o chiudere ma di legalizzare – ha chiarito Gabriele Del Grande – Come sarebbe un mondo con la mobilità libera tra le due rive del Mediterraneo? Lo abbiamo già fatto con l’America latina, i Balcani, l’est Europa. Chi trova quello che cerca rimane, gli altri tornano perché la frontiera non è più invalicabile ma è una porta girevole”.

Il mondo è cambiato, la Cina e l’India saranno i paesi più ricchi del mondo e ci saranno anche Indonesia, Messico, Sud Africa, Etiopia, Senegal, Angola. La classe media del sud globale sarà 5 volte la popolazione occidentale. Tra 20 anni ci saranno 400 milioni di espatriati, il doppio di ora. “La mobilità ora è concepita come frutto della disperazione ma in realtà è un valore aggiunto. Basti pensare ai nostri giovani che si spostano per studiare e lavorare”.

Siamo ormai nelle condizione di global migration: l’Europa è solo una delle tappe. La Cina è già in declino demografico dopo la politica del figlio unico e avrà bisogno di lavoratori dall’estero. Per l’Europa potrebbe verificarsi il problema di far arrivare i migranti perché molti preferiranno in Cina.

“Usiamo narrazioni e parole non più al passo con i tempi ma sono ottimista. Un giorno ci saranno altri musei come quello dell’immigrazione a Ellis Island. Gli italiani contribuirono a rendere grande l’America. Saranno così tanti i cittadini europei con antenati con background migratorio che la paura di mescolarsi sarà superata. Le nuove generazioni chiederanno conto delle migliaia di morti in mare e delle persone senza documenti. Dobbiamo prepararci a rispondere” ha concluso del Grande.

Fabio Scaltritti della Comunità di San Benedetto al Porto è intervenuto dicendo che “l’accordo con l’Albania per la detenzione di migranti soccorsi da navi italiane è contro la Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo, impone alle persone che arrivano ulteriore sofferenze e rischi e alle navi di fare migliaia di chilometri in più. Tremila posti non sono molti, sembra più un segnale per il resto dell’Europa. Le persone che arrivano vorrebbero farlo in maniera legale ma non ne hanno la possibilità. È importante governare un fenomeno come l’immigrazione anziché gestirlo come una continua emergenza”.

https://youtu.be/xtNI1oPiJ_A